I Should Have Kissed You

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Harry's pov

«Cazzo, cazzo, cazzo» erano settimane che non riuscivo più a concentrarmi, la mia mente era ferma a quel pomeriggio di metà ottobre. Los Angeles è un paradiso terrestre, le spiagge bianche e l'acqua cristallina la rendevano una delle città più bramate dalla gente. Ma a me Los Angeles non diceva niente. Casa mia era fredda e ad inizio novembre le temperature sarebbero arrivate già tra i cinque e i dieci gradi. A Los Angeles l'inverno ero inesistente e a me mancavano i maglioni caldi e i cappelli di lana. 

Le ciocche ondulate dei miei capelli che ricadevano sul mio viso non facevano altro che innervosirmi, soprattutto quando l'intero gruppo fu stremato dopo il mio ennesimo errore. Da giorni la mia mente era ferma a quelle parole, come annebbiata, e questo mi impedii di concentrarmi sui testi che avremmo dovuto registrare. Mark, a cui avrei giurato di non stare molto simpatico nonostante riconoscesse il mio talento, mi lanciò un'occhiata tagliente che avrebbe potuto uccidere. 

Credeva in noi, in quei cinque ragazzini poco più che ventenni che impararono a conoscersi dopo che il collega londinese di Mark ci unì pensando che avremmo potuto fare delle nostre voci un'unica band. E dopo quei tre anni, all'alba dei miei venticinque anni, eccomi spedito a Los Angeles, dove il produttore dei produttori avrebbe inciso il nostro nuovo album.

«Va bene ragazzi per sta sera abbiamo finito» disse Mark salvandomi il culo «Tu invece datti una calmata. Divertiti, ubriacati, fai quello che devi ma lunedì ti voglio concentrato» davanti il suo sguardo accusatorio non feci altro che annuire per poi dirigermi all'uscita. Come potevo dirgli che per calmarmi avrei dovuto prendere un aereo per l'Inghilterra? 

Erano ormai notti che sognavo il culo ballerino di Juliet. Dopo quelle sue parole non la vidi più, il che non mi dispiaceva perché, in un modo o nell'altro, avrei dovuto togliermi dalla testa l'idea di poter scoparmela ancora dopo quel pomeriggio. 

E cazzo, non era solo fisica. Era bella, bellissima, ma sapeva tenermi testa come poche. La sua bocca carnosa mi perseguiva, gli occhi sorridenti, la lunga chioma castana che sotto il sole sembrava schiarirsi, e potrei continuare all'infinito, perché era bella. Ma, nonostante la sentissi rabbrividire ogni volta che sfioravo, non si piegò minimamente di fronte alle mie richieste provocatorie. 

Il suo modo di fare docile e sempre gentile faceva tornare in me quella voglia di spensieratezza e quella parte di me giocherellona che in pochi conoscono. Lei aveva visto in me la scintilla, la stessa che mia madre mi dice sempre di conservare e custodire per bene. Lei sapeva leggere dentro me senza realmente conoscermi.

«Stai esagerando, Harry. Non sai nemmeno chi è, cosa le piace, non sai nulla di lei» Zayn fu l'unico ad avere il coraggio di prendere la parola per primo, e non perché io mangiassi la gente, ma perché quella rabbia e quel nervosismo non mi appartenevano, ero il più silenzioso del resto del gruppo. Tutti i miei amici mi dissero che stavo esagerando, ma nei suoi occhi ho visto come mi stava guardando.

Zayn aveva ragione, non la conoscevo se non superficialmente, mi stavo infatuando dell'idea di Juliet che avevo in testa, ma non so per quale assurdo motivo ero convinto di averla capita. Avrei voluto chiederle tante cose, avrei voluto conoscerla veramente, ma non potevo. Anche Zayn, con cui avevo creato un legame indissolubile, mi impose di starmene al mio posto. Sapevo che Amanda gli avesse detto qualcosa che lui non voleva dirmi, ma non avrei ceduto alla tentazione di prendermela perché le uniche donne della mia vita erano e dovevano restare mia madre e mia sorella. 

Zayn e Amanda sembravano andare d'accordo. Zayn era il tipo da poche ma buone, qualche scappatella se la concedeva anche lui, ma era intento a trovare l'amore della sua vita. Nonostante questo, però, non amava molto parlare, soprattutto di sé, e fui sicuro che Amanda, con il suo modo di fare travolgente, era riuscita a tirare fuori quella sensibilità che faticava ad esternare. 

Quel venerdì sera seguimmo il consiglio di Mark e ci dirigemmo in un locale che era un misto tra una discoteca e un pub, quando poi vidi entrare Juliet e Amanda. Pensai subito che la colpa fu sicuramente di Zayn o Niall, ma vidi Zayn sorpreso quanto me. 

Niall e Juliet avevano legato particolarmente, non so se quell'amicizia potesse sfociare in qualcosa di più, ma so che a Niall potrebbe piacere lei con le sue maniere d'altri tempi. L'idea stuzzicava in me un certo fastidio che, però, scomparve quando Juliet mi si sedette accanto. 

«Ciao» mi disse con un filo di voce, abbastanza da farsi sentire sopra la musica ma non troppo da farsi sentire dagli altri, quasi con vergogna. Avrei voluto dirle che non doveva vergognarsi, perché quello che mi aveva detto che quel pomeriggio riaccese in me la speranza, ma un po' per orgoglio e un po' perché dovevo rimanere fedele alla promessa fatta a mia madre, risposi con un semplice e innocuo sorriso. «Volevo chiederti scusa per quella volta, non avrei dovuto vomitarti addosso i miei pensieri. E' stato un gesto egoista, oltre che non molto furbo» aveva lo sguardo fisso a quel gin lemon che rigirava tra le mani, un po' impaurita di ciò che avrei potuto dirle. 

Era bellissima e non so quante volte questo pensiero mi risuonò in testa negli ultimi quindici giorni, ma quei jeans a vita alta che le disegnavano le forme allargandosi di poco sotto i fianchi, fecero tornare nella mia mente pensieri che non avrei dovuto pensare. 

«Avrei dovuto baciarti» le dissi senza ragionarci troppo. In quel momento avrei voluto infrangere ogni promessa, prenderla di peso e portarla in macchina per dirigerci verso casa, ma l'amore che nutro per le mie donne e il nostro passato mi costrinse a ricompormi. «Dimentica ogni cosa, tu non mi conosci» ritornai ad indossare l'aspetto che più mi si addiceva e, noncurante dello sguardo di Zayn, mi alzai  alla ricerca di qualcuna da portare a casa che domani avrei gentilmente liquidato. 



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