io non ho sedici anni

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Ho imparato a leggere a quattro anni.

A cinque anni sapevo che i fantasmi fluttuavano, non volavano.

A sei ho imparato a riflettere. Era nata mia sorella e io dovetti adattarmi al mio nuovo ruolo di esempio, di modello. Iniziai ad andare a scuola, a leggere libri interi.

A otto anni distinguevo il giusto dallo sbagliato. Ero una bambina che si poneva domande e puntava polemiche. Mi piaceva sentire entrambe le campane.

A dodici anni avevo il mio codice morale, rispettavo l'autorità, davo del lei, non capivo come per gli altri potesse essere diverso.

Passai tre anni di medie a migliorarmi come persona nella Chernobyl della società che era la mia classe, lo studio e l'arte divennero la mia ragione di vita.

A quattordici anni speravo solo che la gente alle superiori sarebbe stata diversa.

A quindici anni capii che effettivamente era così, ma che questo non mi rendeva come loro, che vivevamo su due piani di vita diversi.

Ora ho sedici anni e mi sembrano già troppi.

Ho sedici anni e vivo ogni giorno come fosse l'ultimo, studio come se le nozioni fossero ossigeno e scrivo come se a breve dovessero mozzarmi le mani.

«Hai sedici anni» ha detto il mio psicoterapeuta, «non vivere la vita di un trentenne».

«Sei brava» dice mio padre, «ma troppo brava, vivi la tua giovinezza!»

Hanno ragione.

Ho sedici anni e non avrei mai pensato che l'unico limite alla mia mente sarebbe stata la mia età, il mio corpo.

Mia madre mi ha sempre detto che il futuro è garantito quando sai fare molte cose, quando hai molte porte aperte, quindi ho passato gran parte della mia vita imparare: corsi, sperimentazioni, autodidattica, mi stava bene così, anche senza uscire dalla mia stanza, anche senza relazioni sociali.

Poi sono arrivati gli ostacoli. Sono cambiata, il mondo è cambiato ed è cambiata la gente.

E il mio corpo, il mio tempo, la mia età ha iniziato a imporsi.

La mia mente aveva conosciuto l'innamoramento e la passione sulla carta, il mio corpo chiedeva di sperimentarli. Perdita di voglia, stanchezza, mancanza di concentrazione, procrastinazione, serate passate in lacrime, ansia da prestazione e spossatezza erano all'ordine del giorno. Scientificamente si chiama burn-out, ho scoperto. Normalmente lo si sperimenta durante il percorso universitario. Allora sono nate le paranoie.

Muri e monti di parole e riflessioni, in una continua battaglia tra neuroni e ormoni nella quale io sono il campo di battaglia. Non importa chi vince, una parte di me ne esce schiava e distrutta. A volte mi sembra che non ci potrà mai essere alcuna pace.

E inevitabilmente mi ritrovo sempre allo stesso punto. Ad aspettare. Aspetto che passi la tempesta e abbatta il muro per continuare il mio percorso. Aspetto che il mio corpo si riallinei con la mia mente, che le mie due età coincidano e vogliano la stessa cosa.

Aspetto di non essere più la ragazzina troppo matura, troppo noiosa, troppo brava e troppo buona.

Aspetto, e a volte accontento la mia età, perché forse degli amici e una cotta posso permettermeli e forse dopo sedici anni da trentenne la mia mente può rallentare un po'.

Soffio le candeline, ma, come sempre la mia mente mi ricorda, io non ho sedici anni.


ed eccomi qui! Spero sia stato breve ma intenso... 

Sia chiaro, io non sono un prodigio, nè un talento. Lo specifico perchè confrontandomi con altre persone ed esposta in questo modo può essere frainteso. Oltre a questo tutto quello che avevo da dire l'ho detto nel messaggio che ho appena pubblicato.

Vi saluto con il sorriso e vi lascio il link di una delle mie canzoni preferite di Hamilton, spero voi apprezziate i musical, nel caso ne avete alcuni da consigliarmi?

inoltre ho iniziato l'Attraversaspecchi e per come mi sta piacendo non mi sorprenderebbe se ci facessi qualcosa sopra e hanno annunciato il cast di Percy Jackson e sono felice! (prima o poi finirò quella famosa oneshot)

e niente, il mio lavoro l'ho fatto, la conversazione l'ho aperta e io ai commenti rispondo volentieri, 

buona giornata,

So'

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