Ready to Run

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L'immagine di Harry in penombra è ormai fissa nella mia mente da quella sera. Non avrei saputo definire con delle semplici parole ciò che mi trasmetteva, perché, seppur in silenzio, Harry trasmetteva tanto. E non avrei saputo neanche spiegare perché mi attraesse così tanto, sicuramente il suo viso dai lineamenti marcati contribuiva, ma sapevo ci fosse altro.

Non ho mai creduto allo stereotipo del cattivo ragazzo incapace di innamorarsi, siamo tutti capaci di innamorarci se solo lo volessimo. In realtà, in parte perché preferivo studiare e analizzare ogni caso a sé, non ho mai creduto a nessuno stereotipo tanto da pagare io la cena ad un uomo, per questo esatto motivo non era facile per me credere che ci fosse qualcuno incapace di innamorarsi. Le emozioni sono spontanee, ma allo stesso tempo fugaci e il sentimento è qualcosa che si sceglie, che si coltiva. Dunque, siamo tutti capaci di provare emozioni, sta a noi trattenerle e fare diventare sentimento. 

Harry scaturiva in me emozioni contrastanti. Il suo viso duro e il suo aspetto provocatorio e minaccioso, nonché anche il suo modo di fare, mi portava a sentire la rabbia. Il suo modo derisorio di parlarmi, mi faceva pensare che non ci fosse nulla dietro quegli occhi brillanti. Ma nel momento in cui un sorriso spontaneo si faceva posto in quel viso severo, intento a prendere in giro i suoi colleghi e amici, capivo che da qualche parte lì dentro era nascosto il vero Harry.

«Niall!– il rimprovero di Mark mi risvegliò dai miei pensieri– rimetti subito i pantaloni» credo di non poter mai riuscire a capire il motivo per cui durante le registrazioni Niall senta il bisogno di spogliarsi, a suo avviso si sente libero

Eppure Niall era buffo, divertente e tanto dolce da far venire voglia alla gente di abbracciarlo. Era il ragazzo da presentare ai propri genitori, mio padre avrebbe sicuramente lo avrebbe apprezzato. 

«Ho bisogno di sentirmi libero. Dai Mark, fallo anche tu e vedrai che non tornerai più indietro» scoppiammo tutti a ridere, quando Mark diede uno scappellotto a Niall invitandolo ad alzarsi i pantaloni o lo avrebbe costretto a continuare la sua carriera come artista di strada. 

I One Direction erano piuttosto bravi, quei cinque ragazzi messi insieme in una boy band quasi per puro caso. Se penso che prima di quella loro prima tappa televisiva in Inghilterra non si conoscevano nemmeno, mi viene difficile crederci. Niall mi raccontò tutta la loro storia quando, di  tanto in tanto, ci ritrovavamo a casa di Mark e Amanda tutti insieme. 

Mio padre era spesso fuori casa, il suo lavoro lo portava a passare molto più tempo a Washington, i miei fratelli, Zola e Bailey, avevano seguito le orme dei miei genitori e anche loro passavano gran parte del loro tempo in ospedale. Così, rimasta l'unica in famiglia fuori un ospedale, mi ritrovai a passare le mie giornate ad ascoltare i 1D incidere i loro brani e prepararsi a quello che sarebbe stato il loro primo tour mondiale. 

Quando, dopo giorni interi passati insieme ai ragazzi in cui il massimo contatto avuto con Harry fu qualche sguardo fugace, Harry mi si avvicinò il mio cuore perse un battito. L'idea di dover intrattenere una conversazione con il ragazzo che è stato nella mia mente più del permissibile nelle ultime settimane, scaturì in me una certa ansia che mi faceva sentire poco al sicuro. 

Uscire dalla mia comfort zone mi risultava più difficile di quanto si potesse dire. Amavo starmene tranquilla tra i miei pensieri condivisibili con nessuno. Sapere che qualcuno potesse rompere quell'aria quasi religiosa mi turbava parecchio da portarmi ad allontanarmi da qualsiasi persona vista da me come intrusa.

«Piccola Shepherd– fece Harry prendendo posto sul divano al mio fianco– ho sentito che qui tutti ti chiamano così» evitai di girarmi sentendo il suo mento sfiorarmi la spalla. «Non hai bisogno di ignorarmi, sai mi piace la carne ma un po' meno quella umana» risi silenziosamente a quella battuta così squallida e scontata. 

«Ti facevo più creativo di così» lo schernì accennando un piccolo sorriso beffardo. Harry a quelle parole non si scompose neanche un attimo, al contrario si avvicinò al mio orecchio facendo strada tra i miei capelli castano scuro.

 «Piccola Shepherd, non hai neanche idea di quanto io sia creativo. Tocca solo a te scoprirlo» il suo fiato fece rabbrividire la mia pelle e, quasi sicura di aver capito cosa intendesse, una vampata di calore salì per il tutto il mio corpo colorando le mie guance di rosso. Stupida me e stupido imbarazzo. 

Mi imposi che quel minimo contatto non dovesse avvenire più, e non perché sia una suora che non sapeva divertirsi, ma perché Harry era tossico per me e le relazioni tossiche sono solo presagio di una negatività che non potevo permettermi. 

«Ascolta Harry, io mi affeziono. Mi affeziono così tanto da passare le giornate a piangere e a far preoccupare la gente che mi vuole bene e tu per me sei come il cioccolato, solo l'odore mi fa venire voglia di mangiarlo» mi maledii subito quando mi accorsi di avergli dato pane per i suoi denti, voleva sentirsi dire quanto fosse irresistibile e io lo avevo appena fatto senza troppi giri di parole. Ma ormai dovevo accontentare il bisogno di sfogarmi che cresceva dentro me. La frustrazione accumulata in questi giorni di averlo avuto accanto, di averlo sentito cantare e divertirsi come un bambino era troppa. Questo ragazzo era illegale tanto quanto il suo effetto su me stessa.  «Di te so solamente che sei un maledetto inglese, con una voce incredibile e un viso fin troppo severo. C'è una a scintilla nei tuoi occhi, non posso negarlo ma c'è un diavolo nel tuo sorriso che mi sta dando la caccia e io mi affeziono» tirai un sospiro di sollievo, ma quando mi resi conto che avrebbe dovuto rispondere ero già pronta a correre.

«Sai più di quanto il resto della gente conosca di me» il suo sguardo vagava dal mio corpo al mio viso, studiando quanto più possibile di me. I suoi lineamenti rigidi sembrarono rilassarsi e io mi sentii stranamente meno scomoda fuori dai miei pensieri. Subito dopo Harry si alzò senza aspettare una mia risposta e quando alzai lo sguardo, vidi quelli incuriositi e sbalorditi del resto della band e di Amanda. 

Avrei voluto scomparire o semplicemente non dare voce ai miei pensieri contorti. Ne è valsa veramente la pena? Questa fu la domanda che mi tormentò i giorni successivi alla mia figuraccia. Mi manca Seattle. 


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