Prologo

661 26 9
                                    

«Mamma! Papà! No! Lasciatemi!» la bambina di nove anni gridava disperata, mentre degli uomini vestiti di bianco la portavano via dai suoi genitori.
«No! Ridatemi la mia bambina!» la donna stava per reagire, ma venne elettrizzata con un taser e svenne.
Lo stesso trattamento fu riservato al padre della bimba.
«Se aveste collaborato, non ve l'avremmo mai portata via.» disse un uomo dai capelli brizzolati.
«Bastardo, ridammi mia figlia.» sussurrò l'uomo prima di cadere a terra svenuto.
«Andiamo.»
«No! Mamma! Papà! Vi prego, lasciatemi!» la bambina fu sedata immediatamente.

Si risvegliò nel vano di un furgone, con accanto due agenti della polizia militare e l'uomo dai capelli brizzolati.
«Ciao, piccola. Ti stiamo portando in un luogo sicuro. Io mi chiamo Martin Brenner e sono un dottore.»
«Mamma, papà... dove sono i miei genitori?»
«Loro sono lontani ora, ma stanno bene, te lo assicuro.»
«No... no! Lasciatemi!» la bambina iniziò ad urlare.
«Shh, shh, tranquilla. Andrà tutto bene.» Brenner la prese in braccio e uno dei due militari le fece un'iniezione nel braccio e la sedò nuovamente.
La moretta si addormentò lentamente.

Quando si svegliò si trovò in una stanza asettica, con solo un letto e una scrivania entrambi in metallo lucente. Le pareti erano rivestite da piastrelle bianche ed erano completamente vuote e anche un po' tristi.
Non indossava più i suoi vestiti colorati, ma un semplice camice bianco e a terra c'erano delle specie di scarpette dello stesso colore.
"Sono in ospedale?" si chiese.
«Finalmente sei sveglia. Ti va di seguirmi?» le chiese Martin Brenner.
La bimba scosse il capo in senso di diniego.
«Dai, ti faccio vedere un bel posto. Ieri non sono riuscito a fartelo vedere dato che dormivi.» le tese la mano, che lei, alla fine, afferrò.
"Quindi è passata già una notte..." pensò la piccola.
Percorsero un lungo corridoio bianco e piastrellato, come la stanza dove si era risvegliata la bambina.
Arrivarono ad una porta di metallo grigio e Brenner la aprì.
Sui muri era dipinto un arcobaleno, ma per il resto erano candidi, come quasi tutto lì dentro.
La stanza era piena di giochi: un labirinto con delle palline metalliche, un tabellone con dei dischetti di legno rossi, dei blocchi di legno anch'essi rossi, una scacchiera e una cesta bianca piena di altri giocattoli.
C'erano anche dei tavoli con barattoli pieni di matite colorate e pastelli per disegnare.
«Questa è la Stanza Arcobaleno, qui passerai molto tempo in sua compagnia.» Brenner fece un cenno a indicare dietro di sé.
La bambina si girò e vide un ragazzino poco più grande di lei, aveva i capelli castano chiaro e gli occhi di un bell'azzurro, anche se un po' spento. Indossava una tuta grigia a maniche lunghe.
«Forza, presentatevi.»
La bimba gli si avvicinò e lo squadrò inclinando il capo.
Allungò una mano che lui strinse prontamente.
«Piacere.» non volle dirgli il suo nome, per qualche motivo non si fidava.
«Ciao. Io sono Peter.»

Luce dei miei occhi || Ax001Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora