Capitolo I

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La differenza tra me e te


Oro. Oro dappertutto. Ogni cosa è in oro o quantomeno ne è laccata anche solo in minima parte.

Anche il pavimento che invece è in marmo lucido gli sembra di quello schifosissimo e odioso oro che tanto odia. E la sua è una prigione; una prigione, appunto, dorata.

Simone prossimo ai 18 anni, nella sua stanza lussuosa che si affaccia all’ampio giardino reale, ci passa tre quarti della giornata principalmente per evitare suo padre che da settimane lo insegue non appena lo incontra per i corridoi del palazzo: “Simone, ascolta-”; “Simone, puoi-”; “Simone, non fare il bambino-” ma il figlio si defila ogni volta perché lo sa qual è il discorso che deve affrontare suo padre con lui, lo sa dal primo giorno in cui è venuto al mondo poiché è scritto nelle pagine della sua vita da prima che nascesse.

È così. Lo dice la legge e lo devi fare. Punto e basta.”

Queste, con molta probabilità, sono le parole che gli direbbe suo padre una volta che gli avrebbe rivelato il suo disappunto verso tale obbligo.

E, cazzo, no! Lui non ci sarebbe stato. Perché mai avrebbe dovuto sposare una donna che sicuramente non avrebbe mai amato e condannare sé stesso e la sua futura moglie ad una vita misera?

Che poi, la sua vita la considera miserabile e deplorevole solamente per il fatto di dover vivere in quel palazzo lì, con quel titolo che si ritrova addosso e che lui ha sempre sentito stargli troppo stretto: troppe restrizioni, troppi vincoli, troppe regole da rispettare, troppe persone noiose da incontrare, troppi doveri. Troppo, troppo. Troppo tutto.

Anche i sui vestiti sono di troppo. Si guarda nel riflesso della fontana in giardino una volta raggiunta dopo aver compiuto i pochi metri che la separavano dal suo sfarzoso letto: il suo completo a tinta unita di azzurro con le maniche lunghe e i pantaloni larghi gli piaceva alla fine perché gli fasciava il torace che essendo più muscoloso, e di conseguenza più grande, gli rimaneva piuttosto attillato... se non per tutti quei dettagli in oro che aveva e per quella cavolo di cintura in vita anch’essa dorata.

“Oro anche sui vestiti, io non ci credo.”

In contrasto con la sua realtà, ha sempre voluto vivere in piena libertà. Essere libero di fare una qualsiasi cosa, essere libero di non essere qualcuno, essere libero di vestire come voleva e anche di vestirsi male, con degli stracci, essere libero di anche di non vestirsi, essere libero di frequentare chi gli pare ed essere libero di amare un qualsiasi uomo che gli avrebbe fatto capire il vero significato della parola “amore”.

Già, perché se c’è una cosa che ha capito da parecchi anni ormai, è che lui non si sente attratto da nessuna donna. Sacrilegio per suo padre, sacrilegio per il popolo, sacrilegio per la famiglia, sacrilegio per tutti. Ma a Simone poco importa e non perde tempo per nascondersi in qualche angolo del palazzo per intrattenersi con qualcuno per puro e mero divertimento.

Ormai la sua vita però a stento riusciva a sopportarla e aveva deciso: quella stessa notte avrebbe lasciato quella prigione per sempre per non poterci tornare mai più.

***

Tra i sobborghi della città, nei vicoli più bui e angusti, Manuel si ritrova a vivere in una casa abbandonata con mattoni e travi che sporgono da ogni angolo. Quella sera non ha mangiato nulla poiché non è riuscito a rubare dalle bancarelle neanche un misero dattero. E si maledice da solo, essendo un professionista è raro che rimanga senza cibo, ma a volte succede.

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