ii. nulla di cui preoccuparsi

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SE QUALCUNO avesse detto a Darcy Sherwind che quel pomeriggio si sarebbe ritrovata a fare una gita nel passato di suo fratello, insieme a quest'ultimo e a un tizio venuto dal futuro per cancellare il gioco del calcio, vi avrebbe riso in faccia

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SE QUALCUNO avesse detto a Darcy Sherwind che quel pomeriggio si sarebbe ritrovata a fare una gita nel passato di suo fratello, insieme a quest'ultimo e a un tizio venuto dal futuro per cancellare il gioco del calcio, vi avrebbe riso in faccia. Oh, andiamo, chi non l'avrebbe fatto?

In effetti era più o meno quella la situazione: Darcy era indecisa se piangere, urlare o mettersi a ridere.

Quando riprese coscienza di se stessa e dell'ambiente attorno a lei, si disse che doveva star dormendo. Perché non c'era spiegazione per quello che stava accadendo.

Era sicura al 99% che fino a cinque secondi prima si trovasse a Tokyo, sulla scalinata del campo al fiume, a piangere su quanto fosse sfortunata e orribile la sua vita. Più ci pensava e più si rendeva conto che alla fine non era una cosa così strana. Insomma, non lo facevano tutti gli adolescenti?

Quello che non era normale, però, era tutto il resto.

Un pallone da calcio aveva colpito in pieno stomaco Arion, che di conseguenza era caduto su di lei, che di conseguenza era precipitata dalle scale alle sue spalle, che di conseguen- ok, magari non proprio di conseguenza, ma di certo qualcosa era successa.

La prima cosa di cui si era accorta non appena si era ritrovata seduta per terra, era quanto calda fosse l'aria. E anche di quanto fosse pesante suo fratello sopra di lei.

«Se non ti alzi nei prossimi due secondi giuro che torno a casa e ti buco il pallone di Axel».

Arion protestò con un lamento di dolore, ma si tirò comunque in piedi a tempo record, allungando una mano alla ragazza che l'accettò con piacere.

I due iniziarono a guardarsi intorno, prendendo nota del posto in cui si trovavano. Sembrava una spiaggia al confine con un accenno di boscaglia, il cielo privo di nuvole e un paesaggio mozzafiato.

«Uhm, hai qualche idea di dove . . .».

«Dove siamo?» concluse Arion, scuotendo la testa. «Non ne ho idea, però mi sembra familare».

Darcy arricciò il naso: «Oh, beh, allora siamo a posto».

Il luogo sembrava quasi incontaminato, una di quelle location da cartoline da due soldi che trovavi dal benzinaio. Se non fosse stato per alcune assi di legno che erano lasciate appoggiate ad alcuni massi, e una donna che rincorreva un bambino poco più in là, Darcy avrebbe anche pensato di trovarsi in paradiso.

Fu proprio l'ultimo dettaglio a stupirla: «Cavolo . . . quella tizia laggiù assomiglia proprio a—».

«Mamma . . . » finì suo fratello, i cui occhi erano fissi su quelle due figure poco lontane. «So dove siamo . . .» affermò poi, il suo sguardo che passava da interrogativo ad incredulo nel giro di pochi secondi.

«E ti andrebbe di condividerlo con la sottoscritta o . . .» gesticolò un po' con le mani, ma si fermò non appena prese coscienza della paura negli occhi del fratello. «Arion, che-».

𝐘𝐎𝐔 𝐊𝐍𝐎𝐖 𝐌𝐄, fei runeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora