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2 Aprile 2022



DAHLIA

«Andrà tutto bene.»
Me l'ero ripetuto almeno un centinaio di volte da quando tre giorni fa avevo fatto la valigia ed ero salita su un aereo destinazione Torino.
Scesi dalla macchina, che mi aveva gentilmente prestato il ragazzo della mia migliore amica, e mi diressi spedita verso l'entrata del JHotel, quando raggiunsi l'ultimo gradino il respiro entrava e usciva affannosamente dai miei polmoni, come se avessi appena corso una maratona.
Mi fermai all'entrata un paio di minuti quando la prima lacrima mi rigò il viso, dovetti fare appello a ogni brandello del mio autocontrollo per trattenere il singhiozzo che voleva sfuggirmi.

Appena raggiunta la reception, alzai lo sguardo e la prima persona che vidi fu Davide, il receptionist. «Ciao Dahlia, bentornata» mi salutò con un gran sorriso. «Buonasera Davide» mi sforzai a sorridere. «Dusan è appena rientrato»
«Lo raggiungo»
«Si è spostato nella 210»
«Grazie»

Nell'ascensore ripensai a tutto quello che volevo dirgli e non riuscii a calmarmi neanche un attimo, avevo il cuore a mille e le mani che tremavano dall'ansia.
Uscii dall'ascensore e mi fermai proprio in mezzo al corridoio, dovevo avvisare Dusan che ero arrivata.

Io: Ciao D. Sono qui

Aspettai due minuti, immobile nel corridoio, ma di Dusan nessuna traccia.
Iniziai a camminare e nel mentre a guardare i numeri sulle porte, fino a quando non girai a sinistra e venni travolta.
«Oh» ero letteralmente caduta come una pera cotta e per l'urlo tirato, molto probabilmente, mi avevano sentito fino al piano terra dell'hotel.
«Dahlia» alzai lo sguardo «Ma che fai?» Dusan mi guardava dall'alto mentre mi porgeva la mano per rialzarmi.

Ah eccolo

«Stavo venendo da te» Afferrai la sua mano e mi alzai «Ti ho inviato anche un messaggio» lo guardai negli occhi per la prima volta dopo tanto. «Ho lasciato telefono e portafoglio in macchina» spiegò «Stavo andando a prenderli.»
«Mi hai letteralmente buttata per terra» eravamo fermi in mezzo al corridoio e il disagio tra noi era ben visibile agli occhi di tutti e due. «Scusami stavo correndo e non ti ho vista.»

Eravamo scesi insieme per recuperare ciò che aveva lasciato in macchina e nessuno di noi due parlò mentre camminavamo a distanza di qualche metro uno dall'altra.

Cosa stavo per fare?

Camminavo con gli occhi puntati sui miei piedi ma appena azzardai ad alzarli, alla vista della sua ampia schiena, coperta da una maglietta termica a maniche lunghe nera, mi sembrò come se qualcuno mi avesse colpito alle spalle con una mazza da baseball. Quando si girò verso di me e incrociammo di nuovo lo sguardo, la reazione che suscitò in me fu potente.
Una volta avevo pensato che i suoi occhi fossero il centro dell'uragano, la quiete all'interno di tutto quel caos.
Ma adesso erano diversi.
Tutto in lui sembrava diverso, anche se era sempre lo stesso.
«Vogliamo andare a fare un giro o saliamo in camera?» mi chiese.
Volevo andare a parlare in un posto che non mi ricordasse i momenti vissuti con lui che erano fin troppi, quindi scelsi la macchina di Luca, quella con cui ero venuta fin lì.

Non volevo iniziare così ma era la prima cosa che dovevo dirgli.
«Mi sono vista con Mason» ero al posto del guidatore e a dividerci c'erano solo pochi metri.
«Allora avevo ragione» mi guardò fissa negli occhi.
«Dovevamo chiarire delle cose» «Sono mesi che devi chiarire con lui» aveva le sopracciglia corrugate e lo sguardo rivolto verso il finestrino, era palesemente arrabbiato.
«Non diventerà padre. Lo so che non mi dovrebbe importare ma quando l'ho saputo mi sono sentita più leggera.» aveva smesso di guardami, teneva lo sguardo puntato verso il basso.
«Lo sai che è stata una storia importante per me» continuai «Ma sai anche quello che provo per te non è lontanamente paragonabile a quello che provavo per lui» mi tremava la voce.
«Non provo più niente per lui da molto tempo e l'ultima volta che ci siamo visti gliel'ho detto chiaramente»
«Non voglio sapere quello che vi siete detti» mi interruppe.
«Sei stato a Milano di recente?»cambiai discorso.
«Si» alzò subito lo sguardo.
«E ti sei comportato come se non avessi una fidanzata» continuai «Sei andato in discoteca, magari ti sei anche ubriacato e sei andata a dire ad una ragazza che eri libero»
«No» scosse la testa.
«Ti faccio leggere il messaggio che mi ha inviato una certa Martina»
«Avevo bevuto perché stavo male per te» si strofinò una mano sulla faccia «Non ti ho tradita, ci ho parlato solamente perché piaceva a un mio amico ma lei aveva gli occhi puntati su di me» spiegò velocemente.

Era sincero, ormai lo conoscevo troppo bene.

«Non sono state settimane semplici per me» cercò di allungare la mano per prendere la mia, ma la allontanai.
«Anche per me, e non lo è nemmeno ora» confessai guardandolo con gli occhi colmi di lacrime. «Perché non sei ancora andato a casa?» domandai piano.
«Non ha senso senza di te.»
Non sapevo come rispondere, passarono almeno due minuti in cui nessuno dei due parlò.
Poi presi coraggio.
«Devo dirti una cosa e ciò che sto per fare lo sai anche tu che è meglio per tutti e due» afferrai la mia borsa, dove all'interno c'era la scatolina contente il bracciale che mi aveva regalato.
«Davvero lo so?» replicò. Il mio respiro era tremante. «Vorrei che le cose non fossero andate in questo modo tra noi due.» I suoi occhi scrutarono il mio viso mentre perdevo la battaglia con le mie lacrime. La sua mascella si serrò mentre scorrevano silenziosamente lungo le mie guance.
Parlò piano. «Non sei più Dahlia. O almeno quella che ho conosciuto io.»


DUSAN

Non l'avevo mai vista così. Aveva il naso rosso, gli occhi arrossati e le mani le tremavano mentre le avvolgeva sulla scatola.
I capelli erano raccolti nella solita coda alta a cui ero abituato, quella che faceva e rifaceva una dozzina di volte perché doveva essere sempre perfetta. I suoi occhi mi stavano osservando nello stesso modo in cui i miei stavano osservando lei, ma sapevo che dentro di lei era cambiato qualcosa. «Poco tempo fa ti dissi che sono troppo egoista per pensare che ci potrebbe essere un'altra ragazza dopo di me.
Che tengo troppo a te e alla mia felicità, che deriva da te.»
Le sue labbra si muovevano con attenta precisione mentre parlava, dandomi la sensazione che si fosse preparata ogni parola che mi stava dicendo in quel momento.
«Aspetta» la fermai. «Non sono stupido» Mi spostai un ciuffo ribelle di capelli dalla fronte. «Mi stai lasciando, ma non ho capito il motivo.»
Non riuscivo a guardarla senza pretendere che si spiegasse in un modo che non suonasse come se avesse scelto di dirmi addio.
«Non voglio farti stare male» mi porse la scatola senza esitare.
«Non lo voglio, è tuo.»
«Non ti sto lasciando perché non ti amo, ma perché ho capito che non sono giusta per te.»
«Lo decido io quello che è giusto per me.» sbottai, facendola trasalire.
Reclinai la testa all'indietro e lottai contro l'emozione crescente, la rabbia straziante che montò in me di fronte alla sua affermazione. Quando riportai lo sguardo su di lei, i suoi occhi verdi erano lucidi di lacrime, e questo mi fece combattere una battaglia diversa, soffocare un istinto diverso.
Quello di abbracciarla.
Dahlia era la prima persona che pensavo non mi avrebbe mai ferito. Non importava come fosse andata. O se pensasse che la storia fosse finita lì.
Non era così.
«Ti prego» mi supplicò. «Non è una scelta facile per me.» La mia faccia era di pietra, la mia pelle in fiamme. Mi sporsi verso di lei e provai un'egoistica punta di soddisfazione nel vederla ritrarsi di fronte all'espressione sul mio viso, qualunque essa fosse. «Non si tratta solo di te, di ciò che senti e desideri, o di quello per cui sei pronta o che pensi io debba sapere. È questo che non capisci.» Dahlia si catturò le labbra fra i denti e mi guardò respirando in maniera ansante.

Al contrario di ciò che le avevo detto, si ero stato stupido. Pensare di aver trovato la ragazza giusta, di essermi innamorato di lei e voler passare il resto della mia vita insieme era proprio da stupidi.

«Non voglio più essere egoista, meriti qualcuno che ti faccia stare bene.
Qualcuno con meno scheletri nell'armadio.
Qualcuno alla tua altezza»

Non dissi una parola.
Non potevo crederci.

Guardandola per l'ultima volta, memorizzando il dolore straziante inciso sul suo bellissimo viso, scesi dalla macchina e feci quello che era più giusto fare.
Me ne andai.









Ciao!!
scusate l'assenza ma non sono stati mesi semplici.
vi ho pensato molto, ho pensato molto a questa storia ma ogni volta che volevo scrivere poi alla fine non ci riuscivo perché avevo la testa completamente altrove e visto che ci tengo particolarmente ho voluto aspettare il momento giusto per ricominciare a scrivere.

spero che il capitolo vi piaccia, anche se non è uno tra i più divertenti.
io cerco di pubblicare il prossimo il prima possibile, voi ditemi cosa ne pensate di questo.

vi aspetto nei commenti!!

sono tornata,
un bacio.

INSTAGRAM|| DUŠAN VLAHOVIĆDove le storie prendono vita. Scoprilo ora