La Scommessa

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«Hai capito cosa ho detto, Giorgio?»
«Come? Ah, si certo». In realtà non aveva capito un bel niente e Carlo lo aveva capito. Notò gli occhi di suo fratello balzare dal passato al presente. Non disse nulla, anche se la sua faccia quasi si infastidì per mezzo secondo. Odiava quando facevano finta di ascoltarlo, soprattutto quando lo faceva Giorgio, ma per quella sera se lo fece andar bene. Non ricordava neanche a che ora fossero entrati in quel bar, ma non avevano bevuto molto, anzi in realtà erano entrambi ancora alla prima birra.
Il posto era ormai vuoto. Erano gli unici appoggiati a quel freddo bancone e probabilmente a momenti il proprietario li avrebbe cacciati. Guardavano una partita dei Lakers. A Carlo faceva sempre strano quando capitava di vedere partite di Basket. Era in solito, non era abituato. Ma per il semplice fatto che in Italia lo sport principale è il calcio. Tutti questi discorsi, però, non gli interessavano. Odiava il silenzio e cercava di sopprimerlo con i suoi pensieri. Ed era meglio pensare, piuttosto che guardare una partita di Basket.
Guardò suo fratello inespressivo, come al solito, che fissava lo schermo in maniera cosi ferma da sembrare che non lo stesse facendo.
Intanto, Stephen Curry, aveva appena sbagliato un tiro da tre che era costato lo svantaggio di quel secondo tempo. Giorgio fece un suono di disapprovazione e subito dopo il secondo tempo era finito. Sorseggiò un po' di birra per levarsi l'amaro in bocca.
«Secondo te perché l'ha fatto?» chiese Carlo.
«Perché non ha avuto coraggio. Scelta mediocre.». La risposta di Giorgio non aspettò a farsi mancare e, anche se non era la risposta che desiderava, Carlo controbatté subito.
«Cosa? Stiamo parlando di Stephen Curry!»
«Che c'è, adesso siamo allenatori di Basket?» Quella domanda, un po' provocatoria, fu accompagnata da una sguardo giudicante nei confronti di Carlo.
«No, ma tutti sanno che Curry è uno dei migliori tiratori di sempre ... almeno cosi dice internet».
Giorgio rise, in maniera sempre un po' robotica e fredda, caratteristiche che lo contraddistinguevano. A Carlo bastò quello per dare un po' di speranza ai suoi occhi, anche se effimera e momentanea.
Con la birra che era appena scesa dalla sua gola, Giorgio aggiunse: «No, davvero. Poteva provare a superare l'uomo e andare più semplicemente a canestro, ma ha deciso di fare la mossa più sicura e scontata per lui».
«Che c'è di male? comunque ci ha provato».
«C'è di male che ha sbagliato».
«Be', però lui è bravo in quello».
«Un bravo giocatore si vede dalla scelta giusta». Giorgio si stiracchiò su quello sgabello e con la voce un po' tirata dalla stanchezza aggiunse : «Quella non lo era».
«Ma perche? Non è neanche detto che avrebbe segnato». Non se ne accorse, ma Carlo sembrò molto un fanatico di basket in quel momento.
«Nah, avrebbe segnato»
«Da quando sei cosi ottimista nella vita, tu?» ridacchiava nel mentre, ma durò poco perché si accorse che la sua birra era finita.
Giorgio sorrise, porse la sua birra al fratello dicendo: «Da quando tu sei cosi pessimista nella vita, invece?»
Carlo fece cenno con la mano per rifiutare la birra, mentre sorrideva e giocava un po' con la sua bottiglia. La manteneva tra pollice e medio e in maniera molto delicata la faceva muovere avanti e indietro. Poi ci fu silenzio fra i due.
«Sai, tutto questo mi fa pensare» disse Carlo.
La partita intanto era ricominciata.
Giorgio sbuffò, perché già sapeva dove sarebbe andato apparare. Ma non disse nulla e fece continuare il fratello.
«Quando da più piccoli litigavamo per via dell'altezza. Sei sempre stato più grande solo di età. Era bello prenderti in giro per questo».
«Era bello anche vederti piangere, dopo che avevi preso un bello pugno da me».
«Poi arrivava Papà e urlava ... » continuo poi Giorgio «"Smettetela voi due marmocchi! Tu sei alto e tu sei forte, ma io sono entrambe le cose! Correte nelle vostre stanze se non volete piangere entrambi!"».
Quell'imitazione improvvisa fece scoppiare in un boato di risate Carlo. Stava quasi per piangere. Si piegò con la schiena in avanti, il suo naso si schiacciò sul bancone come tentativo di interrompere la sua risata. Giorgio lo guardava incredulo, ma era anche contento.
«Non cambi mai».
«Dio mio, non credevo che dopo tanto tempo l'avresti fatta uguale». Mentre si asciugava le lacrime. Il problema fu che non si fermarono, anzi, aumentarono.
Finì per coprirsi gli occhi con i pugni stretti, proprio come faceva da ragazzino.
«Perché lo ha fatto,eh? Perche si è ucciso?» il suo volto si stava man mano colorando di rosso.
Giorgio, con fare rammaricato, appoggiò una mano sulla spalla del fratello e cercò di infondergli calore.
«Te l'ho detto. Perché non ha avuto il coraggio».
Anche gli occhi di Giorgio divennero un po' rossi. Mentre accarezzava il fratello, avvinghiò la sua bottiglia di birra e sfogò in essa tutta la sua frustrazione.
Rimasero cosi per un bel po'. Era passata un'intera giornata dal funerale del loro padre, ma solo adesso sembravano in lutto.
Il proprietario non ebbe il coraggio di dirgli qualcosa, fece finta di niente e si mise a pulire la parte più distante del bancone.
Passò del tempo e i due sembravano stare meglio. Il proprietario e altri dipendenti avevano quasi finito di sistemare le sedie sui tavolini. Rimase accesa solo la televisione e qualche luce. Loro erano ancora lì dentro a guardare l'ultimo tempo dei Lakers. Erano sotto di nove punti e avevano ripreso a giocare bene. Carlo decise di interrompere quel magico silenzio che si era creato con una scommessa.

«Io dico che i Lakers vincono grazie ad un canestro da tre di Stephen Curry» guardò il fratello con occhi di sfida. Giorgio lo guardò, sembrava un po' titubante.
«Che c'è, hai paura?» disse Carlo con un sorriso smargiasso.
«I Lakers vincono e Curry segna due punti nell'ultimo minuto».
«Mh, vediamo».
Ma la sicurezza di Carlo non bastò. I Lakers recuperarono e proprio nell'ultimo minuto, Curry entrò nell'aria e con un terzo tempo fece i due punti della vittoria.
Carlo fece finta diniente, ma in realtà dentro stava morendo. Odiava perdere.
«Quindi? Cosa ho vinto?»
«Assolutamente niente! Non è possibile che sia finita esattamente cosi!»
Giorgio sospirò. Era esasperato dall'idiozia del fratello, ma senti che gliservì. Insieme a quel sospiro andò via anche molta tensione.Appoggiò la mano sulla spalla del fratello e disse:
«Perché questa è una replica, fratello».

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