Epilogo

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"Il segreto dell'esistenzaumana non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive."
~Fedör Dostoevskij
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Quella mattina di fine novembre, Manuel si sveglia con il mal di schiena. Si sente un po' vecchio, in effetti. Vorrebbe spendere il resto della giornata a dormire, disattivare la sveglia e non farla suonare mai più, chiudere le tende che lasciano filtrare in camera i raggi di un debole sole d'inverno e rintanarsi tra le braccia di Morfeo perennemente.

Eppure, non può. Deve lavorare, spendere un'altra giornata a sporcarsi le mani di benzina in quella stupida officina puzzolente. Deve osservare macchine, ripararle, proprio come vorrebbe fare con il suo cuore e con i suoi sogni. Deve tornare alla sua vita di ogni giorno, quella vera, quella che evita di notte quando si rintana sul balcone di casa sua.

È quello, tra l'altro, il suo nuovo posto. Quello che ha scelto per sognare, da solo, senza rischiare la presenza di volti conosciuti di cui potrebbe innamorarsi. Il luogo dove passa le sue serate a contare le stelle, ad immaginare luoghi, nuovi finali per una storia già conclusa.

Voglio riscrivere la nostra tra le righe del cielo.

Di Simone non ha più avuto notizie.

Su Monte Ciocci Manuel non si è più presentato, non dandogli così più modo di vederlo. Ha tentato in ogni modo di non farsi trovare, di farsi lasciare in pace, di tenerlo lontano da lui e la fragile bolla di vetro che ha costruito per proteggersi.

Fortunatamente, ci è riuscito.

È riuscito a dividerli per sempre, a distruggere il loro legame, l'unico sogno a cui potevano aggrapparsi entrambi.

Quelle notti blu.

Ora, Manuel è un uomo solo. Vive in un appartamento disordinato, fa un lavoro che gli sporca i vestiti, talvolta esce con i pochi amici che ha e talvolta resta a casa a fissare il soffitto dal basso. A volte si perde nelle crepe del cemento. Altre nella ruggine della ringhiera del suo balcone, altre ancora nei contorni del paesaggio fornito dal suo balcone.

Da quando Simone non ha ascoltato la sua supplica, Manuel vive una vita di amarezza. Persino i suoi sogni sono inquinati, contaminati da quel che poteva essere, dalla felicità dell'uomo che amerà sempre nutrita ormai da un altro uomo.
Si alza in maniera meccanica, va a lavoro, torna, mangia e dorme. È intrappolato in un loop infinito, senza via d'uscita, senza un buco a cui aggrapparsi per uscire.

Lui, la mera realtà e i suoi sogni impolverati.

Sbuffa quando la sveglia suona di nuovo. L'ha ritardata già tre volte, perché quella mattina proprio non gli va. Perciò, allunga il braccio controvoglia, pronto a spegnerla per l'ennesima volta.

Eccetto che, stavolta, si rende conto che non è la sveglia a suonare.

È il campanello.

Stranito da quel rumore petulante, Manuel strizza gli occhi. Li apre lentamente, infastidito dal trillo che striscia tra i suoi pensieri poco nitidi, e aggrotta le sopracciglia rendendosi conto che sono solo le otto del mattino.

Chi diavolo può essere a quest'ora?

Con uno sforzo immane si tira su. Il campanello continua a suonare indisturbato, e gli fa venire voglia di mettersi a urlare. Fatica a mettersi in piedi, sbadiglia un paio di volte, si trascina verso l'armadio per cambiarsi ed indossare una tuta calda e decente.

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