capitolo 1: l'attimo fuggente

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Clara aveva sempre adorato gli spettacoli circensi.
Fin dalla prima volta in cui ne aveva visto uno, era rimasta affascinata da quell'insieme mozzafiato di luci, colori e movimenti.
Quello che le piaceva di più erano le esibizioni acrobatiche, soprattutto se di gruppo.
Ogni volta rimaneva stupefatta dalle complicate combinazioni di esercizi che gli atleti erano in grado di eseguire.
La cosa che più la impressionava era la naturalezza con cui riuscivano a compiere movimenti complessi e stupefacenti, come se stessero solo camminando o saltando e non roteando a sei metri di altezza.
Un'altra cosa che la colpiva era la capacità di un intero gruppo di atleti di muoversi e presentarsi come un unico corpo: il modo in cui si capivano solo con uno sguardo, la fiducia che legava gli uno agli altri in ogni singolo movimento, la coordinazione con cui l'esercizio di uno era legato a quello di un altro come in una meravigliosa catena umana...
Le mosse di ciascuno preparavano e influenzavano quelle degli altri, rendendo l'insieme un fantastico spettacolo di combinazioni ed evoluzioni, in cui ogni pezzo era perfettamente incastrato con tutti gli altri per dare origine ad una figura più grande e strabiliante.
Questo era ciò che aveva pensato Clara la prima volta che era andata al circo. Ragionamento piuttosto estroso per una bambina di otto anni.
Dopo aver assistito alla sua prima esibizione acrobatica non aveva più spiccicato parola per due giorni, tanto era occupata a riviverla nella sua mente.
Sua madre l'aveva notato, (lei notava sempre tutto) così aveva iniziato a portarla al circo tutte le volte che ne arrivava uno in città. Che fosse la famiglia Orfei o un gruppo di pagliacci con un furgone, loro erano sempre tra il pubblico a godersi lo spettacolo. A Clara sembrava sempre che ogni volta fosse meglio della precedente.
Ma poi sua madre era morta. E suo padre non l'aveva più portata da nessuna parte.
Clara aveva molta nostalgia di quegli spettacoli, quasi quanta ne aveva di sua madre, ma dopo la sua morte non era più andata a vederli. Sentivano che erano... sbagliati... senza di lei.
Tuttavia, nonostante non assistesse ad un'esibizione da più di quattro anni, ormai, i tanti numeri acrobatici visti da piccola dovevano aver lasciato il segno, forse anche più del necessario visto che adesso, alla veneranda età di quasi sedici anni, Clara era solita vedere un circo in qualunque cosa.
Certo, ovviamente non credeva che una ciotola fosse un tendone o un'automobile un elefante.
Semplicemente, aveva preso l'abitudine di ritrovare nei movimenti di tutti i giorni la stessa grazia e la stessa morbidezza che caratterizzavano i salti e i volteggi degli artisti circensi.
Per esempio, tutte le volte che osservava suo padre destreggiarsi tra i fornelli non poteva fare a meno di paragonarlo ad un funambolo, un uomo in grado di compiere manovre incredibili pur rimanendo sempre in equilibrio precario.
Oppure, quando sua zia la trascinava a fare shopping e la costringeva ad andare in giro carica di buste e pacchetti, lei si sentiva proprio come doveva sentirsi un giocoliere.
E poi c'era Lorel Stenford. L'acrobata per eccellenza.
Lorel Stenford era una compagna di classe di Clara. Timida, silenziosa e riservata, Lorel riduceva al minimo i contatti con gli altri e faceva sempre in modo di deviare da lei l'attenzione altrui. "Problemi di integrazione", così li chiamavano. Ma non sembrava affatto che a lei dessero fastidio. Anzi, a volte Clara pensava che fosse proprio Lorel a voler passare inosservata in ogni aspetto della sua vita, magari per qualche ragione sconosciuta a tutti.
Ma Clara aveva notato subito quella ragazza, fin dal primo giorno di liceo.
Per quanto Lorel si sforzasse di apparire mediocre e irrilevante, Clara non riusciva proprio ad ignorare la grazia e la particolarità dei suoi movimenti. Guardarla camminare, correre o anche soltanto scrivere era come guardare un artista librarsi nell'aria, appeso solo ad un filo sottile. Ogni suo gesto pareva influenzare o essere influenzato da quello che le succedeva intorno, come se servisse a preparare un'azione successiva o a modellare quelle degli altri, in un'eterna espressione di leggerezza e agilità. Uno spettacolo stupefacente, se si aveva l'accortezza di notarlo.

C'era solo una cosa che, secondo Clara, superava Lorel Stenford in teatralità: un compito in classe in una terza superiore.
Niente incarnava la coordinazione e l'elasticità meglio di una cara verifica scolastica.
Per Clara le mosse dei suoi compagni di classe erano puro intrattenimento.
Basti pensare, per esempio, a Giorgia Mc Finnek, la secchiona della classe. Normalmente terminava qualunque esercizio le fosse assegnato in metà del tempo concesso e trascorreva il rimanente passando il suo foglio al resto della classe. Era esilarante vederla sbracciarsi come una scimmia per scambiare i compiti degli altri sotto il banco.
Oppure Rick Stevenson, il rappresentante di classe, che era capace di passare dieci bigliettini con le soluzioni a due file diverse solo andando dal suo banco al cestino.
Per non parlare del cosiddetto "attimo fuggente": efficienza allo stato puro.
Ogni volta che c'era un compito, arrivava inevitabilmente il momento di distrazione, quello in cui gli studenti potevano dare libero sfogo alla loro creatività approfittando della negligenza degli insegnanti.
Anche quel giorno, quando Mrs Cleron, la professoressa di matematica, commise l'insano errore di abbandonare la classe nel bel mezzo di una verifica per indagare su alcuni disordini in corridoio, si scatenò l'inferno.
L'intera prima fila spedì in fondo all'aula la propria brutta copia; Erika Valestile estrasse un foglietto fitto di appunti dal suo rossetto. Michael Rivers fece un aeroplanino con i risultati delle espressioni e lo spedì dall'altra parte della stanza; i gemelli Elliot recuperano i propri libri e ricopiarono un paio di formulette sul banco prima di coprirle con gli astucci. Tutta la classe si mosse come un unico corpo davanti agli occhi interessati di Clara. Davvero uno spettacolo esemplare.
Solo Lorel, come al solito, non vi prendeva parte. Clara trovava che fosse un peccato, ma in fondo non riusciva proprio ad immaginarsi quella ragazza che lanciava un aeroplanino o si attaccava bigliettini sotto le scarpe. Era decisamente più matura e fin troppo seria per fare cose del genere.
In ogni caso, l'attimo fuggente si chiamava così proprio perché era un istante fugace. Bisognava saperlo cogliere per poter mettere in scena lo spettacolo.
Quando però i passi dell'insegnante si avvicinavano alla porta, ogni volta tutto finiva improvvisamente com'era iniziato.
Anche quel giorno, quando Mrs Cleron rientrò in classe, trovò tutti di nuovo ai propri posti ed immersi nel compito, come se non fosse successo niente.
Quella volta, tuttavia, qualcosa andò storto.
Perché non era stata la loro vecchia e scorbutica insegnante di matematica ad entrare, bensì un uomo. Un uomo giovane, alto e armato fino ai denti.

La scritta POLIZIA sul suo giubbotto antiproiettile avrebbe dovuto tranquillizzare Clara, ma per qualche ragione la ragazza provava un forte senso di disagio davanti a quel tipo. Forse era colpa della sua corporatura robusta, o forse era colpa della pistola che aveva in mano. Fatto sta che Clara non poté trattenersi dall'urlare insieme ai suoi compagni.
-Capo, qui ce ne sono altri!- urlò l'uomo, affacciandosi in corridoio.
Poco dopo entrarono nell'aula altri poliziotti, tutti vestiti e armati nello stesso modo. Si posizionarono tra i banchi in maniera strategica, puntando le loro pistole contro i ragazzi. Solo uno non l'aveva ancora estratta: un giovane muscoloso, biondo e abbronzato. Probabilmente non raggiungeva i trent'anni, ma da come si atteggiava doveva essere il capo.
- State calmi!- gridò, rivolto agli studenti che urlavano e piangevano terrorizzati - Abbiamo tutto sotto controllo, è solo una procedura di sicurezza.
Fece un cenno ad uno dei poliziotti. Quello rimise la pistola nella fondina e tirò fuori un foglio un po' spiegazzato.
-Per favore, sistematevi in fila davanti al mio collega. Andrà tutto bene, dobbiamo solo eseguire un breve controllo prima di lasciarvi uscire.
Clara nutriva dei forti sospetti su quali fossero le vere intenzioni di quei tipi. L'unica cosa che sapeva con certezza era che, nonostante i distintivi appesi alla cintura, quelli non sembravano affatto dei poliziotti. Ma sapeva anche di dovergli ubbidire, almeno fino a quando non avessero abbassato le armi.
Tutta la sua classe si mise in fila davanti alla porta. Lei era tra gli ultimi, subito dietro Lorel, e cercava di reggersi in piedi nonostante il tremore alle gambe. Impresa ardua, con tutte quelle pistole puntate addosso.
L'uomo con il foglio si posizionò fuori dall'aula. Prima di lasciare uscire un ragazzo, ne scrutava attentamente il volto e lanciava uno sguardo al pezzo di carta che teneva in mano. Ogni volta che lasciava andare qualcuno, una smorfia insoddisfatta gli ricopriva il viso.
Il capo, nel frattempo, aveva iniziato a girare per la stanza e a frugare tra le cose degli studenti, aiutato da un paio dei suoi uomini. Svuotavano gli zaini sui banchi e ne sparparpagliavano in giro il contenuto.
A Clara non piacevano affatto i loro modi. Quale membro delle forze dell'ordine puntava delle armi contro dei ragazzini indifesi?
Poco a poco la fila si esaurì. Il controllore alla porta non sembrava per niente contento. La sua espressione fece tremare ancora di più Clara.
Arrivò il turno di Lorel. Ma prima che l'uomo potesse osservarla bene, uno di quelli che stavano frugando negli zaini esclamò:
- ehi, guardate che c'è qui!
Tutti gli altri si voltano a guardarlo.
Quella di cogliere l'attimo è una capacità essenziale nella vita, e non solo quando si tratta di copiare durante le verifiche. Clara lo scoprì quel giorno. Perché probabilmente non si sarebbero salvati se Lorel non avesse aprofittato di quel momento, in cui tutti erano distratti dal coltello che il poliziotto aveva trovato in un astuccio, per assestare una possente ginocchiata allo stomaco del controllore, rompergli il naso con un pugno e impossessarsi della sua pistola prima che quello avesse il tempo di estrarla dalla fondina.

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