Capitolo 6: colui che cambierà l'ordine del mondo

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Non doveva trovarlo. Non doveva sapere della sua esistenza, altrimenti lo avrebbe preso e divorato. Lei non poteva più sopportare di assistere inerme a quello scempio, questa volta lo avrebbe impedito con tutte le sue forze. Avrebbe anteposto il suo dovere di madre a quello di moglie, aveva rimandato troppo a lungo, ma adesso il vaso era colmo delle lacrime per  le cinque creature che aveva visto nascere e poi scomparire tra le fauci del marito. Questi erano i pensieri che affollavano la mente di Rea, mentre accarezzava il proprio ventre, pronto a dare la vita al suo sesto figlio.

Nel silenzio che avvolgeva la dimora nella quale aveva trovato rifugio grazie alla madre, si ritrovò a ripensare alla prima volta che aveva messo al mondo una creatura.

A quel tempo era convinta che Crono sarebbe stato felice, come lo era stata lei quando aveva scoperto di cullare nel proprio ventre una nuova vita e per tale ragione era volata a dargli la lieta novella. Invece lui si era dimostrato freddo e distaccato dopo avere udito "sono incinta" che lei aveva pronunciato con emozione e timidezza. Il suo sguardo gelido l'aveva trapassata come una lama affilata e fattole desiderare di trovarsi il più lontano possibile da quelle stanze di grigia roccia. I giorni in cui si erano amati per i campi ed i prati, in cui avevano parlato per ore o erano rimasti abbracciati in silenzio sembravano essere svaniti in un colpo solo, come se quelle due semplici parole avessero avuto il potere di cancellare ogni emozione positiva. Quasi non riconosceva colui che le stava innanzi, sovrastandola con la sua immanenza e desiderava solo il conforto dell'abbraccio materno. Riuscì ad ottenere il permesso di partorire in un palazzo vicino alla madre, ma quando lasciò la sala del trono udì l'ira del marito esplodere nell'aria e vide, mentre si allontanava il più in fretta possibile, la sua furia abbattersi sui luoghi del loro amore. Lacrime amare le scesero dal candido viso ed un'amara morsa le strinse il cuore fino a farle male.

Tuttavia, le cose erano precipitate quando la sua creatura innocente era venuta al mondo. Il parto non era stato facile. Fortunatamente  tutte le sue sorelle le erano rimaste accanto, sostenendola in ogni modo e la madre aveva accolto la bambina tra le sue braccia, regalandole il primo vagito e dandole il nome di Estia. Esausta aveva chiesto che il marito ne fosse informato. "Nonostante si sia dimostrato poco interessato, credo sarà felice di abbracciare la sua prima figlia", aveva detto emozionata; parole di cui si sarebbe pentita pochi istanti dopo. Non vi era stata la necessità di fare ciò, in quanto lui era già lì, come se l'avesse sempre spiata, cosa che le aveva procurato un brivido gelido lungo la schiena. Qual era il motivo di quel comportamento? Non appena si era avvicinato alla piccola un senso di inquietudine e paura si era impossessato di lei, confermato dal terribile sguardo dipinto sul volto di lui: non aveva buone intenzioni. Senza pronunciare parola alcuna, il titano si era scaraventato sulla piccola. Le titanidi, sorelle di Rea, avevano tentato con tutte le loro forze di impedirglielo, era loro intenzione prendere tempo per permettere alla loro madre di portare in salvo la neonata. Teia e Teti provarono ad allontanarlo creando un tornado, mentre Febe e Meti fecero apparire una freccia di luce che si diresse a tutta velocità verso Crono. Tuttavia, era stato tutto vano. Con sorprendente agilità lui era riuscito ad evitare la freccia, afferrare il vortice del tornado a mani nude spezzandone il moto ed in un batter d'occhio era giunto innanzi a Gaia; tutto era avvenuto con tale velocità da non darle il tempo a scomparire nel terreno. L'aveva afferrata, con crudeltà, per la fluente chioma e con ferocia le aveva strappato la bimba dalle braccia facendola strillare di paura. "Ti scongiuro, lasciala andare, è tua figlia- aveva gridato in lacrime Rea- Il tuo cuore non prova nulla nei suoi confronti? Non un alito d'affetto soffia nella tua anima?" Le parole erano piombate nel vuoto. "Con che diritto strappi una figlia alla propria madre?" aveva aggiunto infuriata Mnemosine, rimasta a proteggere la sorella distesa inerme sul giaciglio d'erba e muschio sul quale aveva appena partorito. Le disperate richieste non giungevano all'orecchio di lui che senza battere ciglio aveva spalancato le sue immense fauci e divorato la bambina intera per poi andar via come se nulla di sconvolgete fosse appena accaduto. Per il forte dolore Rea aveva perso conoscenza.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 06, 2022 ⏰

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