La fine di tutto e il nuovo inizio

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Quando riprese i sensi, la prima cosa di cui si accorse fu che era nella sua stanza. Provò ad alzarsi in piedi ma non ci riuscì perché gli avevano legato mani e piedi, e anche quando provò a parlare non poté che emettere mugugni insensati a causa dei diversi strati di nastro adesivo che gli chiudevano la bocca...
Perchè non lo avevano ancora ammazzato? Che ne volevano fare di lui?
Non mi importa... pensò, ed era vero: sua madre era morta, sua sorella anche (aveva i vestiti macchiati del suo sangue), e pure nella remota ipotesi che fosse riuscito a scappare, non avrebbe più potuto vedere Eren, se non voleva metterlo in pericolo... La verità era che aveva perso tutto, poco alla volta, da sua madre fino alla persona che amava... Non vedeva più un motivo valido per continuare ad esistere...
Lacrime scesero lungo le guance di Levi senza che lui cercasse di fermarle; erano lacrime di rabbia e disperazione insieme, erano quelle lacrime che aveva trattenuto per anni: era da pazzi tutta quella situazione in cui si trovava... se lo avesse raccontato a qualcuno l'avrebbero mandato a quel paese, eppure per lui era realtà, e non c'era modo di uscirne...
L'immagine di Eren gli si affacciò alla mente: gli occhi di smeraldo resi ancora più brillanti dalla luce del sole, quel suo sorriso infantile stampato in faccia, le guance appena arrossate, come sempre quando lo guardava...
Avrei voluto rivederlo... Avrei voluto spiegare le ali con lui vicino...
Ma non le avrebbe spiegate mai più, quelle ali...
Qualcosa nella stanza cigolò. Levi si irrigidì come una corda di violino, i sensi allerta, pronto a lottare perfino nella situazione in cui si trovava... Ma non era stata la porta a fare rumore, bensì la finestra, e quando Levi volse lo sguardo verso di essa, se non avesse avuto il nastro adesivo sulla bocca avrebbe urlato: Eren stava in piedi sul davanzale con un coltello in mano.
Il moro lo guardò con un espressione a metà tra la sorpresa e l'arrabbiato mentre il ragazzo scendeva lentamente dal davanzale, attento a non fare rumore, e gli si avvicinava.
Eren gli tolse il nastro dalla bocca, poi usò il coltello per recidere i lacci che lo legavano.
"Stai bene? Sei ferito?" gli chiese una volta che si fu rimesso in piedi.
"Sto bene ma... tu come...?"
"Te lo spiego dopo. Ora filiamocela" detto questo, il castano fece per andare verso la porta.
Levi gli artigliò il polso per fermarlo: "Ti ammazzano se ti scoprono... Vattene. Posso cavarmela da solo ora"
"Scordatelo!" scattò l'altro, forse alzando la voce più di quanto non avrebbe dovuto. "Non ti lascio da solo" aggiunse poi, sta volta più piano.
Levi avrebbe voluto ribattere, per cercare di farlo desistere da quell'idea idiota, ma in quel momento la porta si aprì.
I due ragazzi si girarono all'unisono, trovandosi davanti l'energumeno con la Pistola puntata... verso Eren.
No! gridò Levi nella sua mente.
Si mosse con la velocità che solo la disperazione può donare: gettandosi addosso all'altro ragazzo, lo spinse da parte nell'esatto momento in cui partì il colpo.
Sentì il fianco bruciare, la voce di Eren chiamarlo, e si accasciò contro di lui un istante dopo, cercando di bloccare con la mano il sangue che sgorgava dalla ferita.
Schiacciato dal peso del più grande, Eren cadde contro il bordo del letto, sempre stringendo tra le braccia il moro.
Perché si è messo in mezzo?! Sta sanguinado troppo!
La mente del ragazzo castano sembrava pronta per esplodere, troppo carica di pensieri ed emozioni: aveva paura per Levi e per se stesso, cercava disperatamente una via di fuga da quella stanza, ma non ce ne erano...
L'uomo che aveva sparato si avvicinò. Gli puntava l'arma alla testa.
Eren si premette ancora di più contro il letto, come se quello avesse potuto inghiottire sia lui che Levi e tenerli al sicuro.
"Non ti avvicinare!" gridò, ben sapendo che non sarebbe servito a nulla.
"Te la stai facendo sotto, moccioso?" lo derise il mafioso.
Sembrava il gatto che gioca con il topo prima di mangiarselo.
Il castano cominciò a tremare... Se solo non avesse mollato il coltello dall'altra parte della stanza...
L'uomo poggiò il dito sul grilletto.
È la fine...
"Eren... mi dispiace..." la voce di Levi era appena più alta di un sussurro.
Era la fine... ma almeno erano l'uno affianco dell'altro.
Non è tanto male... posso andarmene in questo modo...
Strinse ancora di più la presa sul corpo di Levi, inalò quell'odore di pulito che lo caratterizzava, lasciandosi cullare da esso...
Chiuse gli occhi.
Il rumore della porta che veniva aperta a forza ruppe la quiete fasulla di quella stanza. Si udirono diverse voci dire tante cose assieme, dare degli ordini... Fuori si sentiva il rumore di una sirena.
Sono arrivati... grazie a Dio! pensò Eren.
Sentì il proprio corpo farsi molle all'improvviso. Si abbandonò contro il bordo del letto e chiuse gli occhi.

Così diversi, eppure così similiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora