Era l’alba, il giallo sole illuminava tutto intorno, tra poche ore sarebbero arrivate a Stresa. Lena era eccitata anche se non lo dava a vedere, per quanto fosse contraria a questo matrimonio sperava che qualcosa sarebbe potuto cambiare, il cadenzato zoccolio dei cavalli la rilassava un poco. I capelli cenere solleticati della brezza primaverile, Chiara ad un certo punto le aveva detto:” Lena, cara, non hai detto niente da stamattina che siamo partite. Come ti senti?” Lena aveva girato la testa, i suoi occhi grigi in quelli marroni di lei e aveva risposto: “Bene, ma, com’è lui? Come si chiama? Quand’è che l’ho incontreremo?” “Lena, sei scandalosa! Mi è stato ordinato di non dirti niente! Però ti posso dire il suo nome: Erich. Per quanto concerne all’incontro avverrà domani a metà mattinata. Niente di più” “Quanti anni ha?” “La tua età più o meno. Non posso dirti niente di più ora smettila. Non essere impaziente ed indisponente, non è questo che ti ha insegnato tuo padre”
Lena era tornata a guardare fuori dalla carrozza, l’odio le ribolliva dentro, certo che no! Suo padre non le aveva certo insegnato ad essere impaziente ed indisponente, ma neanche a sottomettersi e sposare il primo che la capitava. Nonostante ciò questo Erich la incuriosiva, il semplice fatto che stava per passare il resto della propria vita con una persona che non conosceva ma che l’aveva notata e scelta la faceva sentire un po’ speciale. Un bagliore verde bottiglia le trafisse gli occhi, il lago Maggiore, erano arrivate.
Scesa davanti all’hotel Lena si era girata per guardare il lago, le tre isole galleggiavano sull’acqua blu–verde torpida, la superficie acquosa sembrava coperta da una sottile patina di diamanti che luccicava al sole. Il verde dei giardini era acceso e carico, lussuosi alberghi e grandi ville si affacciavano sul lago Maggiore. Come delle perle sulla sabbia luccicano al sole anche le finestre delle tre isole luccicavano al centro del lago: l’isola dei Pescatori, l’isola Bella e l’isola Madre, ma non aveva avuto neanche il tempo di riempirsi gli occhi di quello spettacolo che Chiara la chiamo a gran voce: “Lenaaaa! Ti muovi?” Mimosa al suo fianco le fece eco: “Signorina dovreste entrare. Avrete tutto il tempo di vedere la città una volta regina.” “Certo arrivo subito! – e poi in un sospiro impercettibile- regina.” Si era girata, dando le spalle al lago, i capelli cenere seguirono il suo movimento.
La hall dell’albergo era a tutta di marmo bianco, un biancore abbagliante che le dava i capogiri. Lena era stordita da tutto quel fracasso e dalla luce penetrante, aspettava con impazienza in mezzo ai bagagli la fine del check-in quando un uomo le era venuta in contro scontrandola. Gli occhi color bottiglia di lui si scontrarono con quelli grigi di Lena fiammeggianti d’odio. L’uomo se ne era andato in fretta senza neanche chiudere scusa e Lena stizzita gli aveva gridato dietro: “Scusarsi?! Troppo difficile, eh? - si era spazzata il vestito con le mani e aveva sussurrato- deficiente!” Si era girata e aveva incontrato gli occhi smeraldo di Mimosa che avevano un'espressione interrogativa:” Problemi, signorina?” “Non, niente Mimosa” La voce di Lena era tornata fredda e monocorde come al solito, le sembrava una domanda stupida quella di Mimosa e, soprattutto, posta al momento sbagliato siccome stava palesemente male.
Il check-in era terminato; Lena era andata nella camera che gli era stata assegnata. La camera era spaziosa e bianca, tutto in quel posto era bianco, dalla hall, al giardino verde con le rose bianche, la sala da pranzo, i bagni e le camere. Tutto, letteralmente tutto era bianco, un bianco troppo bianco che fa male vederlo, a Lena sarebbe venuta una forte emicrania se in tutto quel bianco della camera non ci fosse stata una grande finestra che faceva entrare, con tutta la sua potenza, il verde-blu del lago maggiore.
Era seduta sul davanzale, il vestito panna si confondeva con il bianco della poltroncina. La brezza le solleticava i capelli raccolti nella solita capigliatura semi-raccolta, contemplava il lago in silenzio, era da sola, la sua mente aveva la possibilità di vagare in libertà dopo ore. Il verde-blu del lago era sempre più scuro sotto i raggi del sole che scendeva dietro di lei, le ricordava qualcosa ma non sapeva cosa. Ad un tratto, come un fulmine a ciel sereno, li vide, i suoi occhi, la fissavano con aria di sfida, lo stesso colore del lago; Il sorriso beffardo. Quel contatto visivo, se lo ricordava nei minimi dettagli, come se c’è lo avesse di fronte. Era stato un lampo, Lena era trasalita al ricordo, si stupiva come potesse essere così vivido il ricordo nonostante fossero passato almeno due ore ed era stata male. Si era alzata della poltroncina per andare a cena, soffermandosi un attimo a contemplare l’isola Madre, in mezzo a quel verde si stagliava la dimora estiva dei regnanti, l’unica in quell’isola.
E si era sentita fissata da quegli occhi color del lago ma aveva scacciato con la mano quel pensiero ed era rientrata del tutto inconscia che effettivamente, quegli occhi, la stavano fissando
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Il grigio contro il verde
RomanceLa vita è un gioco, le aveva detto, tanto vale giocare, le aveva detto e lui aveva giocato con lei per tutto il tempo.