Il trentuno marzo

799 28 3
                                    


Era una caldissima giornata di inizio settembre, il sole picchiava forte sulla testa di Simone, stava seduto sull'erba con le gambe incrociate, fissava quella scritta incisa sulla pietra "Jacopo Balestra 2005/2008", accanto ad essa c'era un pupazzo a forma di elefantino azzurro, sporco e annerito con il passare del tempo. C'erano solo loro, Simone, Jacopo e il cinguettio degli uccellini, nessuno osava avvicinarsi al cimitero in quelle calde giornate di mezzogiorno. Simone sapeva di non trovare anima viva a quell'ora, preferiva stare da solo, nella tranquillità più assoluta. Per tutta l'estate era andato lì ogni giorno per fare visita al fratello, gli parlava della sua vita, di quello che accadeva quotidianamente, si sfogava davanti ad una lapide e ad un peluche stropicciato. L'ultimo periodo di scuola era stato molto intenso per lui, dopo l'incidente era riuscito a risolvere alcune cose, aveva fatto pace con Pin e lo aveva addirittura fatto fidanzare con Laura, aveva accettato di essere gay e non si odiava più per questo e stava risanando il suo rapporto con Dante. Nonostante le cose dopo l'incidente fossero migliorate, non si può sistemare tutto nel giro di così poco, Simone non si sentiva ancora bene, aveva deciso di far finta che con Manuel non fosse successo nulla, di continuare a essergli amico dimenticandosi di quel trentuno marzo, quando Manuel gli aveva urlato addosso di non provare niente per lui, quando gli aveva aperto il suo cuore cercando di tirarlo fuori dai guai con Sbarra e aveva ricevuto solo pugnalate. Manuel non si era scusato nel vero senso della parola, gli era stato accanto in ospedale e lo aveva accompagnato per la prima volta davanti alla tomba di Jacopo, si era mostrato disponibile e premuroso nei confronti di Simone e questo come scusa bastava, si comportava da buon amico, voleva vederlo spesso e gli raccontava tutto. Simone, però, non aveva ancora superato il "Tu per me manco esisti!" dell'ultimo giorno di marzo, non riusciva ad affossare i sentimenti che provava per Manuel, non era solo una cotta adolescenziale, il suo era amore sincero, avrebbe bruciato mille biblioteche per salvarlo e in cuor suo sapeva che, anche se Manuel stava cercando di farsi perdonare, ciò che aveva detto quel fantomatico giorno era vero, forse poteva volergli bene come amico ma non lo avrebbe mai amato, non lo avrebbe mai guardato con gli occhi di un innamorato come faceva Simone per lui. Questo pensiero gli lacerava il cuore ogni volta che gli veniva in mente, ogni volta che sentiva la sua voce o lo vedeva, per questo motivo aveva passato l'estate ad evitare gli inviti di Manuel, restava a casa tutte le sere, voleva passare del tempo con Dante che dopo l'incidente era improvvisamente diventato un padre apprensivo, ansioso e preoccupato, lo controllava costantemente, lo coccolava e a tratti sembrava quasi stressante. Non voleva uscire principalmente anche perchè farlo non significava soltanto vedere Manuel ma anche Pin e Laura, Monica e Giulio, Aureliano e la sua nuova ragazza, Angelo e Luna, Manuel che tentava di riconquistare Chicca sempre più innamorata di Matteo e che rimorchiava sempre nuove ragazze per farla ingelosire. In tutto questo teatrino Simone si ritrovava da solo con dei sentimenti troppo forti e troppo difficili da reprimere e che non venivano ricambiati, un amore a senso unico, come un raggio di sole che riflette su un pezzo di vetro, torna indietro e gli brucia il cuore. Aveva dato un titolo alla sua estate "L'estate della redenzione", in quei tre mesi era stato un ragazzo tranquillo, obbediente, stava sempre in casa a studiare e non chiudeva mai la porta in faccia al padre o alla nonna mentre tutti i suoi amici erano fuori a bere e divertirsi. Passare un'estate del genere gli sembrava un modo per redimersi da ciò che aveva fatto a Dante tentando di suicidarsi e odiandolo per anni senza sapere il vero motivo della sua assenza e da ciò che aveva fatto a Pin, pensava che scontare questa piccola pena e passare un periodo di calma piatta lo avrebbe aiutato a guarire le sue ferite ma non ci riusciva, isolarsi dal resto del mondo non gli toglieva dalla testa Manuel. Chiunque, al suo posto, avrebbe odiato Manuel a morte senza più perdonarlo ma non Simone, lui lo amava troppo per farselo cadere dal cuore, provava solo rabbia, una rabbia soffocata dall'amore, avrebbe voluto chiedergli "Perchè mi hai fatto questo?", lo aveva fatto innamorare perdutamente, gli aveva fatto credere di avere delle speranze, di essere ricambiato a tal punto da spingerlo a compiere diverse azioni folli e irrazionali solo per lui e dopo che si era incasinato la vita solo per essere finalmente amato lo aveva respinto, lo aveva gettato nel baratro spezzandogli il cuore, spegnendo quel barlume di felicità che lui stesso aveva acceso la notte del suo compleanno, in quel cantiere buio, mentre dolcemente entrava dentro il suo corpo e dentro la sua anima prendendola e gettandola al vento il giorno dopo. Adesso Simone era distrutto, era triste e spento da mesi ormai, da quel maledetto trentuno marzo e non faceva altro che ripetersi quella domanda nella testa "Perchè a me, Manuel? Perchè mi hai fatto questo?" Raccontava tutto questo alla tomba di Jacopo cercando di credere con tutte le sue forze che suo fratello gemello potesse ascoltarlo, si consolava pensando che forse se era l'unico ad essere rimasto da solo era perchè la sua metà era volata in cielo e adesso si trovava proprio davanti alla sua lapide. "Se ti stai chiedendo perchè oggi sono più melodrammatico del solito, fratello mio, è perchè domani ritornerò a scuola, sarò costretto a rivederlo ogni singolo giorno e non credo di essere pronto, non sono pronto ad affrontare tutta la solitudine da cui verrò circondato da domani." Si asciugò la fronte bagnata da microscopiche goccioline di sudore e si alzò, diede un ultimo sguardo alla tomba e si allontanò.

La luce dopo il tunnel Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora