-2-_How are you?_

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Dopo avere consegnato il foglio scritto con la mia "bella" calligrafia, comincio a innervosirmi per il fatto di non avere nulla da fare. Sono stata la prima a terminare questo lavoro, come al solito. Un'idea mi attraversa la mente, come un lampo squarcia l'estivo cielo notturno. Mi ricordo di avere portato con me il mio fidato album da disegno. Non sono esperta nel rappresentare i soggetti, ma riesco a camuffare gli errori grazie alla mia abilità nelle sfumature. Prendo cautamente quell'insieme di foglietti leggermente giallastri, cercando di non attirare attenzioni futili e indesiderate. Inspiro a pieni polmoni l'odore di carta e carboncino, che uso abbastanza spesso. Mi metto a sfogliare gli ultimi lavori, alcuni dei quali risultano ancora incompleti. Purtroppo non ho con me il materiale, per cui decido di creare solamente un abbozzo a matita... finendo con il disegnare completamente una figura che mi affascina da molto tempo oramai. Si tratta di una ragazza dai lineamenti stupendi, con i capelli raccolti a forma di fiocco. Indossa una tunica chiara, simile a quelle greche, che si stringe in vita evidenziando delle curve sinuose. La sua particolarità è un'ispirazione che conservo già da un po' di tempo: la ragazza, che sembra avere la mia età, ha due enormi ali scure, ma diverse fra loro: la destra è un'ala angelica, mentre l'altra è demoniaca, simile a quella dei pipistrelli. Finita l'opera, mi accorgo di averci messo all'incirca mezz'ora, e, osservando il risultato, noto che metà classe sta chiacchierando allegramente con i vicini di banco. Anche Hyodou-kun ha terminato, e fissa stupito il mio disegno, senza dar peso al fatto che io me ne sia palesemente accorta.

-E' stupendo- mi dice. -Sai, sei molto più brava di me a colorare...- Sembra sovrappensiero, inoltre non penso che "colorare" sia il termine esatto per un paio di sfumature a matita.

-Grazie- sussurro appena e chiudo l'album per evitare di mostrarlo ad altri occhi indiscreti. Lo so che dovrei socializzare, ma per me è innaturale, quasi imbarazzante.

-Ehi, ti va se pranziamo assieme? O magari se vuoi ti posso accompagnare a casa se andiamo nella stessa direzione...- comincia ad attaccar bottone. Viene però interrotto da un ragazzo che siede davanti a me. Ha gli occhi verdi e indossa degli occhiali rettangolari, il naso coperto da lentiggini. Stranamente ha i capelli rossi.

-Lasciala stare, non vedi che è asociale fino al midollo?- gli consiglia schernendomi. Intanto anche altri studenti si girano nella nostra direzione. Non so perché, ma mi sento leggermente irritata nonostante l'abitudine, forse perché per la prima volta posso reagire.

-I-io non la conosco, volevo solo stringere amicizia- si spiega, per poi girarsi verso di me. -Scusa se ti ho disturbato-. Sembra molto dispiaciuto.

-Tranquillo, anzi: se ci tieni accetto ben volentieri!- dico accennando un sorriso. Un sorriso sincero, dopo tanto tempo. Lascio di stucco praticamente metà classe, che ci stava origliando senza che io me ne fossi accorta.

-L'asociale sa parlare!- schiamazza una ragazza che, per quanto posso vedere, indossa un paio di pantaloncini un po' troppo corti. La solita facile che si crede figa e popolare.

-Silenzio! Mi sono stufata: consegnate immediatamente il tema, che abbiate finito o no io lo valuterò anche in base alla lunghezza!- interviene l'insegnate "in mio aiuto".

Ed è così che continuano le altre lezioni, fino all'intervallo del pranzo. Un po' di casino di poco conto, obiettivi da raggiungere entro questo quadrimestre e, per la prima volta, anch'io seguo la lezione e intanto ascolto Andrea. Eh già, ascolto, perché ci vuole ben più di un'ora per sradicare la mia riservatezza, ma nonostante ciò cerco di prestargli attenzione.


Finalmente suona la campanella, e io prendo pigramente e con malavoglia. Per il primo giorno di scuola è la mamma a prepararmi il bento, diciamo come augurio di buona fortuna. La verità è che è più agitata lei di me all'inizio dell'anno scolastico e non riesce a dormire, per cui ha tutto il tempo libero che vuole e lo sfrutta in questo modo.

-Toojo-san! Mi faresti vedere un bel posto dove pranzare? Che ne so, sul tetto oppure...- comincia Hyodou-kun.

-Sai, di solito io non pranzo ma resto in classe, per cui dovremo cercarlo insieme-. La mia voce è sempre più flebile. Spero che questo ragazzo ci si abitui...

-Ah. D'accordo! Allora che ne dici di andare sul tetto, sempre che si possa-.

-Sì, mi sembra che ci siano delle panche appunto per questo-.

così, ci dirigiamo verso le scale. Guardo il suo bento con la coda dell'occhio e noto che ha le dimensioni del mio, solo che è rotondo ed è avvolto in un fazzoletto verde, mentre il mio pranzo è contenuto in una scatoletta di legno quadrata e legata da un fazzoletto lilla. Mia madre è convinta che un pranzo bello e preparato con tanto amore possa fare ritornare la me di un tempo. Vorrei anch'io, ma penso sia quasi impossibile.

-Eccoci! Che bella vista!- esclama il bruno. Non mi ero accorta di aver già salito quattro rampe di scale tutto d'un fiato, mentre il mio "amico" ha il fiato grosso.

Ci sediamo sulle panche che sono state palesemente verniciate di recente. Sono di legno e verniciate di rosso. Apriamo contemporaneamente il pranzo.

-Itadakimasu!- diciamo all'unisono; lui con entusiasmo e io in tono appena percettibile.

-Posso farti una domanda? Non vorrei essere invadente per cui se non vuoi rispondere posso capirlo...- Cambia tono, che adesso è serio.

-Beh, okay-.

-Perché ti chiamano tutti "asociale"? Insomma, con me ci parli e sembri anche simpatica-. Ha colpito il punto dolente, ma questa posso concedergliela.

-Perché solitamente non parlo con nessuno e tendo ad evitare ogni tipo di socializzazione. Grazie del complimento, e anche tu sembri, ehm, socievole, quindi ho deciso di darti corda per così dire. Non mi dispiace la tua compagnia finora-. No, non doveva andare così. Sto parlando troppo. La mia pelle candida si riscalda: penso di essere arrossita. Mi metto a fissare i tuna maki preparati dalla mamma, che tutto d'un tratto sembrano interessanti. Andrea sembra soddisfatto e mi lascia mangiare senza interrompermi... anche se penso che mangiare non sia il termine adatto per una che si ritiene piena dopo un paio di sushi dalle dimensioni poco più grandi di un paio di caramelle. Richiudo la scatola e dico -Gochosousama-.

-Eh?! Hai già finito?- dice il ragazzo guardandomi stupito. Io annuisco di rimando. -Ma, dove abiti? Verso la stazione oppure verso il centro commerciale?- mi domanda riferendosi alle due direzioni nelle quali si può andare uscendo da scuola.

-Ehm, vicino alla stazione, perché?-

-Anch'io! Allora che ne dici se ti accompagnassi dopo scuola?-

-D'accordo. Adesso vado a mettere via il bento. Quando finisci ti consiglio di andare a fare amicizia con gli altri se non vuoi essere già considerato uno sfigato dal primo giorno di scuola- gli suggerisco girando sui tacchi.

-Ehi, ma stai bene?- mi chiede con un'espressione preoccupata. Non so cosa rispondere. Per la prima volta qualcuno si preoccupa di me, ma ho paura che finisca come l'altra volta, quando avevo vari amici sinceri e non ero così chiusa in me stessa... poi, appena abbiamo solennemente promesso che saremmo rimasti per sempre insieme, alcuni si sono trasferiti, altri-morti.

-Sì(?)- dico, non convinta, anzi: la mia stessa affermazione sembra una domanda.

-O-okay- rimanda Andrea poco convinto. Finalmente comincio a scendere le scale, mente una lacrima minaccia di scendere lungo le gote, ma non lo fa. Come al solito gli occhi sono rossi e doloranti, mentre tutti credono che io lo faccia solo per attirare l'attenzione. E' da tanto che non piango. Ma io come sto veramente?

Watashi wa dare desu ka?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora