Mi ero reso conto di aver fatto una grandissima cazzata con Georgia, ora fra di noi c'era imbarazzo, era l'unica con cui avevo legato, e adesso facendo sesso sfrenato aveva distrutto il nostro rapporto.
Perché avevo accettato? Continuai a chiedermi.
Adesso dovevo ricominciare tutto da capo, trovare un'altra persona con cui fare amicizia, cambiare corso a scuola, trovarmi un nuovo compagno di banco, che situazione.
Da Georgia:
<Harry, forse è meglio se io e te non ci vediamo più, è stato tutto un errore quello. Non avrei mai dovuto chiederti una cosa del genere.>
Buttai il telefono sul pavimento, e mi sedetti sul divano, incavando la testa fra le mani.
Poi decisi di non dover abbattermi per una così tale stronzata. Che era successo infondo?
Avevo appena conosciuto una ragazza, la mia compagna di banco, all'inizio sembrava una ragazza tranquilla, diffidente, pensavo che lei potesse aiutarmi e che io potevo aiutare lei ma mi sbagliavo.
E invece le cose erano andate diversamente , lei non era come pensavo, l'avevo invitata a casa mia, per passare una serata tranquilla guardando un film, e invece andó a finire che ci andai a letto insieme ma lei era fidanzata con una ragazza e mi aveva sbattuto in faccia che era stato solo sesso niente di più.
Mi andai a fare una doccia e guardai l'orologio : erano le 18:34, decisi di andarmi a fare un giro nella nuova città.
Ore 19:14
Finito di prepararmi, presi il motorino e mi diressi verso il centro
Una volta arrivato al corso principale, lasciai il motorino e camminai a piedi lungo la via pedonale, mi guardai intorno osservando i vari negozi 'Starbucks, mc donald, burger king, kfc, vari negozi di vestiti'
Decisi di entrare nello Starbucks e prendermi un cappuccino con la panna.
"Salve." Dissi.
"Buonasera." Rispose una ragazza alquanto carina, occhi grandi marroni, capelli ramati di media lunghezza, il suo nome era Eleanor, lo lessi sul cartellino sulla divisa.
"Cosa desidera?" Chiese ancora.
"Un cappuccino con la panna." Risposi.
"Lei è l'ultimo cliente, si ritenga fortunato, se l'avesse servito un mio collega l'avrebbe cacciato via." Disse sorridendo e facendomi l'occhiolino.
"Sono onorato allora." Risposi sorridendo altrettanto.
Presi il mio cappuccino, pagai e
Aprii la porta, diedi un ultimo saluto alla ragazza e... Qualcuno entró contemporaneamente a me e ci scontrammo facendomi rovesciare il cappuccino addosso.
Era quel ragazzo del Mc Donald che mi aveva portato il cibo d'asporto.
"Non ci posso credere. Cos'è una persecuzione questa?" Disse in modo più arrogante che mai.
"Veramente no, ero venuto solamente a prend..."
Notai Eleanor che era in imbarazzo.
"Cos'è ci provi anche con la mia ragazza adesso?" Disse afferrandomi per la camicia e sbattendomi contro una parete.
Mi liberai dalla sua presa e gli diedi uno spintone, che lo fece finire su un tavolo.
"Non metterò più piede in questo posto, città di merda." Dissi , infuriato e uscii sbattendo la porta, mi affrettai camminando a passo svelto, in una direzione a caso.
"Ehi, ehi tu." Qualcuno mi stava rincorrendo , e chiamando, mi girai e vidi Eleanor, mi fermai e le andai incontro.
"Cosa c'è?" Dissi.
"Non hai neanche bevuto il tuo cappuccio.. Avanti torna dentro te ne preparo un altro. Perdonalo , lui è il mio ragazzo ed è geloso , tanto geloso e inoltre sta affrontando un periodo molto difficile. Avanti vieni." Disse, afferrandomi delicatamente per il braccio e trascinandomi dentro.
Accettai e, una volta calmato entrai, sedendomi al tavolo dove poco prima avevo lanciato quel ragazzo arrogante.
Lui si trovava dietro il bancone con lei, e mentre la abbracciava da dietro mi fissó con aria di sfida.
Lei venne da me portandomi il cappuccino, poi tornó dal suo ragazzo ma prima mi lasció un sorriso breve.
Lui rimase lì a studiare ogni movimento, ed io, per evitare casini, non ricambiai il sorriso e cominciai a sorseggiare con cautela la mia bevanda calda.
"Puoi anche andare adesso." Disse Louis.
"Smettila." Rispose Eleanor staccandosi da lui, guardandolo con aria delusa, e continuó a pulire le ultime cose al bancone.
"Di fare cosa?" Rispose facendo finta di niente.
"Tolgo il disturbo." Dissi io, afferrando il mio cappuccio e abbandonando il luogo.
"Ciao e grazie." Aggiunsi prima di abbandonare definitivamente il luogo.
Mentre camminavo pensai: che Gionata di merda.
Prima Georgia, ora questa ragazza e poi quell'arrogante viscido del ragazzo del Mc Donald. Ma tanti luoghi, proprio allo Starbucks che era il mio luogo preferito dovevo ritrovarmelo? Incredibile.
Mi diressi verso il motorino, e tornai a casa.
Rientrai alle 20:39 e in casa c'era solo mia sorella sul divano con il suo portatile.
"Ciao Gem." La salutai senza degnarla di uno sguardo.
"Harry. Finalmente qualcuno rientra in questa casa."
"Parli tu, io sono stato solo tutto il giorno." Dissi con tono arrabbiato.
"É successo qualcosa?" Chiese e si avvicinò a me, provando ad abbracciarmi.
"È tutto okay. Ora vado."
Dissi respingendola delicatamente , e andando su nella mia stanza.
"Mangi?" Chiese urlando dalle scale.
"No." Dissi sbattendo la porta.
Mi sdraiai sul letto, infilai le cuffie, e cercai di addormentarmi nonostante fosse ancora presto.
La playst era finita, mi svegliai di colpo, guardai l'orologio ed erano le 21:56.
Qualcuno suonava ininterrottamente alla porta.
"Harry vai tu ad aprire sono sotto la doccia, i soldi sono sul tavolo in cucina."
Non capii perché mi aveva parlato dei soldi ma, scesi di corsa ed aprii la porta.
"C'era un ragazzo girato di spalle con del cibo d'asporto in mano.
"Buonase.." Cercai di dire ma non appena riconobbi chi era, mi stoppai e la rabbia tornó libera sul mio viso.
"Ancora tu." Sbottó il ragazzo dagli occhi color ghiaccio.
"Prendi questa merda e dammi i soldi."
Disse.
"Se continua con questo atteggiamento arrogante la farò licenziare." Risposi minaccioso.
"Oh.. Fai pure. Tanto sono il figlio del proprietario , quindi la tua idea è irrealizzabile , riccio."
Riccio? E tutta questa confidenza chi gliela aveva data?
Ma la cosa che mi chiedevo di più era, perché questo ragazzo era così arrogante? Lo era solo con me o con tutti? Questi pensieri mi cullarono tutta la sera.
"Vado a prendere i soldi." Dissi.
"Oh, c'é l'hai stavolta."
Finsi una risata, e poggiai violentemente i soldi sulla sua mano, sfiorando la sua pelle , aveva le mani congelate e lo vidi tremare.
Afferrai il mio cibo e gli sbattei la porta in faccia.
Arrogante lui, arrogante io.
Poggiai il cibo sul tavolo e cominciai a pensare a ciò che avevo appena fatto, mi sentivo in colpa, quel ragazzo stava tremando, sentiva freddo, forse stava male. Mi affacciai dalla finestra senza farmi vedere, e lo vidi poggiato sul motorino ,immobile , in una posizione critica, sembrava non sentirsi bene.
Rimase lì per qualche minuto.
Decisi di uscire e chiedergli se avesse qualche problema.
"Ehi, c'è qualcosa che non va?" Cercai di chiedere con la più calma possibile.
"Si." Sbottó guardandomi dalla testa ai piedi.
"Belle le pantofole rosa." Disse con tono strafottente.
"Sono di mia sorella, le ho prese in prestito." Dissi iniziando a innervosirmi, mi ero già pentito di essere uscito a chiedergli come stava.
"Sisi come no." Rispose continuando a ridere.
"Perché tremi? E perché non te ne vai?"
Chiesi.
"Perché non ti vai gli affari tuoi? Poi, è per caso tuo questo marciapiede?"
Disse in modo arrogante come al solito.
"Volevo solo essere gentile con te, pensavo ti fossi sentito male e sono venuto a chiederti come stavi, ma evidentemente ho sbagliato." Sputai anch'io arrogante e tornai dentro segna attendere neanche una sua risposta.
"Ho la febbre, ma sono stato costretto a lavorare. Non mi sento bene. Hai qualcosa di caldo..?" Disse il ragazzo di ghiaccio, in modo calmo, quel suo tono di voce era rilassante.
Mi fermai, rimanendo di spalle.
Quel ragazzo nascondeva qualcosa. Prima aveva detto che non avrei potuto farlo licenziare perché era il figlio del proprietario, ora mi aveva fatto capire di essere 'sottomesso' a qualcuno.
D'altronde ero troppo buono non l'avrei mai lasciato li.
"Entra." Dissi arrogante anch'io.
Lo feci accomodare in cucina e gli preparai un the caldo unito alla medicina per la febbre.
Sentii Gemma scendere le scale, e mi preoccupai su cosa dirgli per la presenza di Louis.
"Harry. Ciao, emh chi sei?"
Louis non portava neanche la divisa oggi.
"Lui è.." Dissi.
"Io sono un suo amico." Disse Louis anticipandomi.
Io rimasi scioccato , e se i pensieri avessero una forma, i miei sarebbero solo punti interrogativi.
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In your arms.
FanfictionHarry era un 'semplice' ragazzo di 18 anni, e si era appena trasferito ad Oxford con sua madre e sua sorella. Dovette iniziare una nuova vita in una nuova città, frequentava un collage linguistico, e li fece conoscenza di molte persone. Ebbe un colp...