Capitolo otto

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Capitolo otto

La sedia scricchiolava sotto il suo peso e nonostante fosse dimagrita non da poco in quel maledetto mese, si sentiva un elefante.
Aveva una vaga idea che la plastica blu non reggesse ancora per molto.
- Elena - disse la signora dietro la scrivania di mogano - Come ti trovi qui? -.
Elena inarcò un sopracciglio.
- Scusi? - chiese scettica.
- Ho fatto a tutti la stessa domanda. Ora è il tuo turno, quindi devi rispondere - spiegò l'altra scostando un paio di ciocche brune dietro le orecchie.
- Oh, ma io mi trovo benissimo - sorrise nervosamente, cercando di non far trasparire la rabbia crescente.
- Oh, buono a sapersi! Abbiamo finito ragazzi, potete andare. Prima però ricordatevi di prendere la busta con le pillole vicino alla finestra, c'è scritto il vostro nome sopra.
Se qualcuno non le prenderà ce ne accorgeremo, e saremo costretti ad agire ... con altri mezzi -.
La ragazza camminò rigidamente, afferrando la busta con il suo nome stampato sopra.
Avrebbe buttato le pillole giù per lo sciacquone, in modo da non ridursi in pappa il cervello; chissà cosa le avevano messo un quelle pasticche grandi come un'unghia.
Si morse il labbro mentre, uscendo dalla sala delle sedute di gruppo, intravide Louis con un paio di ragazze e ragazzi che cercavano di sgraffignargli qualche favore: evidentemente però non tutti erano stati accontentati, perché uno di loro si girò rabbioso e, vista Elena, si avvicinò a lei stringendo i pugni.
- Tu - la richiamò - Sei la socia di Tomlinson -.
- In persona - affermò alzando il mento, cercando di far trasparire sicurezza anche se sotto sotto, se la voleva dare a gambe.
Come al solito.
- Il tuo amico non mi vuole dare dell'eroina solo perché ha le scorte limitate ed io esco da qui fra tre settimane! - strillò alzando le braccia muscolose in aria.
- Calmati Maciste - lo beffeggiò la ragazza - L'eroina è la droga dei ricchi. Credo che potresti accontentarti di un po' di cocaina intanto. Se le scorte sono limitate e tu esci fra poco, dovresti resistere no? -.
L'uomo però non sembrò contento della risposta, infatti: - TU NON CAPISCI, IO NE HO BISOGNO STRONZA - e la afferrò per il colletto della tuta gialla, per poi sbatterla contro il muro.
Il corridoio era deserto dato che tutti erano nelle varie sale per le sedute giornaliere.
Vide Louis muoversi verso di lei con un'espressione accigliata ma gli fece un cenno con la mano per farlo stare fermo.
- Devi essere un cafone per mettere le mani addosso addosso ad una ragazza - disse ridacchiando, per poi sganciargli un destro sotto il mento.
Mise le mani sulle sue spalle e gli tirò una ginocchiata ben assestata all'inguine, che lo fece stramazzare ed accasciare a terra.
Elena si sgranchì il collo e scavalcò il corpo dolorante senza problemi.
- Però - rise Louis, grattandosi il mento - Niente male, niente male davvero! -.
- Ci sono abituata, è semplice - sorrise scrollando le spalle lei, dimenticandosi per un attimo dell'aria da dura che aveva deciso di assumere per tutta la sua permanenza alla St Mary Grace.
- Hai visto Harry in giro? - gli chiese poi, storcendo un angolo della bocca.
- Evito Styles il più possibile, lo sai - ribatté l'altro, cercando di non far notare che stava pensando a tutt'altro.
- Louis - lo richiamò Elena - Non sembri molto convinto -.
Ci fu solo un lungo silenzio, però, come risposta.
- Vai nella tua cella, ci penso io qui - disse poi con tono piatto, passandole la busta con le pillole cadutale prima, all'impatto con il muro.

***

Non aveva raggiunto niente.
Un obbiettivo, una maledetta informazione.
Niente.
Stava fissando ancora una volta il soffitto, unico svago che le restava oltre al fatto di poter scarabbocchiare sulle pareti con un pezzo di grafite che aveva ricevuto in cambio di un po' di marijuana da parte di un appena diciottenne.
Louis era come una fortezza impossibile da oltrepassare e, nonostante faticasse ad ammetterlo, cominciava ad arrendersi.
Avrebbe dovuto passare quella sua progionia in completa oscurità mentale, con le pillole che entravano in circolazione.
Si le pillole, perché nonostante il suo brillante piano di gettarle nelle fognature attraverso il WC sembrasse geniale, non aveva tenuto conto di una cosa: gli "infermieri" (o guardie ... c'era ampia scelta per come classificare quelle persone). Infatti, non era stata informata che quegli uomini in divisa bianca o azzurra (cambiavano colore a giorni alterni ... che cosa squallida) assistevano all'assunzione delle pillole appena i "pazienti" tornavano dalle terapie giornaliere.
Fu così che mentre vedeva un elefante rosa ballare sul soffitto, capì che il sonnifero, o quello che era insomma, stava dando i suoi frutti.
Per ben due ore sognò elefanti rosa che ballavano ... nemmeno fosse Dumbo della Disney.

***

- E così gli faccio "Paul, il rosso è fuori moda. Torna indietro e prendimene uno rosa" - Katie agitava la forchetta nervosamente, mentre raccontava delle sue numerose avventure da ragazza ricca e viziata prima di diventare una prostitua.
O come diceva lei: "Una prostituta d'alto rango. Io non scopo, io faccio l'amore!".
Cannabis sembrava rapita dal discorso, annuendo ripetutamente mentre mangiava chili di purè di patate.
Non era un granché come purè, ad essere sinceri.
- Si insomma - riprese la bionda - Il rosa è il nuovo nero ... se capite che intendo - ammiccò con fare sognante.
Elena annuì finendo la mela e gettando il torsolo nel piatto liscio ancora mezzo pieno di purè.
- Che schifo - Cannabis annusò l'aria e storse il naso - Non sentite anche voi questo tanfo? -.
La rossa si guardò intorno e notò che anche gli altri presenti in mensa cominciavano ad agitarsi.
Louis le raggiunse a poche falcate.
- Dobbiamo andare - le disse, strattonandola per il braccio verso l'uscita.
- Cosa? -.
- Hanno messo della marijuana bruciata nel condotto di areazione, tutta la mensa finirà drogata. Muoviti ora! -.
Uscirono quasi correndo quando Elena si ricordò di aver visto Harry un paio di tavoli a fianco a loro.
- Harry! - si schiaffeggiò la guancia - È dentro! Ooh no no no no no! Devo andare a prenderlo! - tentò di tornare in mensa ma la presa ferrea di Louis la bloccò.
- Sei impazzita per caso? - le ringhiò contro - Tralasciando che svaniti gli effetti della droga ti sentirai una merda che cammina, potresti diventarne dipendente. Davvero, sta volta -.
Ci mise qualche secondo ad assimilare le sue parole ma le bastò per convincerla a rimanere con lui.
- Hai riconosciuto l'odore? - gli chiese dopo attimi di silenzio interminabili.
- Si - sospirò - Purtroppo si. Non capisco chi sia stato ... nessuno mi ha chiesto della marijuana ... e a te? Manca qualcosa dalla tua piastrella? - chiese alludendo al nascondiglio dietro la branda della rossa, creato qualche settimana prima, non appena le aveva dato le prime scorte da gestire da sola.
- No, c'è tutto credo ... - mormorò aggrottando le sopracciglia.
Il ragazzo sospirò, prima di guardarla intensamente.
- Temo di avere un'idea su chi sia stato ... - bofonchiò dopo, incrociando le braccia.
- Ottimo Sherlock - alzò le sopracciglia lei - E chi è questo bricconcello? -.
Lui si lasciò scappare un sorrisino divertito prima di tornare serio e freddo, come al suo solito.
- Ala blu - disse serio - Zona dei cleptomani ... Andiamo da Nick Grimshaw -.
- È pericoloso? - gli chiese camminando al suo fianco.
Louis le sorrise sereno e scosse la testa.
- Un po' pazzo, ma niente di che - risero entrambi e forse riconobbero la felicità in quel preciso istante.
Ma se credete che tutto andrà bene, vi sbagliate di grosso.

Our drug || Louis Tomlinson//SOSPESADove le storie prendono vita. Scoprilo ora