Sono in terribile ritardo.
È lunedì e io sono già abbastanza nevrotica, se aggiungiamo anche il tizio dietro al bancone, che per preparare un dannato caffè ci sta mettendo una vita, allora direi che siamo giunti al culmine.
Ho insistito tanto per non farmi accompagnare da mia madre, ma adesso, ripensandoci, forse avrei dovuto accettare il suo passaggio.
Controllo l'orologio, le otto e venticinque.
Congratulazioni May, è il tuo primo giorno di scuola e sei già in ritardo di un quarto d'ora.
Sbuffo sonoramente cercando di farmi sentire dal tipo che sembra non aver recepito la mia fretta.
Quando finalmente mi porge il bicchiere colmo di caffè bollente tiro un sospiro di sollievo.
Ma sono stata troppo affrettata nel tranquillizzarmi, perché ci vogliono trenta secondi per riportare la mia rabbia alle stelle.Una figura alta mi urta mentre sto uscendo dalla caffetteria, facendo rovesciare tutto il contenuto del bicchiere addosso alla mia maglia bianca.
-Ahi!- grido per il liquido rovente sulla mia pancia.
-Ma che diavolo...-
Mi volto verso il mio attentatore e ciò che vedo non mi piace per niente.-Ancora tu!- mi fa lui indicandomi.
È il ragazzo della moto.
No, mi correggo, lo stronzo della moto.-Dovresti guardare meglio dove metti i piedi, ragazzina-
Lo osservo meglio.
I suoi occhi taglienti sono due pozze nere inghiottenti e i capelli leggermente lunghi gli cadono a tratti sul volto spigoloso e ben delineato.-Senti chi parla!- sputo arrabbiata.
Lui però non mi calcola di striscio e se ne va avvicinandosi al bancone, così, decido di non ammazzarlo e di uscire da quello stramaledetto locale.
Perfetto, ora ho una chiazza gigante sulla maglia e non ho bevuto il mio caffè.
Non ho il tempo materiale per tornare a casa a cambiarmi, perciò mi rassegno alla figuraccia che farò appena entrata a scuola.
Quando entro in classe, tutti sono già seduti dietro i banchi, ma per qualche strana grazia divina il professore non è ancora arrivato.
Mi affretto a raggiungere l'unico posto vuoto rimasto, in prima fila, tra le varie risatine e battutine provocate certamente dalla macchia sulla mia maglia.
-Buongiorno ragazzi-
Fiuuu, per un pelo.
Il professore si accomoda dietro la cattedra, tira fuori delle scartoffie dalla sua valigetta rossa e comincia a leggerle.
-Dunque, oggi con noi c'è una nuova alunna-
No no no.
-May Flower, come...-
-Sì, come la nave- lo interrompo infastidita.Maledetti padri pellegrini.
Per fortuna il professore decide di non proseguire nel ridicolizzarmi e comincia la lezione.
Due lunghe, lunghissime, interminabili ore di fisica.
*
Sul serio, datemi un laccio emostatico ed una siringa, ho bisogno di iniettarmi un po' di vitalità.
Sto camminando a passo di zombie verso l'uscita, per cercare qualche albero dove potermi riparare per consumare il mio spuntino.
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Il tempo tra le dita
General FictionMay ha appena lasciato il suo caro Ohio, per trasferirsi a San Francisco, in California, dopo la morte di suo padre. Nuova scuola e nuove amicizie le faranno provare emozioni del tutto inaspettate, soprattutto in compagnia di suo cugino Evan e del s...