Best Song Ever

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Erano le undici quando mi ritrovai stretta in un semplicissimo tubino nero con un scollo poco profondo sulla schiena e un paio di camperos beige, per accontentare quella che potevo considerare la mia compagna di avventure. Amanda era intrepida di conoscere la nuova boy band che il padre aveva ingaggiato, alti e tatuati ragazzi inglesi che lo zio Mark aveva scoperto grazie al suo fiuto infallibile.

Mark Sloan, papà di Amanda nonché amico di una vita di mio padre, era un produttore discografico della Syco Entertainment di Los Angeles. Aveva un grande talento nel riconoscere quelle che, a detta sua, sarebbero diventate le nuove stelle della musica mondiale e, mio malgrado, non potevo proprio dire il contrario.

«Non sei ancora pronta?» mi chiese innervosita Amanda. Lei era sempre pronta, e quando dico pronta intendo dire che non ho mai visto Amanda tirarsi indietro, le piaceva vestirsi bene e andare nei locali di Los Angeles dove non ci si annoiava mai. Lei era Los Angeles con i suoi occhi azzurri come l'oceano e i capelli biondi come la sabbia calda della costa di Los Angeles. Era bella e solare, ogni suo passo attirava gli sguardi furbi della gente e questo non si può dire che le dispiaceva. 

«Prendo la borsa e siamo fuori, promesso» dissi divertita sapendo quanto fosse curiosa di conoscere le nuove star che il padre aveva fatto viaggiare dall'Inghilterra, cosciente del fatto che qui, al suo fianco, li avrebbe fatto crescere molto di più di quanto stessero già facendo nella sede londinese della Syco.

Amanda mi raccontò in macchina verso l'Angel City, un locale che ospitava artisti e musicisti a Downtown, quello che le disse il padre a proposito della boy band inglese, definendoli come dei boni da paura con il sorriso ammiccante. Non mi sorprese il modo in cui li appellò, perché ciò che incontrarono i miei occhi entrando nel vecchio e colorato edificio furono un paio di occhi verdi brillanti e più giù le ali di una farfalla lasciata intravedere dalla camicia rosa poco abbottonata.

Ero già consapevole della loro bellezza quando Amanda mi mostrò una delle loro foto pubblicate su instagram, avevano già un seguito niente male e il loro aspetto da belli e dannati non faceva altro che attirare i like delle ragazze sotto i loro post. Un po' come Amanda, che non la sua bellezza disarmante e il suo modo di fare travolgente, attirava persone da tutto il mondo. Amanda piaceva alla gente, e non solo per l'evidente bellezza, lei era una ragazza dalle mille sorprese. Lo stesso non si poteva dire di me, io alla gente non piacevo e la gente non piaceva a me. Amavo passare del tempo sola con me stessa ed era raro che una persona attirasse la mia attenzione, dato il mio essere molto esigente.

«Che ti avevo detto?» mi disse divertita Amanda simulando quello che doveva essere un occhiolino, ma che non le riuscì esattamente. E fu quel suo tentativo di un occhiolino mal riuscito che mi fece ridere, ma quel sorriso scomparì presto quando Amanda si incamminò nella direzione del padre. Ero fin troppo timida per presentarmi sotto lo sguardo magnetico di quello che sembrava essere il leader della band, che non si poteva definire di certo il tipico ragazzo da presentare ai propri genitori. 

«Amanda ferma– la pregai sperando che si fermasse – Amanda!» come immaginavo non pensò minimamente di fermarsi, al contrario mi allungò la mano con un sorriso divertito invitandomi a seguirla e alla fine mi arresi e, stringendo tra le mani la pochette di pelle dello stesso colore delle scarpe, la seguì. 

«Piccola Shepherd– disse sorridente Mark Sloan, quarantacinquenne affascinante e abbastanza donnaiolo da non sapersi tenere una donna per più di qualche mese, fatta eccezione per la madre di Amanda ormai ex, mentre stampavo un bacio sulla sua guancia– vi presento i miei nuovi ragazzi» i cinque ragazzi si presentarono a me e Amanda e, quando il quinto, mi baciò il dorso della mano, simulando un gesto di galanteria del tutto studiato, non riuscì a sorreggere il suo sguardo. Il mio arrossire era del tutto spontaneo, tuttavia capii subito che questo doveva essere il suo cavallo di battaglia per conquistare una povera ragazza.

Era sicuramente tra i ragazzi più belli che avessi mai visto, con gli occhi verdi, il sorriso smagliante e i capelli medio-lunghi che cadevano mossi sulle sue spalle, onde disordinate ma perfettamente in armonia con il suo viso. Nonostante la sua bellezza, avvertii subito che il suo modo di fare fosse poco autentico. Ero abituata a leggere di Romeo e Giulietta, di Mr. Darcy e Elizabeth Bennet, da amante dei grandi classici conoscevo la galanteria e il suo fu più un gesto di circostanza. 

Quando i ragazzi si esibirono vidi quelle ragazze al di sotto del piccolo palco adularli e cantare insieme a loro. Erano piuttosto bravi, sapevano intrattenere il pubblico e sapevano essere originali, cosa intuibile anche dal loro modo poco usuale di vestire, i loro movimenti sul palco erano studiati per impressionare la loro platea, era evidente la motivazione per cui Mark insistette così tanto per averli qui. 

«Amy lo hanno capito anche i muri che stai fissando il bello e tenebroso» le dissi all'orecchio abbastanza divertita. Avevo già capito da quando si presentò che il suo interesse fu mirato al componente della band che mi pare si chiamasse Zayn Malik. Amanda mi pizzicò il braccio abbastanza contrariata.

«Santarellina dagli occhi color nocciola, ti sembra di non aver notato quanto Harry Styles abbia fatto colpo?» e fu quando Amanda replicò che mi ricordai quanto mi conoscesse. «Non fingere che non abbia avuto un bell'impatto, ti conosco dai miei lontani due anni di vita» ai suoi occhi ero trasparente, mi conosceva così bene che avrebbe potuto capire anche i miei più oscuri segreti.

Il fatto che lei avesse capito non mi disturbò così tanto, sapeva custodire ciò che le veniva detto. Ciò che mi preoccupò maggiormente fu la mia ingenuità, non sapevo nascondere le cose neanche provandoci e, nonostante lei mi conoscesse molto bene, mi preoccupai che nessuno avesse notato lo stesso. «E' così evidente?» chiesi portandomi una ciocca dietro l'orecchio, sperando che il ragazzo dallo sguardo travolgente non se ne fosse preoccupato.

«Non abbassare mai lo sguardo di fonte un ragazzo con una tale sicurezza, ti rende una possibile preda baby» disse quasi con ovvietà. Sapeva quanto odiassi quel modo di chiamarmi, ma me ne curai poco quando vidi i ragazzi scendere dal palco e Amanda raggiungerli. 

«Juliet giusto?– mi chiese Niall con gentilezza e io annuì– che opinione ti sei fatta?» quel ragazzo biondo era davvero carino, ma la sua bellezza passò in secondo piano perché sapere che tra loro ci fosse qualcuno meno pieno di sé mi fece sorridere.

«Ci sapete fare» dissi con la stessa gentilezza. Con la coda dell'occhio vidi Harry ghignare subito dopo aver risposto e pensai che fosse così tanto pieno di sé e restituendogli quell'attenzione che lui aveva appena prestato alla mia risposta avrebbe solo soddisfatto il suo ego.

«Solamente? Mi aspettavo di più, mi hai offeso» capii l'ironia di Niall e risi divertita insieme a lui, quando Harry attirò la mia attenzione girandosi verso di noi e prendendo la parola.

«Era Juliet, giusto?– mi stuzzicò pensando di darmi fastidio fingendo di non ricordare il mio nome e subito dopo si avvicinò al mio orecchio– Niall sa già che sappiamo cavarcela, ci stava provando». 

Quando si avvicinò le mie narici si riempirono di profumo alla lavanda e i suoi capelli mi solleticarono la guancia, ma sta volta quell'arroganza mi portò a rispondere a tono, così mi avvicinai al suo orecchio, dovendo mettermi sulle punte per via della sua altezza e gli dissi: «Beh, almeno lui ha il coraggio di farlo». 

Quelle parole gli accesero un sorriso beffardo in viso, sapevo di giocare al suo gioco, e tempestivamente mi sussurrò: «Posso portarti a casa con me?»

E nonostante restai sbalordita da quelle parole, mi premurai a rispondere con nonchalance mascherando quell'imbarazzo che colorava il mio viso di rosso, fortunatamente nascosto nel buio del locale: «Mai, neanche nei tuoi sogni più selvaggi». 

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