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Sicura che non vuoi ballare con me?

Fissai quei messaggi per un po', poi chiusi velocemente la chat per paura che Killian la vedesse. Il cuore mi batteva e il mio unico pensiero era raggiungere il professore ovunque fosse. Mi stava facendo impazzire lentamente, avevo bisogno di rivederlo, e non semplicemente come un professore.
<<Amore io vado un attimo in bagno>> fu la prima scusa che mi venne in mente. Senza nemmeno aspettare una risposta del mio ragazzo mi avviai verso l'aula di filosofia del diritto, confusa da quello che stava accadendo. Non avevo intenzione di tradire il mio ragazzo, ma al contempo quell'uomo era una calamita per me e avevo già usato tutte le forze che avevo per respingerlo, ora potevo solo cedere. Non sapevo cosa sarebbe successo di lì a poco, ma finalmente mi sentivo veramente eccitata.
Il rumore delle mie décolleté rimbombava per i corridoi a ritmo con il mio cuore, finché non si interruppe arrivata a destinazione.
Bussai.
<<Entra>>
Respirai profondamente prima di entrare. Gli avrei voluto dire che non poteva scrivermi mentre ero con il mio ragazzo, anzi non poteva scrivermi in generale dopo avermi detto che non ci saremmo più potuti vedere. Non ero un giocattolo alla sua mercé.
<<Professore...>> aprii la porta intenta ad iniziare il mio discorso ma la sua vista mi fece sobbalzare; era come nella foto che mi aveva mandato, con la camicia quasi completamente sbottonata e la cravatta disfatta che gli scendeva sul petto.
<<Mi stavi per dire qualcosa?>> aggrottò le sopracciglia e si avvicinò a me.
Mi sfiorò il viso con le dita facendomi perdere la capacità di parlare.
<<S-si...>> balbettai <<Lei... Lei non può pensare di dirmi certe cose o di mandarmi certe foto. Lei è il mio professore e io sono fidanzata>> esclamai perdendo di convinzione man mano che andavo avanti con la frase.
<<Ti ho detto di chiamarmi Papi>> spostò le dita verso il mio orecchio e poi scese verso il collo provocandomi un fugace brivido lungo la schiena <<E poi, se fossi il tuo fidanzato mi preoccuperei più di te che di me>> sorrise maliziosamente fissando i suoi occhi nei miei. Era consapevole di quello che era in grado di provocarmi, e sfruttava questa cosa per ottenere quello che voleva. Sesso.
Feci qualche passo indietro ma sbattei contro un banco e, perdendo l'equilibrio sui tacchi, fui costretta a sedermici.
<<Il mio ragazzo non ha nulla di cui preoccuparsi>> affermai cercando di sembrare convinta. In tutto questo tempo il nostro contatto visivo non si era mai interrotto, contribuendo a rendere la distanza tra i nostri volti più difficile da mantenere.
<<E allora perché sei qui?>>. La risposta non era sicuramente "per sgridarlo". Trattenni il fiato per qualche secondo mentre lui mi apriva le cosce per venirmi più vicino. L'ennesimo fuoco scoppiò tra le mie gambe e le mie mutandine bianche iniziarono ad inumidirsi. Le mani di Dimitri stavano lentamente scendendo verso il mio seno coperto solo dalla sottile stoffa del vestito. Le mie mani intanto rimasero incollate al banco su cui ero seduta, le mie parti basse dicevano "toccalo, esplora" mentre il mio cervello diceva "vattene da lì". Effettivamente se fossi rimasta ancora lì senza toccarlo sarei impazzita. Strinsi il legno con i palmi e trovai le parole che avrei dovuto dire dall'inizio <<Papi...>> cazzo <<Professore>> mi corressi consapevole che ormai fosse troppo tardi <<devo andare>>.
<<Non vuoi>> ribatté. Aveva ragione, non volevo, dovevo.
<<Il mio ragazzo è di là, se non mi lasci andare inizio ad urlare>>
<<Qui dentro potrai urlare quanto vuoi, ma ti assicuro che non sarà perché non puoi uscire>> dopo questa frase si avvinghiò sulle mie labbra e mi baciò con foga. Un bacio diverso da quello di Killian, non potetti resistere. Le nostre lingue danzarono insieme, perfettamente coordinate, come se fossero fatte per essere intrecciate. Le sue mani toccavano ovunque il mio corpo, lasciando una scia di calore ovunque passassero. Arrivò finalmente alla mia zona più calda e mi sfilò le mutandine. La mia lei lo bramava, io lo bramavo. Mi iniziò a baciare il collo mentre io desideravo solo di riprovare quello che mi aveva fatto provare solo lui.
Il telefono squillò. Mi girai, era Killian. Cazzo. Non sapevo dire se era un bene o un male. Mi aveva interrotta sul più bello, ma al contempo aveva evitato che andassi troppo oltre.
Trascinai la cornetta verso destra e risposi <<Amore dimmi>>.
<<Dimmi tu. Si può sapere dove sei finita?>> chiese un po' agitato. Intanto il professore si inginocchiò arrivando all'altezza perfetta per le mie parti basse. Iniziò lentamente, baciandomi e leccandomi l'interno coscia, per poi arrivare al mio inguine. Mi morsi le labbra per non gemere mentre cercavo di fare cenno con gli occhi di smetterla.
<<Hai ragione, scusami, mi ha chiamata Jaq e mi ha tenuto al telefono fino ad ora per raccontarmi delle sue avventure amorose. Comunque sto tornando dentro. Tu sei lì?>> mentii spudoratamente mentre persi un battito a causa del senso di colpa. Scesi dal banco con un saltello e feci per riprendermi il mio intimo quando il professore me lo tolse di mano.
<<Capisco amore. Comunque io sono dentro, a tra poco>> disse con tono dolce Killian chiudendo la chiamata.
<<Ma che stai facendo?!>> quasi gridai cercando di riprendermi le mie mutandine senza successo.
<<Se non posso averti io stanotte non può averti nessuno>> infilò gli slip in tasca e uscì dall'aula. Imprecai tra me e me per quello che era appena successo e poi aprii la fotocamera interna del cellulare per ricompormi, perlomeno al di fuori. Dentro di me infatti tutto era sottosopra, sembrava che un uragano violento ma passeggero fosse passato per scombussolarmi lo stomaco e la testa. Per la seconda volta ormai. Pensavo a Killian, ai suoi occhioni blu che mi guardavano innamorato, mi immaginavo di fronte a lui, anche io lo guardavo, ma i miei occhi non erano come i suoi. Ormai erano gli occhi di un'infedele, non lo meritavo.
Tornai in auditorium a passo svelto, adesso il tacchettio che rimbombava nel corridoio non era più a passo con la mia eccitazione, con il mio cuore, ma sembrava più il rumore di cento martelli contro il mio cranio.
Durante il resto della serata cercai il più possibile di non pensare a quello che era successo, con scarsi risultati ovviamente, ma perlomeno ci provai. Killian mi chiese più volte se ci fosse qualcosa che non andava, ogni volta mi saltava un battito. Non era moltissimo che eravamo insieme, ma in quel poco tempo imparai a conoscerlo, proprio per questo sapevo che non si meritava niente di tutto quello che avevo fatto, persino di quello che avevo pensato. Non potevo dirglielo, come farlo, d'altronde? L'ultima cosa che volevo era spezzargli il cuore, o ancora peggio, fargli perdere fiducia nell'amore.
Scossi la testa per tornare alla realtà. Non gli avrei detto niente, ma da oggi la mia testa e il mio corpo sarebbero stati solo per lui. Lui è il tipo di persona che voglio con me. Il professore non mi darà mai questo tipo di amore.
Finita la serata Killian mi accompagnò a casa. Il viaggio trascorse in silenzio, anche perché ero molto stanca, e dopo una giornata del genere volevo solo farmi una doccia e andare a dormire.
Arrivati a casa mia abbracciai teneramente Killian e lo baciai dolcemente sulle labbra. Una dolcezza che poteva provenire unicamente da un senso di colpa. In quel preciso momento, mi sentii uno schifo. Killian rispose ai miei gesti con il suo solito fare gentile e mi sussurrò all'orecchio la buonanotte.
Scesi dall'auto, aprii il cancello di ferro battuto che bloccava l'entrata al vialetto di casa e mi accinsi a raggiungere la porta, quando da questa vidi uscire una chioma rossa molto familiare.
<<Jaqueline ma che ci fai qui?!>> spalancai gli occhi incredula.
La rossa rise sonoramente <<Niente piccola, alla fine tuo fratello ce l'ha fatta>> fece spallucce e si girò per dare un bacio a mio fratello.
<<EWWW>> gridai mentre una smorfia disgustata mi dipingeva il viso. Non ci posso credere che quei due... No che schifo non voglio neanche pensarci.
Killian intanto era rimasto fermo davanti casa mia, così, vista la scena, calò il finestrino per chiedere a Jaq se volesse un passaggio a casa. La sua voce mi riportò alla realtà, mi ricordò che non erano mio fratello e la mia migliore amica la cosa peggiore. Ma era stato il mio comportamento.
Salutai Killian e Jaq con un cenno della mano ed entrai in casa ignorando completamente ciò che diceva mio fratello, ancora entusiasta visti i suoi saltelli per tutto l'ingresso.

Qualche mese dopo

Le cose con Killian andavano bene, lui era sempre un amore nei miei confronti e io avevo smesso di pensare costantemente al professore. In questo modo tutto era migliorato con il mio ragazzo, mi sentivo soddisfatta, sia sul lato sentimentale che su quello sessuale. Il senso di colpa purtroppo rimaneva lì, nella mia testa a girare il coltello nella piaga, ma ci avevo fatto l'abitudine.
Mancavano pochi giorni prima dell'esame di  filosofia del diritto, e io non ricordavo assolutamente niente. Avevo bisogno di isolarmi dal mondo per un po' se volevo passare l'esame.
Mandai un messaggio a Killian dicendogli che quel pomeriggio sarei rimasta in aula studio e, finite le lezioni, mi diressi proprio lì.
Non c'erano molti studenti. Meglio per me.
Infilai gli auricolari ed iniziai a schematizzare ogni argomento di quel mattone da 700 pagine.
Fatte le prime 200 pagine l'aula si era svuotata. Ero talmente assorta dallo studio che non me n'ero neanche accorta. Lanciai uno sguardo alle finestre, ma le spessissime tende blu mi impedivano di capire se fosse ancora giorno o meno. Girai il polso per controllare l'orologio. 9:30 p.m. Di lì ad una mezz'ora l'aula avrebbe chiuso, perciò non persi tempo e continuai con i miei schemi, finché non sentii un rumore provenire dalle mie spalle. Mi girai di scatto, pensavo di essere sola. Le mie spalle erano coperte da alte librerie piene di volumi, così mi alzai per controllare meglio. Alle spalle delle librerie vi erano svariati computer messi a disposizione dall'università, magari qualcuno stava studiando lì e io non me n'ero accorta. Camminai a passi felpati finché non vidi una schiena familiare intenta a scrivere qualcosa al pc.
Il mio cuore si fermò. Non poteva essere lui.
Inspirai profondamente e feci per tornare al mio posto. Non potevo ricaderci un'altra volta. Cercai di scacciare via tutti i brutti pensieri, finché la mia concentrazione non fu interrotta dalla sua voce.
<< Clarissa >> sobbalzai al suono del mio nome pronunciato dalla sua voce profonda.
<<P- professore>> cercai di mantenermi il più composta possibile, anche se dentro di me provavo mille emozioni contrastanti. Fino a quel momento ero riuscita a non pensare a tutto quello che mi aveva fatto provare quell'uomo con pochi gesti, ma adesso tutto ritornava più forte di prima. Quando sopprimi qualcosa poi questa ritorna ancora più violentemente.
I nostri sguardi erano incatenati, non riuscivo ad abbandonare quel mare ambrato che si agitava nei suoi occhi, e lui provava lo stesso.
Un'infinità di tempo passò in questo modo, o almeno, sembrò un'infinità. Un'infinità di quelle strane però, di quelle che non vuoi che finiscano perché non ne hai mai abbastanza. Sai che quello che stai vivendo è bello, ma anche che quello che ci sarà dopo lo sarà ancora di più.
Tutto fu interrotto dalla voce della custode che ci avvisava che a momenti avrebbe dovuto chiudere l'aula. Feci una smorfia delusa, consapevole che mi serviva più tempo, così il professore intervenne in mio soccorso.
<<Lasci pure a me la chiave Michela>> sorrise alla donna che arrossì e gliela consegnò senza replicare.
<<Domani me la faccia...>> la custode non fece in tempo a finire di parlare che il professore la interruppe <<Gliela faccio trovare nel primo cassetto della sua scrivania. Si si lo so, sa che non è la prima volta>> i due si sorrisero e la custode lasciò la stanza.
<<G-grazie>> mormorai imbarazzata.
<<Non c'è di che, anche io devo finire delle ricerche per un saggio>> mi voltò le spalle e tornò al suo lavoro, lasciandomi in piedi come una sciocca.
Non sapevo cosa mi aspettavo. Era stupido sperare che succedesse qualcosa. Anzi, non doveva assolutamente succedere niente quella sera, lo dovevo fare per la mia relazione.
A questo proposito forse non era un'ottima idea rimanere lì, ma feci un grosso sospiro e mi rimisi a studiare.

Heilaaa, chi si rivede 🫶🏻🫶🏻 (ovviamente mi riferisco a me stessa). Lo so lo so, mi odiate perché non sono costante, si mi odio anche io per questo. Finalmente dopo due mesi un altro capitolo, spero che troviate che l'attesa sia valsa la pena, anche se ehi, si dice che l'attesa del piacere è essa stessa il piacere, quindi spero non sia stata così brutta.
Detto questo mi dispiace sinceramente di avervi fatto aspettare così tanto e sono contenta che siate aumentati così tanti, quasi 100 000 ormai🥹.
Fatemi sapere se vi è piaciuto con un commento o una stellina e... ci vediamo al prossimo capitolo🫶🏻

Call me PapiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora