«ieri ho fatto un sogno e c'eri dentro anche te» "charles leclerc"

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Charles si stava rigirando nel letto da almeno mezz'ora e ogni singola volta che si guardava di fianco era deluso di non trovarsi lei, ma solo un materasso vuoto.

L'aveva sognata quella notte e voleva riaddormentarsi per provare a sognarla nuovamente. Invano ovviamente.

«dai Charles, forse è meglio fare qualcosa di più produttivo» anche se non sapeva cosa si potesse fare di produttivo alle 5:30 del mattino durante il summer break. Non doveva pensare alle corse, anzi Andrea gli aveva detto di rilassarsi (senza perdere di vista che neanche un mese dopo sarebbero tornati in pista).

Andò in cucina e si preparò un caffè, prendendo poi fuori dalla credenza delle fette biscottate e della marmellata di fragole.

Poi però tirò fuori anche un quaderno, che era stato l'ultimo regalo che gli era stato fatto da Lucrezia, poco più di otto mesi prima quando stava per iniziare quella che era stata etichettata da Daniel Ricciardo "la settimana degli orrori" che si concluse con il Gran Premio di Abu Dhabi, ma anche con la rottura tra Charles e la Tadini.

Era un bullet journal, che fungeva anche da una specie di diario di bordo per il pilota Ferrari. A Charles piaceva compilarlo ogni mattina quando faceva colazione, guardando ancora le foto di quei due anni di relazione.

«ma che cazzo ho fatto» mormorò, mentre gli scese una lacrima.

"No, Charles, non devi piangerti addosso. Devi almeno provarci. Può perdonarti" pensò Leclerc. Ma voi perdonereste mai un tradimento, anche se convinte che il vostro fidanzato fosse completamente sbronzo? "No, non può perdonarti" pensò lui due secondi dopo.

Poi una chiamata lo svegliarono dai suoi pensieri. «George, che c'è?» «La trovo piuttosto calmo e assolutamente non agitato, signorino Leclerc. Ti chiedevo se volessi uscire con Lando, Max, Pierre e Alex, ma a sto punto ti lascio» «no no no, ci sono, ci sono» dall'altra parte della chiamata ci fu una risata da parte dell'inglese.

«tra una mezz'oretta vicino alla linea di partenza del GP» «Un po' più preciso George?» «Amico, non sono di Monaco, chiama qualcuno che sa darti altre indicazioni» Charles rise e salutò il suo amico.

Poi si guardò allo specchio. Aveva due occhiaie che facevano veramente paura e, usando uno dei trucchi che Lucrezia si era scordata a casa sua, che, se aveva capito bene, si chiamava correttore, cercò di coprire quelle due macchie violacee sotto gli occhi. E ottenne un risultato ottimo, data la sua scarsità nell'utilizzo del make up.

Si mise la prima maglietta e il primo pantalone che sembravano andare bene insieme. Non aveva molta voglia di vestirsi di tutto punto, tanto i suoi amici l'avevano visto anche in modo molto peggiore. Si mise poi delle scarpe da ginnastica.

Con i suoi capelli non sapeva proprio cosa inventarsi, così prese la prima bandana che pensava stesse bene con maglia e pantaloni e la legò, facendo un po' credere agli altri che i capelli messi in quel modo erano voluti. O almeno lui sperava che gli altri gli credessero.

Prese portafogli, telefono e occhiali (non da sole, normali) e uscì. Non prese la macchina, tanto era abbastanza vicino al posto dove sperava di trovare i suoi compagni.

«Ciao Charles» l'unico che trovò era il neo (anche se non più così tanto nuovo) pilota Mercedes. «Ciao George» George, come aveva capito in questi tre anni e mezzo di vera amicizia, capiva sempre se un membro del loro gruppo era giù. Charles infatti cercò di non far trasparire nessuna emozione negativa. Russell però continuava a guardarlo come per chiedere se ci fosse qualcosa che non andasse. Poi lo chiese veramente.

«Charles, qualcosa non va?» Secondo lui questa sua caratteristica l'aveva ereditata da Lewis, anche lui quando sentiva delle vibes negative, provava sempre ad aggiustare le cose. Ed è così che l'inglese che aveva davanti stava provando ad agire.

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