Nessuno ti vuole qui.

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È da una settimana che sono a Milano e che ho ripreso a lavorare nella casa discografica, sono tutti contenti che io sia tornata qui, o almeno, tutti tranne Amine, quest'ultimo non fa altro che lanciarmi occhiatine e fare battute inusuali, dire che sto perdendo la pazienza è dire poco e tutti sembrano essersene accorti.

Stanca tolgo gli occhiali da vista per poi sospirare e lasciarmi andare sulla sedia, sono ore che modifico foto ma nessuna mi soddisfa veramente, mi sento demotivata, senza ispirazione, a riportarmi con i piedi per terra è Valerio che entra nel mio ufficio dopo aver bussato.

"Ehi, va tutto bene?" Acconsento.

"Si, sono solo un po' stanca, tu come mai sei qua?" Chiedo indagando.

"Stavo andando via e mi chiedevo se con questo tempo ti servisse un passaggio a casa" Afferma dolcemente, io sorrido ma rifiuto l'offerta, ho ancora tanto lavoro da sbrigare e credo proprio che passerò la notte qui, in ufficio.

Dopo aver salutato Valerio decido di alzarmi e sgranchire un po' le gambe, arrivo al distributore automatico, schiaccio il numero e poi inserisco i soldi ma la macchinetta si blocca, così con poca grazia inizio a darle qualche calcio.

"Andiamo, voglio la mia barretta"

"Non credo che parlandole risolverai qualcosa"
Chiudo gli occhi per poi sospirare.

Che cosa ci fa lui ancora qui?
Credevo che a quest'ora non ci fosse più nessuno in ufficio.

"Beh allora se pensi di poter fare meglio di me, prego" Affermo cedendogli il posto, lui scuote la testa per poi accennare un sorriso.

"Vieni con me" Lo guardo scioccata rimanendo ferma sul posto, lui mi prende per mano e mi conduce verso il suo studio, il contatto con la sua pelle mi manda in tilt e i nostri passi sono l'unico rumore udibile in tutto l'edificio.

"Ho appena ordinato la pizza" Rompe quella bolla di silenzio che si era creata tra di noi.

"Non mi va" Affermo falsamente, in realtà sto morendo di fame ma non ho intenzione di dargliela vinta.

"Bene, vorrà dire che ce ne sarà di più per me"
Pronuncia con menefreghismo prendendo il cartone della pizza e portandolo nella sua parte di tavolo, in silenzio continuo ad ispezionare lo studio, è diverso da come era ieri, ci sono fogli e matite ovunque, i computer sono accesi e le bottiglie di birra invadono il pavimento.

"Ho del lavoro da sbrigare, sto perdendo tempo"

"Nessuno ti obbliga a restare qui" Afferma piatto alzando le spalle al cielo ma io continuo a rimanere seduta su quella maledettissima sedia a guardarlo, non so per quale motivo e lui nel vedermi in difficoltà, ride.

"Com'era Parigi?"

"Bellissima, come sempre"

"Oh immagino, allora perché non sei rimasta lì?"

"Sono tornata per assicurarmi che tu non faccia danni" Dio, che scusa del cazzo.

"Che bel pensiero ma vedi Alice, so gestirmi da solo, l'ho fatto per un intero anno, non mi serve la babysitter" Eccola qui ragazzi, la sua provocazione servita su un piatto d'argento, la pancia mi brontola e sono sicura che non sia per la fame, controbatto.

"Infatti ho visto come ti sai gestire" Dico
alzando la voce, facendolo voltare nella mia direzione.

"Quello che è successo ieri è solo e unicamente colpa tua" Mi punta un dito contro.

"Colpa mia? Sei serio?»" Domando sarcastica.

"Si colpa tua, perché invece di giudicarmi non ti compri un biglietto aereo e ti metti su un cazzo di volo diretto in Francia eh? Nessuno ti vuole qui"

"Sei uno stronzo" Sputo incazzata girando i tacchi verso il mio ufficio, afferro la borsa e a passo svelto raggiungo l'ascensore ma una mano calda mi blocca.

"Aspetta, non andartene, non volevo trattarti in quel modo, poco fa" Ha il volto stanco, probabilmente sono giorni che non dorme, i capelli sono spettinati e la sua mano è ancora lì, sul mio polso, porto lo sguardo su di essa e noto il braccialetto, quello che gli avevo regalato io, quello che desiderava tanto, accorgendosi del mio sguardo rompe quel contatto schiarendosi la voce poco dopo, lo guardo e ancora una volta mi perdo nei suoi occhi, poi d'istinto mi sporgo verso di lui, baciandolo.

Inizialmente resta immobile poi le sue labbra si muovono in modo sincronizzato con le mie dando vita ad un bacio sempre più intenso, le sue mani finiscono sui miei glutei, li strizza appena per poi scendere con la bocca sulla mia scollatura, mi aggrappo alle sue spalle
chiedendogli di più, indietreggiamo appena ritrovandoci di nuovo nello studio, mi trasporta con lui su uno dei divanetti, impaziente armeggio con la cintura dei suoi pantaloni, i suoi occhi mi scrutano desiderosi seguendo ogni mia mossa.

"Forse dovremmo cambiare divano" Sussurra al mio orecchio.

"Forse" Sorrido.

"Sei bellissima" Lo bacio.

Non so cosa succederà domani, non so se ci pentiremo di tutto quello che stiamo per fare, ma di una cosa sono certa, lo desidero, ogni singola cellula del mio corpo lo desidera.

Emetto un gemito non appena lo sento entrare dentro di me con irruenza, con le mani sui miei fianchi mi aiuta nei movimenti, finché entrambi non ci abbandoniamo al piacere.

Fedele al quartiere | Neimaezza Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora