Parte cinque.

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Un lampo di luce e un'esplosione stordirono Matteo e lo scaraventarono a terra. Una forte sensazione di nausea lo assalì mentre cercava di rimettersi in piedi, al punto che dovette afferrarsi al corrimano per reggersi. Guardò giù e l'intero atrio era invaso da una nuvola di fumo. Una seconda esplosione, all'ingresso, scaraventò in giro frammenti di cemento e polvere. Tantissima polvere.
Probabilmente la barricata era saltata e ora si sarebbero trovati in balia dei predoni. Tutto si sarebbe aspettato, meno che quegli uomini avessero addirittura degli esplosivi. Purtroppo dalla sua posizione non riusciva a vedere nulla. Un ronzio fortissimo gli assordava le orecchie e tutta quella polvere gli aveva tappato il naso.
Era come trovarsi sott'acqua, al buio e non avere idea di quello che stava per succedere. L'unica certezza che aveva era che restare fermi in quella posizione non era più un'opzione.

Si chinò per ripararsi e aspettare che la nausea si calmasse. Le radiazioni gli avevano modificato i sensi acuendoli oltre ogni limite naturale, ma ora era come se fosse sordo, raffreddato e cieco. Si spogliò restando completamente nudo. Rabbrividì quando l'aria iniziò a lambire la sua pelle sudata, ma concentrandosi riuscì ad individuarne le correnti. Aprì la bocca permettendo alla polvere di entrare. Il sapore salato del cemento si mischiava a quello amaro del ferro e quello acre del sudore degli uomini. Riaprì gli occhi. Nel muro grigio di polvere e fumo che aveva occupato tutto l'atrio, riusciva a seguire distintamente le correnti d'aria, come se un pittore invisibile stesse tracciando pennellate decise che vorticavano attorno alle sagome dei suoi nemici.
Io vi vedo! Pensò. Afferrò il coltello e scese le scale immergendosi completamente in quell'oscurità.

A una decina di metri da lì, Filippo stava aspettando.
Dalla sua posizione non si era accorto di nulla finché la prima esplosione non l'aveva stordito. Mentre si accucciava per proteggersi la testa, la seconda esplosione l'aveva seppellito sotto un cumulo di macerie. Quel boato aveva scosso tutto il fabbricato facendolo tremare come uno stelo di grano.
Sperava che Matteo fosse ancora vivo, ma l'unico modo per scoprirlo era uscire da lì sotto e sperare di non finire foracchiato da una scarica di proiettili.
Puntò i palmi delle mani contro il terreno e si mise in ginocchio. I blocchi di cemento iniziarono a spostarsi mentre si rimetteva in piedi. Si ritrovò avvolto da una fitta coltre di fumo e polvere, talmente densa da rendere difficile persino respirare.

Iniziò a camminare senza una meta precisa e finì a sbattere contro una persona.
L'afferrò per una spalla, sollevandola fino alla sua altezza. L'uomo gli sparò a brucia pelo. Filippo sentì un dolore simile a una puntura a un fianco.
«Tu non sei Matteo» gli disse.
Con un pugno gli sfondò il cranio e lanciò il cadavere dietro di sé. Per un attimo valutò l'idea di utilizzare la pistola del predone, ma quel pensiero gli morì nella mente strappandogli un sorriso. Le sue mani, ormai, erano cresciute talmente tanto che sarebbe stato impossibile impugnare un'arma da fuoco. Si chinò e afferrò un pesante blocco di cemento.
Ecco, questo è sicuramente più adatto! Pensò.

La pelle nuda captava ogni minima variazione di corrente. Ormai avrebbe potuto chiudere gli occhi e sarebbe stato perfettamente in grado di muoversi. La polvere aderiva al sudore formando un patina grigia. Si muoveva lentamente, assorbendo le vibrazioni del terreno. Sapeva benissimo che davanti a lui due uomini camminavano guardinghi. In mano stringevano due fucili e cercavano di orientarsi in mezzo a tutto quel vorticare caotico.
Sollevò il coltello e lo fece scattare in avanti, recidendo la gola del più vicino dei due. Un intenso sapore metallico si sparse nell'aria, mentre l'uomo cadeva al suolo gorgogliando.
Il suo compare iniziò a sparare alla cieca davanti a sé, ma Matteo era già scivolato distro di lui. Lo pugnalò alla base del collo affondando la lama nello spazio fra le vertebre.

Filippo stava girando con un braccio proteso in avanti a tastare l'aria, cercando di capire che direzione prendere, quando sentì la raffica. Un sorriso mesto si allargò sul suo viso. Strinse saldamente il blocco di cemento e si avviò in quella direzione.
Matteo percepì una figura imponente avvicinarsi. Sperava fosse Filippo ma non ne aveva la certezza, quindi si accucciò in un angolo pronto a colpire.
D'un tratto l'aria cambiò e la polvere inizio a diradarsi sollevandosi verso l'alto.
Matteo lo percepì un attimo prima e fece appena in tempo a lanciarsi a terra dietro a un cumulo di macerie.
In pochi istanti l'atrio era di nuovo sgombero e Filippo si ritrovò in piedi, con un masso sollevato sopra la testa e quattro uomini attorno che lo fissavano stupiti.
Per qualche secondo la situazione sembrò in stallo. Poi uno di loro, probabilmente il capo, ordinò agli altri di aprire il fuoco.

In quell'istante Filippo lanciò il macigno contro l'uomo che aveva appena parlato, centrandolo al petto in una deflagrazione di ossa e sangue, e scaraventandolo alcuni metri indietro.
Quell'esplosione di violenza sconvolse gli altri che, per la prima volta, fecero un passo indietro confusi.
Matteo ne approfittò, balzò fuori dal suo nascondiglio, nudo come un verme, e lanciò il coltello in direzione del più vicino. La lama affondò nel ventre del malcapitato per tutta la sua lunghezza.
L'uomo cadde a terra urlando di dolore e contorcendosi, mentre con le mani cercava di trattenere le viscere.
La situazione si sbloccò e i rimanenti aprirono il fuoco quasi all'unisono.
Filippo si lanciò in direzione di Matteo ed entrambi ruzzolarono dietro una pila di macerie.

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