Scuola. Quell'odioso edificio privo di espressione si presenta ancora davanti a me. Che noia, rivederlo ogni anno mi crea più ansia di quella che possiedo già di mio. E' qui che ho più paura. La gente che mi circonda non sa fare altro che giudicare tutto e tutti senza alcuna pietà, e senza alcuna conoscenza, rimanendo nella loro "beata" ignoranza. Ringrazio gli dei che la mia scuola non utilizzi la divisa, perché così ho la possibilità di nascondermi.
Mi ritrovo davanti all'imponente cancello nero che apre la via a una breve stradicciola di ghiaia presente nel cortile. Gli studenti entrano pigri, tranne alcuni che preferiscono aspettare o quelle tre o quattro coppiette intente a pomiciare. Come ormai mi è solito fare, abbasso ancora di più le maniche della mia felpa nera extralarge, in modo da coprirmi le mani. Poi mi camuffo sotto i cappuccio con il pelo. Ormai mia madre ha perso le speranze sul mio abbigliamento: tutto largo e tutto nero. Persino a lezione di ginnastica indosso qualcosa di coprente anche fin troppo eccessivamente. Questo però non mi importa più. L'importante è che nessuno mi noti, o perlomeno che io non scorga nessuno a farlo. Sarebbe troppo. Di per se il luogo è spesso interpretato come una prigione, e io resto convinta che l'hanno chiamata scuola solamente perché "Prigione Per Minorenni Costretti A Lavorare Gratis" suonava troppo male.
Mi aggiusto la bretella dell'Eastpack nero, dove l'unico accenno di colore è un portachiavi abbastanza grande a forma di rana, che è viola. La mia classe è la 11H. (Ho preso spunto dalle scuole russe, quindi sarebbe la terza superiore)
Appena entro nell'aula, che varia ogni anno, perdo un battito, sia per gioia che per terrore. Stavolta saremo nella classe più grande e luminosa di tutto l'edificio, tant'è vero che due pareti sono occupate interamente da finestre trovandosi sull'angolo. La lavagna nera sembra nuova, mentre accanto ad essa c'è un armadio di medie dimensioni fatto di legno chiaro. Sulle ante ci sono dei vetri che lasciano intravedere dei dizionari ben tenuti, dei libri di testo probabilmente usati e un ripiano interamente dedicato a gessi e stracci vari. Le pareti sono dipinte di bianco e il pavimento è costituito da una sorta di piastrelle blu. Sarebbe il luogo ideale per studiare, se non fosse per la mia fobia della gente, accentuata dal fatto che i banchi sono a coppie. E' vero che avremo una griglia di metallo dove potremo appoggiare provvisoriamente i libri durante le lezioni, ma l'idea di sedermi accanto a qualcuno mi terrorizza. Alla fine opto per l'ultimo posto, quello nell'angolo dell'ultima fila, l'unico non interessato dalle finestre, ance se molto luminoso. L'unica consolazione è che gli alunni di questa classe sono dispari, quindi posso sperare di potermi sedere da sola, ma ho un brutto presentimento a riguardo.
Mi siedo silenziosamente e appoggio lo zaino al muro. Intanto continuo a tirarmi la felpa in modo da coprirmi il più possibile, nonostante sia costretta a sollevare il cappuccio per non infrangere le regole. Mi accorgo che la mia pelle sembra ancora più pallida a causa del nero dei vestiti, in netto contrasto a quella degli altri ragazzi, abbronzati come io mai potrò essere... diversi da me, popolari, simpatici e con un fisico che non posso nemmeno sognarmi. Non sono grassa, ma nemmeno tanto magra. Inoltre la mia altezza è ben sotto la media, anche se qualche anno fa ero tra le più grandi sotto questo punto di vista. Quante cose cambiano nel corso degli anni. Certe abitudini però non mutano mai. Mia madre continua a dirmi di apprezzarmi, probabilmente perché si è accorta di qualche anomalia nel mio carattere. Ho imparato a memoria le sue frasi quotidiane: "Insomma, Rika-chan! Quando ti deciderai a farti notare? Dovremmo andare a fare shopping ogni tanto, per rimediare alla monotonia del tuo guardaroba...!" Ma alla fine non si fa ma niente, per fortuna. Ho paura che traumatizzerei quella povera donna se le raccontassi tutta la verità. I "marchi di guerra" contro il mondo, contro la vita. E' da un po' che segnano i miei polsi fini e pallidi, oltre alle gambe palesemente troppo corte rispetto al resto del corpo.
Finalmente tutti prendono posto, giusto in tempo per la campanella, anche se il caos non cessa. Chi urla da posti completamente opposti, chi si lancia delle occhiate timide, chi si lamenta di qualche amore non ricambiato. In breve: ce n'è per tutti i gusti.
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Watashi wa dare desu ka?
Teen FictionToojo Rika è una studentessa dell'accademia linguistica più famosa in Giappone. E' un'inguaribile asociale a causa di un burrascoso passato. Fobica di ogni socializzazione, si ritroverà a dare una chance a un nuovo compagno di classe, che le ricorda...