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La consapevolezza di esistere si fece strada strisciando tra pensieri confusi, gola secca e una terribile tensione che gli irrigidiva tutta la parte sinistra del corpo. Linee d'oro gli tagliavano la retina ed era legato, bloccato. Prigioniero innocente, criminale o semplice sospettato. Il sedere troppo caldo e il polso scorticato da un cerchio di fuoco.

Elia si mosse di scatto tirando, per allontanarsi da quel dolore e il movimento gli provocò una fitta al braccio che più di così non poteva allungarsi. Strinse il pugno e provò a fare mente locale.

Aveva dormito e si stava svegliando; era ammanettato a un elemento del termosifone nel bagno privato della camera del figlio dei Mordini; era sabato mattina. Con calma, e ponderando ogni movimento, si girò su se stesso alzando la gamba sopra al braccio – rigido, in preda a un intenso formicolio e che ormai aveva perso ogni colore di vita. Non riusciva a spiegarsi come avesse fatto a finire messo a quel modo: prono, col sedere in alto verso il termosifone, le gambe piegate, i piedi che facevano leva contro la parete, e il braccio, quello legato, sotto il corpo, che si incastrava perfettamente tra le cosce.

La luce che arrivava dalla stanza adiacente gli fece supporre che fosse mattina inoltrata: aveva dormito davvero molto. La finestra aperta aveva fatto scendere in modo importante la temperatura e, di conseguenza, il termostato doveva aver sollecitato l'avvio dell'impianto di riscaldamento. Le manette non erano risultate un buon isolante, d'altronde non era quello il loro compito, e il polso di Elia doleva ed era arrossato. Non essendogli possibile arrivare con quella mano sotto il getto dell'acqua fredda, prese una salvietta e la imbibì per bene, prima di tamponarla sul polso e darsi sollievo.

Il secondo obiettivo fu cercare di abbassare il grado di calore per non rischiare di finire alla griglia o, comunque, non compiacere troppo la sua performance erotica.

Elia si fermò a osservare la valvola del radiatore. Il calore. Gli bastò ricordare della sua condizione fisica che tutto il corpo reagì e fu costretto a piegarsi, stringendo con prepotenza il fianco sinistro, lo stesso che al risveglio sentiva intorpidito, dove un dolore improvviso gli ingarbugliò le viscere. Ebbe la sensazione che una forchetta, con lame al posto dei denti, lo trapassasse dalla schiena, gli si infilasse attraverso il bacino e girasse lenta – subdola. Non si aspettava un dolore del genere, l'estro non avrebbe dovuto fare male nella sua testa; forse stuzzicarlo, snervarlo o bruciarlo da dentro, ma quello non era né caldo né eccitante. La sfilettata passò, così come era arrivata, e lo lasciò senza fiato. Elia si resse al muro e appoggiò la testa all'avambraccio, cercando di ricomporsi. Deglutì a più riprese la saliva che gli aveva di colpo riempito la bocca.

A labbra serrate alzò gli occhi e abbassò la valvola da sessanta gradi a quaranta, maledicendo il folle che aveva impostato una temperatura del genere, anche se in un bagno così ampio poteva essere comprensibile.

Anche se sembrava essere passata, Elia temeva che nel muoversi ne sarebbero arrivate altre, e che quella sofferenza avesse preso il posto delle scosse della sera prima.

Avendo bisogno di urinare decise ugualmente di alzarsi e tranquillizzarsi: non aveva intenzione di mostrarsi codardo o debole. Cercò di convincersi che avrebbe potuto sfogarsi a incubo finito, e sviò il suo interesse su quanto gli era concesso muoversi in quell'angolo di bagno. Si compiacque nel realizzare che, facendo scorrere la manetta sulla lunghezza dell'elemento del calorifero, gli era possibile stare in piedi.

Quando aprì i pantaloni, rendendosi conto di un'umidità sospetta che glieli teneva appiccicati alla pelle, alzò gli occhi verso il soffitto e mugugnò una mezza imprecazione. La mente non gli riportava ricordi di sogni erotici o anche solo pensieri particolari, ma era certo di aver eiaculato nel sonno. Scelse quindi di spogliarsi di pantaloni e mutande, che posò piegati sopra al termosifone, e di rinfrescarsi in modo più approfondito. Immaginò che aver eliminato un po' di ormoni non fosse poi stato così negativo. In effetti, a parte la fitta di poco prima, non stava accusando condizionamenti dovuti al calore. Non poteva dire di essere al massimo della forma, ma si accontentava di essere lucido.

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