2 - Green Mountain

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 Blow your Mind, The Vaccines

505, Arctic Monkeys

The Hills, The Weeknd (slowed)


Langton Close era affollata, di pomeriggio. Le lezioni erano finite da appena un'ora e il clima di quella giornata, con grande sorpresa, fu piacevole. La mattinata era passata fra l'atmosfera nuvolosa e ovattata di un cielo incerto e pesanti lezioni di lettura critica e non ero riuscita ad incontrare gli altri. Josh sarebbe dovuto essere a lezione di economia, ma non l'avevo visto uscire dall'aula, né bazzicare per il campus. In biblioteca nessuna traccia di Darla e aveva mancato due lezioni. Carl, dal canto suo, non era reperibile dal pomeriggio precedente.

Avevo lasciato la UCL con un muffin al cacao, una mela - presi al volo dalla mensa - e tre libri di satira inglese del Settecento. Li avrei sfogliati appena arrivata in camera, avrei chiamato mia madre, mi sarei ordinata una pizza e avrei cercato di recuperare il sonno che Alison mi aveva distrutto quella notte. Aveva vomitato altre tre volte, una volta tornata a casa, e se ne stava ora beatamente fra le lenzuola a dormire. Le successive due ore al rientro in dormitorio erano passate a consolarla da un pianto incontrollabile e un'autocommiserazione delirante, fra insulti a se stessa per il modo in cui si era trascinata dietro Ty Anderson e singhiozzate per come l'aveva liquidata con facilità. Il tutto accanto alla tazza, rigorosamente. Mi ero ritrovata l'orlo del vestito arrotolato contro la bassa schiena, per come mi ero schiacciata - sfinita - nell'angolo fra il water e la vasca, in cerca di comfort ma abbastanza vicina a lei da tenerle i capelli sudati mentre vomitava.

Il ricordo di quella notte trascinò con sé quello dell'incontro con l'agente Styles, di poche ore prima, e mi sentii quasi a disagio. Seppi che non era per il vomito. I suoi occhi su di me, la voce montante nel silenzio di una notte assonnata e buia, il mio dannato e corto vestito furono le prime immagini che rivissi, come flash di fotografia, nella mia mente.

Respirai a fondo, fermandomi nei miei passi su uno dei piccoli viali del giardino di Langton Close, e strinsi le unghie attorno ai bordi del libro più vicino al mio torso, stritolando il resto contro le costole sinistre. Ero corsa a lezione, quella mattina, come se avessi dimenticato tutto, tabula rasa, e invece era ancora tutto molto vivido. Mi sorpresi per come dettagliatamente ricordassi tutto, invece. Fin troppo bene, al punto che mi parve di ricordare l'odore dell'uomo bruto e affascinante che si era divertito a farmi quella stupida multa.

Per pochi secondi mi concentrai sul leggero rumore delle foglie dei tanti alberi intorno a me, mosse dal vento flebile, sul sole che mi colpiva in maniera non uniforme il viso, intralciato da piante di ogni tipo. Cercai di sviare la mia attenzione concentrandomi meglio sui sensi. Non funzionò; avrei dovuto pagare quella multa e basta e la cosa mi rendeva inquieta, indispettita.

Come se l'avessi deciso davvero, ripresi a camminare, questa volta verso la grande distesa di prato verde. C'erano diversi gruppi di studenti a riempire con risate e un parlare concitato quello che sarebbe stato, altrimenti, un silenzio fastidioso. Trovai posto su un pezzo di prato abbastanza spazioso, su cui gettai subito il mio zaino, e rilasciai le spalle con un sospiro di sollievo. La multa sarebbe dovuta essere l'ultimo dei miei pensieri, con tutto lo studio che mi toccava. Non riuscivo a spiegarmi come mai ci stessi pensando con così tanta agitazione, data anche la cifra irrisoria da pagare. Ipotizzai fosse per come mi sentissi umiliata dal comportamento di quell'uomo, comparso dal nulla e spiccatamente autoritario nei miei confronti.

"Ecco la mia ragazza preferita!" sentii una voce alle mie spalle, una volta appoggiate le ginocchia al prato e sistemati i libri in una pila quasi ordinata, contro la pelle del mio zaino di pelle marrone. Mi voltai a guardare oltre la mia spalla, il sole mi colpì l'occhio sinistro, costringendomi a strizzarlo di poco.

BEDEVⵊLDove le storie prendono vita. Scoprilo ora