Fine

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«Sei vivo!» urlò Filippo, per sovrastare il rumore degli spari.
Matteo aprì la bocca per rispondere, ma percepì che uno dei banditi si stava staccando dal gruppo per cercare di aggirarli.
Lo disse a Filippo, che raccolse un masso dal cumulo e lo scagliò colpendo l'uomo a una gamba e tranciandola di netto. Gli altri si rimisero a sparare a raffica, ma nel giro di pochi secondi i colpi iniziarono a farsi più radi, fino a cessare.
«Sembra che abbiano finito le munizioni» disse Filippo.
«Alzati per controllare».

Contro ogni buonsenso, lui lo fece davvero. I predoni iniziarono ad armeggiare con le armi, ma continuando a premere i grilletti a vuoto.
«Bene, adesso tocca a me giocare con voi» disse Filippo.
Si lanciò in mezzo al gruppo come una furia, colpì il primo con un calcio mandandolo a sbattere diversi metri più indietro, allungò una mano e afferrò il secondo per il viso, strappandogli la faccia dal teschio. Il predone si mise ad urlare mentre sprizzava sangue ovunque, Filippo lo mise a tacere sferrandogli un colpo così violento al petto da affondare il pugno diversi centimetri nella gabbia toracica.
L'ultimo dei predoni provò a scappare, ma Filippo lo afferrò alla nuca spezzandogli il collo. Matteo era rimasto dietro i macigni, perché dall'esterno dell'edificio sembrava che qualcosa di molto grosso e pericoloso stesse arrivando.

Dopo poco, una figura immensa oscurò l'ingresso. I suoi passi facevano vibrare il pavimento e tremare l'aria. Matteo si sollevò dalla sua posizione riparata. Un uomo eccezionalmente grasso camminava scansando le pesanti macerie come fossero fili d'erba, mentre cercava di comprimere la sua enorme massa quel tanto che bastava per attraversare lo "stretto" passaggio. Filippo lo guardò a bocca aperta, non gli capitava da parecchio di trovarsi davanti a qualcuno che lo facesse sembrare così piccolo. L'uomo infatti, era di almeno trenta centimetri più alto e qualche centinaio di chili più grosso.
«E così siete voi due ad aver causato tutti questi casini?» la sua voce era bassa e affannata.

«A dire il vero, noi ci siamo sol...» provò a dire Filippo, ma l'uomo si mosse con una velocità impressionante per la sua mole e lo colpì con un pugno al viso, mandandolo a rovinare addosso a un cumulo di macerie.
Matteo osservò la scena incredulo e capì che un colpo come quello avrebbe potuto ucciderlo. Realizzò, in quel momento, che la sua fionda e le biglie metalliche erano nelle tasche dei vestiti al piano superiore. Il gigante si stampò un ghigno sadico sul viso, poi spiccò un balzo.
Si sollevò da terra di diversi metri, come se fosse senza peso e atterrò pesantemente proprio nel punto in cui, fino a un attimo prima, stava Matteo. L'atterraggio fece tremare tutto il palazzo.

Matteo si rialzò velocemente. Se fosse rimasto fermo un secondo in più si sarebbe sicuramente ritrovato polverizzato.
L'uomo fletté le gambe e si preparò a spiccare un secondo salto, ma dal cumulo di macerie riapparve Filippo, ringhiando dal nervoso e con un vistoso bozzo livido sulla guancia. Afferrò un detrito delle dimensioni di un comodino e lo scagliò con forza contro il predone. Il gigante sollevò le braccia per proteggersi il viso, ma la forza dell'impatto lo fece sbilanciare. In un istante Filippo gli fu addosso e lo colpì al ventre con un pugno. La forza dell'impatto generò un'onda che si propagò attraverso lo spesso strato adiposo, facendolo tremare come se fosse gelatina. L'uomo cadde a terra e Filippo gli saltò sopra, iniziando a tempestarlo di pugni. Finché, con un'esplosione di polvere, venne scaraventato via.

Il gigante si alzò in piedi, con il corpo coperto di lividi e il rancore stampato in volto. Si girò verso Filippo, che era ancora riverso a terra, si chinò e si preparò a balzare, ma un violento colpo al viso lo fece vacillare. Il suo campo visivo si dimezzo, mentre il contenuto del suo bulbo oculare colava lungo la guancia.
Matteo era in piedi sulla balaustra, nudo come un verme, ma sorridente e con in mano la fionda.
Il predone si mise ad urlare, afferrò un pesante macigno da terra e lo scagliò in alto. La sua mira era pessima, ma quel blocco di cemento colpì la ringhiera scalzandola. Matteo si ritrovò coinvolto nell'impatto e cadde dal primo piano, sbattendo con violenza a terra.

Filippo intanto si era alzato. Con un braccio si circondava il costato e un rivolo di sangue gli colava dalla bocca.
Il gigante afferrò un macigno, portò il braccio dietro la schiena pronto per scagliarlo, ma si bloccò di colpo con un'espressione sorpresa stampata sul viso.
Un istante dopo, si mise ad urlare afferrando il moncherino. Da dietro di lui, una specie di cane-tirannosauro apparve e si mise a correre scodinzolante verso Filippo, con un grosso braccio lardoso stretto fra le enormi fauci.
Matteo, che intanto si era rialzato, si avvicinò dolorante.
«Ma è lo stesso di prima?» chiese.
«Penso di sì, ha anche un bozzo al lato della mandibola» rispose Filippo, mentre accarezzava la strana creatura.

«E come mai siete diventati amici, dopo che gli hai dato un pugno?»
«Dev'essere stato il proverbiale "colpo" di fulmine».
Matteo lo fissò per un paio di secondi, poi si mise a ridere.
«Possiamo tenerlo?» chiese Filippo.
«Credo di sì».
«E cosa ne facciamo di quel tipo lì?» chiese Filippo, indicando il gigante steso a terra in preda alle convulsioni.
«Beh, sto cucciolo qua qualcosa dovrà pur mangiare, no?»

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