Capitolo IX

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<< Dichiaro aperto il dibattimento.>> la voce del giudice risuonava nella mia mente. Eravamo finalmente al terzo grado di giudizio.

Tutta la sicurezza e la tranquillità che provavo il giorno prima era scomparsa, per quanto tutti cercassero di rassicurarmi, compreso il mio avvocato, non facevo che pensare al fatto che ero lì perché avevo ucciso un uomo. Mio padre. Ringraziai Dio per aver permesso ai miei occhi di non vedere gli sguardi di chi avevo intorno. Erano tutti lì, le mie amiche, Luca, Daniel ... Jess. Sicuramente aveva chiesto a mia madre il giorno della sentenza definitiva. Nonostante Luca iniziasse a diventare una costante importante della mia vita, ero felice che ci fosse anche Jess. Dopotutto questo percorso è iniziato con lui e mi sembra giusto finirlo nello stesso modo. Aveva visto le mie lacrime di disperazione, oggi spero veda lacrime di felicità. Il tempo sembrava non passare mai, mi ero addirittura persa nei miei pensieri senza ascoltare ciò che veniva detto.

<< Grazie avvocato. Mi ritiro per deliberare.>> mentre il giudice decideva cosa sarebbe stato della mia vita, mia madre prese la mia mano e la strinse tra le sue.

<< Non ti ho mai detto grazie per avermi salvata. Per aver trovato quel coraggio che non ho mai avuto. Anche se non avrei mai voluto arrivare a questo, che lui ti distruggesse la vita anche dopo la sua morte, sono fiera di te. Fiera di come stai affrontando tutto questo, la tua cecità, i tuoi rapporti, la tua vita. Andrà bene vedrai, Dio dà alle persone forti una vita difficile solo per renderle ancora più forti, per dimostrare quanto sanno essere umili e soprattutto quanto il bene prevale sempre e comunque sul male. La mia vita è stata pessima, il mio essere madre è stato pessimo ma tutta questa storia mi ha fatto capire quanta sofferenza ti ho costretto a vivere in tutti questi anni e quanto questo ti abbia resa forte. >> appoggia una mano sulla mia guancia. << Non arrenderti come ho fatto io, combatti, comunque vada combatti, fa che sia la vita a temere te e non il contrario.>>

<< Grazie mamma. >> fu l'unica cosa che riuscii a dire. Nella mia mente ogni parola era come un urlo. Nessuno mi ha mai detto che sarebbe stato facile ma neanche che avrei temuto che fosse impossibile. Forse aveva ragione, con una vita facile, non avrei mai saputo affrontare tutto questo, allo stesso tempo però, penso che con una vita facile, non avrei mai ucciso mio padre.

Il giudice rientrò in aula. Era arrivato il momento. La sentenza.

<< In nome del Popoli Italiano, questa corte, dichiara l'imputata Sofia Costa, non colpevole, in quanto il fatto non può costituire reato.>>

Non so dire quante lacrime invasero il mio volto, né quante persone si strinsero intorno a me. So solo che ero Innocente. Ero stata assolta, era stata riconosciuta la legittima difesa. Ero libera.

Usciti dal tribunale mia madre invitò tutti i miei amici a casa. Tutti urlavano di gioia, mia madre più di tutti voleva festeggiare la mia libertà. Arrivò anche mia zia con la sua famiglia, entusiasta che mio padre non avesse avuto la meglio anche da morto.

Quando arrivò la sera, mia zia portò pizza per tutti e ringraziai quelle poche persone per essermi state accanto in questi difficili anni. Uscii sul terrazzo per respirare un po' d'aria fresca, ormai era arrivato l'autunno ed io amavo le mezze stagioni, i primi freddi o i primi caldi, amavo sedermi sull'altalena sul terrazzo e godermi il fresco della sera. Tutti dentro facevano casino e mentre ascoltavo le loro voci qualcuno si sedette accanto a me.

<< Anche l'ultima cosa che ci legava è finita.>> era Jess. Dal suo tono di voce sembrava sinceramente sollevato. Era felice per me.

<< Sono felice che tu sia venuto.>> ero sincera.  Nonostante il nostro rapporto fosse cambiato, sapevo che lui era lì nei mesi peggiori e volevo fosse lì anche in quelli migliori.

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