•15• Distanti

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"Noto che hai il bicchiere vuoto, posso permettermi di provvedere?"
"Grazie ma ce la faccio da sola."
Risposi, prima di avviarmi al bancone apposito.
Avevo bisogno di riprendere fiato per qualche istante così decisi di rifornirli io, senza dover sopportare gesti di galanteria.
Da lontano riuscii a vedere Steven e Tom parlare con un certo astio ma, entrambi, erano uomini che sapevano fingere le proprie emozioni. Sapevano giocare entrambi con il carisma e la gentilezza, doti essenziali per saper trattare con il pubblico.
Quando mi avvicinai sembrò quasi che cambiarono discorso a causa della mia presenza e, ció, aveva solo infuocato la mia curiosità.
Porsi il calice di cristallo ad ognuno di loro e, con un fugace brindisi, aizzammo le nostre bevande verso l'alto.
"Allora...quali discorsi mi sono persa?"
"Discorsi del più e del meno, Steven con permesso..." Tom si alzò dalla sedia a cui si era accomodato per gustarsi qualche sorso di champagne e, porgendomi la mano, mi propose: "Posso invitarti per un ballo?"
Infrangendomi nei suoi occhi, mi lasciai andare con un cenno di consenso.
Le note espletate dai strumenti musicali dell'orchestra intimavano un noioso lento. Ma tra le sue braccia, niente sembrava esserlo.
"Cerchi di farmi ingelosire?" Sussurrò con tono serio, mentre le nostre dita si intrecciavano con malizia.
"Non ne ho ragione." Ma, per quanto fosse vero, risi di gusto dentro di me.
"Perché lo sono! Mr Steven Sotuttoio..."
Quando provó ad imitare la sua voce non riuscii a mantenere le mie emozioni ulteriormente, soffocando una risata tra uno sguardo e l'altro.
"Ma devo ammettere che il fatto dei colleghi non mi è piaciuto." Mormorai sotto volere della sincerità, volevo che lo sapesse.
"L'hai detto tu che non vuoi dichiararci al mondo intero."
Non faceva una piega ma forse sentirlo negare da lui, senza pensarci neanche un istante, sapeva farmi ribollire. Ero anche pronta a gridarlo al mondo intero ma avevo paura della reazione che avrebbe potuto suscitare. Lavoravo in una rivista di moda e mi ero imbattuta nella cattiveria che a volte le persone erano in grado di esprimere, prima ancora di conoscere i fatti.
E sapevo che Tom era un colosso per gli ormoni di molti fan, dichiarare un fidanzamento non avrebbe sicuramente giovato alla loro felicità.
A lavoro, soprattutto, sarei stata investita da domande e richieste di interviste.
Sarei stata capace di reggere tutto ciò?
E in tutto questo, sarei dovuta partire a breve per l'Italia. Senza di lui.
"Tutto bene?"
La voce di Tom mi prosciugò le orecchie, sbattei varie volte le palpebre prima di rivolgergli una risposta.
"Sì."
"Stavamo parlando circa quel termi..."
Mormoró, cercando di evitare di nuovo di pronunciare quel termine che non ci raffigurava per niente.
"Se non vuoi presentarmi a nessuno, va bene. Più rimanderemo, più abbiamo tempo per pensare."
"Pensare a cosa?"
Quando risposi: "Se è la cosa migliore per noi due." Si impalò all'istante, come se avessi appena bestemmiato ad alta voce.
"Hai qualche dubbio?"
Guardai in modo fugace attorno a me, costantando che alcuni occhi erano intenti a studiare le nostre mosse.
Poi guardai Tom, il sorriso era stato sostituito da delle rughe di disapprovazione formatesi attorno agli occhi.
"Non ho detto questo ma devi anche capire il mio punto di vista."
"Ogni giorno cerco di guardare dal tuo punto di vista, ma la mia posizione non dovrebbe influenzare il corso dei nostri eventi."
"Hai ragione ma cosa posso dirti? Già poterti avere è una cosa che non avrei mai potuto immaginare ma ho paura di quello che potrebbe pensare la gente. Guardami: Non sono nessuno. Non sono la rappresentazione perfetta di femminilità, mi comporto non proprio conforme alla società e non riesco neanche ad indossare un paio di tacchi." Dissi in tono nervoso indicando i miei stivali alti fino al polpaccio.
"Ho visto le tue ex...Tom sei stato con Taylor Swift e con Susanna Fielding. Io sono lontana dall'essere come loro."
Al contrario di me, donne perfettamente inserite nei canoni imposti dalla società.
"Se volevo qualcuno come loro avrei frequentato i circoli del golf, non sale cinema disabitate."
Al ricordo del nostro primo incontro, un sorriso cercò di scorgersi tra le mie labbra. Ma volevo mantenere un tono abbastanza serio per finire la conversione con la ragione dalla mia parte.
"Durante quel periodo con Zawe ho giurato a me stesso di dover rimanere tra me e me. Ma all'improvviso sei arrivata nella mia vita, riuscendomi a far camminare su un mondo diverso ogni volta che stiamo insieme. Non ti importa di niente e sai prendere le cose di petto ma nel contempo sai reagire con sventatezza."
Ormai avevamo camminato fino ad un balconcino, proprio vicino l'orchestra.
Nonostante la presenza di molte persone, il nostro breve discorso sarebbe rimasto intimo grazie al volume delle note che ricoprivano l'intera sala.
"Non so se ho paura di perderti o ho paura di prenderti."
"Penso di amarti."
Ogni frase sovrappose l'altra come due forze opposte che si scontrano.
Anche io lo amavo e non mi serviva il verbo pensare per completare meglio la frase.
Era così inebriante per la mia psiche e per altro.
Ma la paura di non essere abbastanza sapeva tagliarmi le gambe.
E quella paura sapeva bloccare molte emozioni che picchiavano contro il mio cuore per librarsi libere.
Ma quando Tom udì le mie parole terminare con le sue, decise di lasciarmi sola a contemplare l'orizzonte.
Lo guardai allontanarsi con i pugni chiusi e, forse, con il cuore affranto.
Il resto dell'evento lo passammo divisi, lui tra una chiacchiera e una lunsinga e io tra un bicchiere e il buffet.
Cercavo di compensare con il cibo, lo stato alcolico che aumentava gradualmente.
"In base a come lo guardi, deduco che non siete solo colleghi."
Quando quella puntualizzazione arrivò alle mie orecchie, sentii lo stucchizzino andarmi di traverso.
Dopo un imbarazzante colpo di tosse, cercai di riprendere il controllo di me stessa.
"Deduci male." Mi limitai a dire, cercando di riprendere la mia normale tonalità di voce.
"Domani verrai?"
Un sorriso scappò sulle mie labbra, la sua insistenza velata riuscii a farmi divertire.
"Per osservare e commentare le opere? Perché no."
Condivise anche lui un sorriso quando colse il mio riferimento.
Era un uomo interessante e, nonostante sembrava che ci stesse provando, nello stesso istante sapeva mantenere le giuste distanze.
Ma l'idea di poter visitare uno dei più monumentali musei di Atlanta direttamente con il direttore, affascinava le mie prospettive sul programma delle cose da fare.
Con lui a pochi passi da me, Tom non perse tempo per integrarsi alla nostra conversazione.
Quel gesto riuscì a farmi infastidire, era come se volesse marcare il suo territorio. Ma non avevo bisogno di nessuno e anche se non l'avevo mai puntualizzato: Io ero fedele a lui. E se qualcuno avesse provato a calcare la mano, non mi sarei risparmiata nel metterlo al proprio posto quindi non comprendevo quel comportamento infantile che stava manifestando.
Avrei preferito la sua presenza nei 45 minuti che mi aveva lasciata da sola.
"Vedo che siete di ottima compagnia a vicenda."
"Siamo anime chiacchierone." Sbottó Steven, intuendo il tono tagliente della considerazione, così continuò: "Vado ad assaggiare qualcosa al buffet, con permesso."
Quando rimanemmo da soli, Tom mi guardò per qualche secondo e prima che se ne potesse andare gli afferrai il polso, mormorandogli: "Perché ti stai comportando così?"
"C'è da chiedere?" Contraccambió con nonchalance.
"Torniamo in Hotel e parliamo..."
"Non posso lasciare così l'evento." Disse tagliando corto nella risposta.
Così, senza neanche avvisarlo cercai di recuperare una bottiglia dal bar e mi diressi verso la camera d'Hotel.
Odiavo quando non riuscivo a esternare ciò che provavo veramente ma, allo stesso tempo, avevo una fottuta paura.
Mi spogliai di ogni cosa, mi feci una doccia per rilassarmi e il getto caldo d'acqua riuscii a farmi calmare i nervi. Lo aspettai per ore.
Da sola, tra un sorso di champagne e l'altro.
Poi d'improvviso una notifica aveva fatto illuminare il display del mio telefono: anonimo.
Aggrottai le sopracciglia con fare curioso, era un messaggio con una foto allegata e, prima di aprirla, lessi la breve didascalia riportata: Non sarai mai all'altezza.
Una stretta allo stomaco si impadroní di ogni emozione: la foto ritraeva Tom, con i panni della giornata, entrare in casa con la sua ex-compagna Zawe. Lui era sorridente, un po' barcollante e lei, con quel vestito, era bellissima.
Ed entravano in quella casa stretti l'un l'altro, il braccio di Tom le stringeva le spalle con ardore.
Una lacrima riuscí a sfuggire al mio comando, come un pugno in pieno viso.
Quella foto mi aveva fatto capire che era ora di lasciare l'America.
Lì, non era posto per me.
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Anche se l'ho messa da parte, sto cercando di continuare questa storia con ogni forza.
Cosa succederà ora?
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Enjoy®

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