7.

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Manuel ed Enea erano soliti passare una giornata del weekend da soli al parco giochi, non lo facevano spesso, ma quando decidevano di farlo non c'erano più per nessuno in quella giornata.
Proprio per quel motivo quando si ritrovò Enea seduto sul divano con le braccia incrociate, che non accennava a movimento alcuno, rimase abbastanza sorpreso.

«nano, andiamo?»
«voglio Simo» Manuel sbuffò alzando gli occhi al cielo.
«Enea già ti ho detto che è il suo giorno libero, non può stare sempre con te» il bambino non sembrò reagire a quella risposta, rimase nella stessa posizione a fissare la televisione spenta. «ci siamo sempre andati io e te, non è venduta mai nemmeno nonna»
«io ci voglio andare con tutt'e due»

Manuel rilassò le spalle osservando il figlio, si accorse che la cosa che lo infastidiva non era la presenza di Simone nella loro giornata, ma il fatto che anche nel weekend dovessero disturbarlo nonostante non dovesse lavorare. Estrasse il telefono e si allontanò dal salone camminando verso la camera, passarono tre squilli prima che la voce di Simone gli arrivasse alle orecchie.

«Manuel?»
«Simò ciao»
«è successo qualcosa a lavoro?»
«no» Manuel accompagnò quella risposta con il cenno della testa. «però io ed Enea volevamo andare al parco giochi, solo che-» si fermò premendo le labbra tra loro.
«che?»
«non vuole andare se non ci sei anche tu» seguì un silenzio irreale a tal punto da far credere a Manuel che fosse caduta la linea. «è il tuo giorno libero ma a me non ascolta, magari se glielo dici tu si convince» ancora silenzio. Quando Manuel stava per staccare il telefono per guardare se realmente fosse terminata la chiamata, lo sentì schiarirsi la gola.
«per me non è un problema, mi fa piacere venire se... Se per te va bene»

Manuel rimase a fissare per qualche istante la punta delle sue scarpe e il suo corpo rispose prima di lui, la testa si mosse in cenno di assenso ed un piccolo sorriso si fece largo sul suo volto. Simone aveva piacere a passare del tempo con loro e questo non faceva altro che aumentare quel senso di felicità che provava quando lo vedeva con Enea.

sembrava che occuparsi di quel bambino non fosse più un lavoro, di conseguenza il vero scopo che l'aveva portato a casa loro, ovvero lavorare, era passato in secondo piano, lasciando spazio alla volontà di stare con loro a prescindere da tutto.

«non-»
«si non lo devo fare per forza Manuel, lo so» Manuel si morse il labbro per trattenere un sorriso e girò su se stesso per tornare in salone.
«mandami l'indirizzo di casa tua»

La chiamata terminò e Manuel tornò dal figlio che era rimasto nella stessa posizione precedente, gli venne da ridere a vedere quel broncio su quel faccino e si avvicinò mettendosi davanti a lui con le braccia conserte, visti da fuori sembravano uno la miniatura dell'altro.

«vieni con me a prendere Simone o rimani a casa da solo?»

Enea balzò in piedi saltando in braccio al padre che lo dovette afferrare per non farlo cadere, gli lasciò un bacio sulla guancia ed iniziò a camminare verso la porta di casa assicurandosi di aver spento tutto.

«io gli voglio bene a Simo» disse Enea osservando da vicino il volto del padre che sorrise.
«e a me?»
«ti amo»

Chiuse la porta alle loro spalle lasciando un bacio sulla guancia del figlio e sentendo l'inconfondibile calore all'altezza del petto.

«anch'io ti amo»

Mentre guidava verso casa di Simone riuscì solo a pensare a quanto sarebbe stato strano passare quella giornata anche insieme a lui, non provava fastidio, ma solo un senso di novità che aveva provato poche volte in vita sua. Dallo specchietto retrovisore vedeva nitidamente il volto felice di Enea che canticchiava a caso delle canzoni alla radio e sorrise anche lui perché la sua felicità non faceva altro che dipendere da lui.

Nani e giganti buoni. | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora