Erano circa le tre di notte, no non è vero, aveva perso completamente la cognizione del tempo nella sua stanzetta, sotto le coperte, mentre guardava il soffitto e pensava di dover essere felice, di essere molto più fortunata di altre persone e quindi di dover smettere di piangere per essere felice.
In realtà non guardava il soffitto, stava guardando le stelline fluorescenti attaccate al soffitto, quelle che si mettono quando i bambini hanno paura del buio per farli sentire meno soli, per rassicurarli.
Aveva litigato con la madre per tenere quelle stelline attaccate al soffitto, perché lei aveva veramente bisogno di sentirsi meno sola, ma a sua madre questo non lo poteva dire.
Tutto taceva, tutti nel palazzo dormivano. Alessandra no, lei stava sveglia e pensava con le lacrime agli occhi, in assoluto silenzio.
Che poi che nome era Alessandra? Aveva fatto una ricerca per la scuola una volta, aveva scoperto che significaca protettrice di uomini.
Si ma chi avrebbe salvato lei? Quella ragazzina di 16 anni, un po' goffa, timida, ordinaria.Era così che si definiva, era il primo aggettivo che le veniva in mente quando si guardava allo specchio. Aveva i capelli un po' crespi tinti di rosso, per coprire un ordinario biondo cenere, lunghi fino alle spalle, un naso che non le piaceva proprio, le labbra abbastanza piene di cui amava osservare i movimenti .
Poi c'erano i suoi occhi, che sarebbero rimasti sempre un punto di domanda per lei.
Non ne aveva mai capito il colore, nessuno l'aveva mai capito per lei. C'era stato un periodo in cui passava le ore davanti allo specchio a guardarsi gli occhi per capirne la tonalità. Dopo un po' si era arresa.Probabilmente nessuno aveva mai capito il colore dei suoi occhi perché non era mai importato a nessuno. Su, siamo realisti, a chi importa conoscere il colore degli occhi di una ragazza ordinaria? A nessuno.
E come con gli occhi era anche con i suoi sentimenti, con i suoi pensieri. D'altra parte non aveva mai avuto qualcuno con cui parlarne.
Di amici ne aveva certo, almeno 15, ma non quel tipo di amici, solo amici con cui poter scherzare e divertirsi.A volte capitava che si divertisse, era raro ma capitava. Alla fine voleva bene ai suoi amici, gli voleva un mondo di bene, solo che aveva bisogno di esprimere le sue emozioni parlando con una persona diversa da sé stessa, non fissando quelle stelline fluorescenti sul soffitto.
Era così che Alessandra aveva passato quella notte ed era così che ne passava almeno tre a settimana. Quando poi suonava la sveglia scattava in piedi e correva in bagno, per cercare di correggere i segni di quelle notti insonni dalla sua faccia.
Era brava in questo, ormai ci aveva fatto l'abitudine, non bravissima, ma brava abbastanza da non far notare niente ai suoi amici, che di certo non prestavano troppa attenzione a scrutarle il viso.
Si vestiva sempre con vestiti troppo grandi per la sua corporatura minuta. Infatti non aveva molte forme, in verità non ne aveva quasi nessuna ma le andava bene così, perché questa caratteristica rientrava nel suo ragionamento malato per non attirare l'attenzione.
Era fermamente convinta di non voler stare al centro dell'attenzione, pensava che si sarebbe trovata a disagio. Non aveva ancora capito di star solamente mentendo a sé sessa, perché nel profondo del cuore desiderava ardentenente di poter essere considerata da qualcuno.
Perché neanche i suoi amici la consideravano tanto, faceva più da sfondo per quelle persone nel suo gruppetto che erano semplicemente più belle, più intelligenti, più simpatiche, più divertenti o più capaci ad attirare le attenzioni degli altri.
Con queste convinzioni ogni giorno usciva di casa, rigorosamente con le cuffiette nelle orecchie e con il suo amatissimo zaino nero pieno di disegni e scritte, e prendeva l'autobus.
C'era una cosa che però stonava in quella ordinaria monotonia che caratterizzava le sue giornate ormai da quasi 2 anni. Quel giorno, mentre stava schiacciata tra due persone non proprio profumate in quell'autobus veramente troppo affollato la cosa veramente strana era che stesse ascoltando canzoni che non le piacevano.Non lo faceva mai, la musica era sacra, doveva essere perfettamente sintonizzata con i suoi sentimenti, ma quel giorno aveva pensato che magari ascoltare canzoni allegre l'avrebbe resa allegra.
Era così che iniziava il giorno del suo sedicesimo compleanno, schiacciata come una sardina in un pullman che di gradevole aveva veramente poco con della musica che non le piaceva trasmessa dagli auricolari alle sue orecchie.
STAI LEGGENDO
his eyes || michael clifford
Fanfictionera solo un'altra adolescente in preda agli ormoni che non credeva alle fiabe, solo un altro numero in quella lista infinita di ragazzi che non sanno di poter essere felici