Nella casa di riposo

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Rosie aveva da poco trovato lavoro alla casa di riposo. Non era un’infermiera qualificata, ma il direttore dell’istituto le aveva fatto un favore, visto che conosceva suo padre, e aveva deciso di assumerla ugualmente. Non poteva però metterla a star dietro agli anziani, e pertanto le aveva proposto di lavorare in cucina.

Il lavoro era duro e pesante, ma Rosie ne era contenta. Spesso si trovava da sola a preparare i piatti o a ripulire, e a volte doveva rimanere fino a tarda sera per rimettere tutto a posto, ma la paga era buona e la ragazza aveva assolutamente bisogno di un lavoro.

Senza Jessica

Una sera aveva fatto particolarmente tardi, perché l’altra ragazza che ogni pomeriggio veniva a darle una mano – Jessica – era malata e quindi era rimasta da sola a lavare tutti i piatti. Era quasi mezzanotte quando si trovò ad asciugare le ultime stoviglie. Stava quasi per togliersi la traversina quando sentì un rumore in corridoio.

Si affacciò sulla porta per guardare, ma non vide nulla. A quell’ora gli ospiti della casa di riposo erano già tutti a letto da un pezzo, e rimanevano solo le infermiere di guardia, ma ai piani superiori. Lì, nel sottosuolo, non c’era di solito nessuno. Eppure era sicura di sentire ancora dei passi, in lontananza.

Provò a chiedere: «C’è qualcuno?» Nessuno rispose, ma i passi si facevano via via più intensi e Rosie cominciò ad avere paura. Non sapeva neppure bene dove si trovavano gli interruttori, in quel corridoio, perché non ci passava quasi mai. «Chi è?», chiese ancora, senza risposta.

Tentò di rinchiudersi dentro alla sua cucina, ma il cuore le pulsava a mille. Anche dietro alla pesante porta continuava a sentire i passi che si avvicinavano. Alla fine si fermarono proprio davanti alla porta e il respiro di Rosie divenne affannoso. Si guardò intorno in fretta e l’occhio le cadde su un coltello. Lo prese e si rintanò in un angolo.Forse quella paura era assurda, esagerata, però Rosie continuava a pensare che lì giù nessuno l’avrebbe sentita urlare. La porta si aprì assai lentamente, cigolando. Rosie ansimava e il coltello le tremolava pericolosamente in mano. Nella fretta aveva fatto l’errore di mettersi nell’angolo cieco della stanza, quindi non vedeva, con la porta spalancata, chi ci fosse sulla soglia.

Avrebbe dovuto di nuovo chiedere chi era? O avrebbe dovuto sperare che l’uomo in questione – perché, dal passo pesante, doveva di sicuro trattarsi di un uomo – pensasse che la cucina fosse vuota e se ne andasse?

Dopo un interminabile minuto “l’invasore” penetrò nella stanza, non accorgendosi di Rosie e dirigendosi invece verso il grande frigorifero. Era un vecchietto in vestaglia, apparentemente innocuo, ma dal passo ugualmente pesante, a causa di assurde scarpe nere. Rosie si sentì sollevata. Appoggiò il coltello su un bancone, senza fare rumore, e poi si rivolse all’uomo.

«Mi scusi», gli disse. Il vecchio sussultò, spaventato. Forse era anche un po’ sordo e forse era stato proprio per questo che prima non aveva risposto. Rosie si sentì molto stupida ad aver avuto così tanta paura. «Non può entrare in cucina di notte», gli disse.

Un pacchetto di Crackers

«Oh – rispose il signore –, avevo un po’ di fame. Pensavo che magari…» «Guardi, dal frigo non posso darle niente. Se vuole, però, posso darle un pacchetto di crackers».

I due si sedettero al bancone della cucina e Rosie aspettò che l’uomo mangiasse. Aveva una fame vorace, sembrava quasi che fosse a digiuno da giorni. «Non le è piaciuta la cena di stasera?», gli chiese. «Non l’ho mangiata», rispose l’uomo. «Lo vedo. Però farebbe bene a mangiare quello che le passano le infermiere. Le fa bene».

Una volta finiti i crackers il signore si alzò lentamente e si scrollò di dosso le briciole. «Vuole che la accompagni alla sua stanza?», chiese Rosie. «No, non c’è bisogno. Non stasera. Magari domani sera». «Domani sera?», chiese lei, stupita.

«Sì, domani tornerò di nuovo a mangiare un po’ qui. Spero di trovarla. È stata gentile. E così domani sera posso portarla a vedere dove dormo. Oggi è ancora presto, ma domani…». Il discorso le sembrò un po’ assurdo, ma era tardi e Rosie non aveva voglia di discutere: «Ok, allora a domani, signor…?» «Oscar. Oscar Case».

Il giorno dopo

L’uomo se ne andò lentamente. Rosie spense le luci, si mise il cappotto e scappò a casa. Il giorno dopo tornò al lavoro, quasi dimenticandosi di Oscar. Jessica era ancora malata, così a darle una mano in cucina arrivò un’infermiera, Carla, che lavorava lì da molti anni.

Il lavoro era comunque tanto e Carla doveva tornare al piano, quindi Rosie avrebbe di nuovo fatto tardi. «Finirà – disse parlando a voce alta – che pure stasera riceverò la visita di Oscar». «Di chi?», chiese Carla sulla soglia, mentre la salutava dirigendosi verso il piano.

«Oscar Case, un signore che è passato qui a mangiare un pacchetto di crackers». «Ah, il vecchio Oscar. Poveretto, che peccato…» «Poveretto?», chiese Rosie incuriosita. «Sì, quello che gli è successo…» «Cosa gli è successo? Non ne so nulla».

«Ah, scusa, credevo lo sapessi – commentò Carla, quasi rassegnata, mentre si incamminava lungo il corridoio e spegneva le luci –. Due settimane fa si è tagliato la gola con una lametta da barba. Pensa: l’hanno trovato in vestaglia e con le scarpe eleganti, nere, in un mare di sangue. Pace all’anima sua».Rosie rimase immobile, come paralizzata, mentre Carla percorreva gli ultimi metri che la portavano alle scale per salire ai piani superiori. Si ridestò solo quando, all’improvviso, cominciò a sentire nel corridoio, alle sue spalle, dei passi, in tutto simili a quelli della sera precedente.

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