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«Ragazzi... Che vuol dire non mi ricordo?»
Era un pomeriggio grigio e triste. Pioveva a dirotto, ed eravamo in macchina con mio padre. La riviera di Chiaia era una strada lunga e suggestiva, piena di buche, che costeggiava la fantastica villa comunale di Napoli, un grande parco alberato prospiciente al lungomare di Mergellina. Sotto la pioggia, quella zona aveva un che di spettrale e bellissimo; purtroppo, le bellezze della città non riuscivano a sollevare il mio umore: io e mio fratello Mario stavamo subendo l'ennesimo interrogatorio.
«Ieri vostra madre ha organizzato il torneo di burraco, giusto? Saranno venute delle persone, no? Be', chi erano? Non è tanto difficile!» Dopo avergli fornito qualche nome, e visto che eravamo visibilmente infastiditi e impauriti, nostro padre ci liquidò con uno sbuffo scocciato. Mise in terza, e una volta arrivati al semaforo, con sguardo di disprezzo si rivolse a me. «Senti, te l'ho detto mille volte, ti devi vestire come si deve, non ti vergogni con questi pantaloni stracciati?
Non so chi mi sembri, e poi... Vuoi metterti l'orologio al polso?»
Eccolo che ricominciava. Passava da un argomento all'altro, da una critica all'altra, senza apparente soluzione di continuità.
«Che uomo sei senza un orologio al polso? Ma che figura! Guarda,
io non ne posso più di dire sempre le stesse cose perché...»
Non lo sopportavo più. Sarebbe andato avanti per tutto il viaggio. Approfittando del fatto che il semaforo era ancora rosso, aprii lo sportello della macchina e mi lanciai sotto la pioggia.
Scusa, Mario...
Mi voltai per vedere se mio fratello fosse sceso dall'auto: niente, era rimasto lì, immobile, a subire le sfuriate di papà. Mario era sempre stato più docile di me. Meno ribelle, meno stronzo. Scoppiai a piangere, per l'ennesima volta, correndo sotto l'acquazzone verso casa di mamma.
Il mio migliore amico, al tempo, si chiamava Giorgio.
Ci eravamo conosciuti durante il primo anno di liceo, e da quel momento ci eravamo frequentati assiduamente: quasi ogni giorno lo avevamo trascorso insieme. Con lui avevo fumato le prime sigarette e avevo preso le prime sbronze. Ci vedevamo soprattutto per andare a impennare con i nostri motorini, seminando il panico per le vie della città.
Era trascorso qualche giorno dallo spiacevole episodio con mio padre, e adesso eravamo io e Giorgio, a casa sua, stravaccati sul divano a guardare la tv. Era ottobre, ma non faceva freddo, eppure provavo ancora addosso il gelo della pioggia che mi aveva congelato quando ero scappato dall'auto.
«Sai, Gio', avrei davvero voglia di trovare una fidanzata...» Lo dissi così, all'improvviso, mentre alla tv stavano trasmettendo un film horror. «Vorrei trovare una ragazza che mi ami, che si prenda cura di me.» Lui si voltò a guardarmi ridacchiando. «Ho capito, vuoi scopare.»
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Sesso e Vodka a Colazione
عاطفيةLa prima volta che Paul sperimentò il sesso aveva quindici anni. Da quel momento capì che la sua vita sarebbe stata tante cose, ma soprattutto una continua ricerca del piacere. Sesso e vodka a colazione potrebbe sembrare l'autobiografia smisurata di...