Capitolo Sei

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«Buongiorno, bambini.» erano passate ventiquattro ore e il dottore, puntuale come un orologio svizzero, era entrato nella Stanza Arcobaleno per annunciare la lezione del giorno.
«Buongiorno, papà.» risposero i bambini in coro.
«Oggi ho in programma una cosa molto speciale per voi. Siete pronti?»
«Sì, papà.»
«Bene. Diciassette, puoi aprire la porta?» chiese gentilmente Brenner.
«Sì, papà.» disse il bambino aprendo la porta che era il doppio di lui.
«Andiamo.»
I bambini uscirono dalla stanza e seguirono il dottore, i due inservienti attesero qualche secondo prima di raggiungere il folto gruppo.
Entrarono in una stanza piastrellata di nero, la stessa del giorno prima, solo che stavolta era vuota.
Brenner prese un gessetto bianco e tracciò un cerchio.
«Oggi, faremo un gioco tutti insieme. Le regole sono piuttosto semplici: restate nel vostro cerchio. Se uscite, perdete.» tracciò un secondo cerchio a qualche metro dal primo.
«L'ultima persona rimasta nel suo cerchio, potrà passare un'ora di ricreazione in più nella Stanza Arcobaleno.»
«Ora, anche se vi sfiderete gli uni contro gli altri... Due, Sei. ...non dovete approcciarvi in maniera diversa dai soliti test. Okay?» disse il dottore.
A e Peter bendarono i due ragazzini.
«Questo è molto importante.» continuò Brenner. «Se permettete alla rabbia o alle emozioni di invadervi i pensieri, fallirete. È garantito. Chiaro?»
«Sì, papà.»
«Bene.»
Due si sgranchì gambe e braccia.
Sei distese il braccio destro davanti a sé, ma in men che non si dica fu scaraventato contro il muro.
«Molto bene, Due. Sei, per favore, siediti vicino alla porta.» Il ragazzino eseguì.
Poi fu il turno di Cinque, Quattro, Tre, Tredici, Dieci, Quattordici, Dodici, Sedici, Diciotto, Diciassette, Quindici, Nove e Sette, che fecero tutti la stessa fine di Sei, lanciati contro il muro con molta forza.
«Undici.»
La bambina si fece avanti, dopo aver preso un lungo respiro.
«Buona fortuna.» le sussurrò Peter all'orecchio.
A sperò davvero che Undici potesse farcela, ma Due era davvero potente.
«Iniziate.»
I due ragazzini obbedirono e si concentrarono per buttare fuori dal cerchio l'un l'altro.
Per un momento sembrò Due ad avere la meglio, ma in un capovolgimento della situazione fu Undici a sconfiggere il fratello e scaraventarlo addosso al muro con una rabbia e una forza inaudite, facendo anche crepare il vetro.
Peter gongolò contento, mentre A storse il naso: non le piaceva quando un suo consiglio veniva ignorato e lei sapeva che la piccola Undici aveva appena messo in pratica il consiglio di Peter e non il suo.
«Bene, bene, abbiamo una nuova vincitrice.» sorrise Brenner.
Mentre uscivano A afferrò il polso di Peter.
«Sei matto? La rabbia è un potenziamento dei nostri poteri. Undici poteva farsi male.» sussurrò a denti stretti.
«Ma non è successo, quindi non bisogna allarmarsi. Devi stare tranquilla, perché sarà grazie a quella bambina che potremo essere nuovamente liberi e trovare i tuoi genitori.»
«Me lo prometti, Peter?»
«Te lo giuro sulla mia vita, A.» le posò un bacio sulla guancia senza farsi vedere; lei arrossì lievemente: le piacevano quelle attenzioni.
Tutti rientrarono nelle proprie stanze, eccetto Undici che aveva diritto ad un'ora di ricreazione in più e i due inservienti, che vennero richiamati da Brenner.
Undici giocava con il suo gioco preferito tranquillamente, fino a quando non sentì delle urla.
Incuriosita, uscì dalla Stanza Arcobaleno. Camminò in direzione delle urla, poco lontane da lei.
«Vi supplico...»
«No, dottore! La prego, li faccia smettere!» queste urla erano sicuramente di una ragazza. La bambina vide due inservienti usare un taser sul ragazzo biondo, mentre altri due obbligavano la ragazza mora a guardare le torture inflitte al suo compagno di prigionia.
«Basta!» La ragazza urlava e piangeva
Undici rischiò d'essere scoperta e così corse di nuovo nella Stanza.
Qui incontrò alcuni dei suoi fratelli, che si vendicarono di lei divertendosi a spostarla da una parte all'altra e che poi la lanciarono contro il muro, provocandole un trauma alla testa.
Quando A lo seppe, corse in infermeria dalla bambina.
«Tesoro, stai bene?» le chiese chinandosi alla sua altezza.
«Sì, sto bene.»
«Chi è stato?»
«A fare che?»
«A farti del male. Chi è stato?»
«Nessuno.»
«Undici, di' la verità.»
«Non sto mentendo.»
«Va bene, come dici tu, piccola.» le fece una carezza delicatissima sulla testa. Quella bambina era sicuramente molto testarda.

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