L'incontro

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La mattina dopo avevo gli occhi gonfi per le lacrime della notte e della sera precedente, mi sembrava un incubo, anche io non avevo un bell'aspetto, avevo gli occhi lucidi, scavati, i capelli erano sporchi: avrei dovuto lavarli la sera prima... Mi sentivo come se avessi la febbre, mentre fuori una tempesta ingrigiva il cielo, e i lampi pensavano a illuminarlo. E io ero la Terra, che soffriva, veniva rigata dall'acqua che cadeva: prima lenta, poi forte, poi ancora leggera... Allo stesso modo ero logorata all'interno, indelebile e forte era il segno dell'assenza di Alec. Se prima non lo vedevo -ci eravamo allontanati, è vero- , perlomeno avevo la certezza che, da qualche parte, fosse contento e al sicuro. Ora tutto era diverso, sarebbe potuto anche essere morto, mentre io ero nella mia stanza, a pensare a ciò che avevamo passato insieme, e a rimpiangere quello che purtroppo non avevo avuto il modo e il tempo di dirgli.
Fui tentata di rimanere a casa, ma subito dopo cambiai idea e mi preparai per andare a scuola, passare una giornata a casa non solo mi avrebbe depresso ancora di più, ma avrebbe anche fatto insospettire mia madre.
Presi lo zaino che avevo preparato il pomeriggio prima, mi misi il cappuccio della felpa e uscii di casa.
Contemporaneamente Mia e sua sorella, Sara, sbatterono il portone di casa.
Abitavamo sullo stesso pianerottolo, a pochi centimetri di distanza, e ogni mattina prendevamo insieme l'autobus per andare a scuola.
"Ciao" Mi disse poco sorridente Mia, mentre io le risposi alzando il mento "so cos'è successo ad Alec, ieri sera ho sentito la notizia al tg, e mia zia, per la prima volta dopo sette anni, ha chiamato mia madre piangendo... Era disperata"
"Già..." fui capace di dire soltanto questo. Lei era mortificata, Sara invece rispettava un educato silenzio, ma era palese che le importasse poco. Non conosceva molto me e neppure Alec.
Trascorsero secondi di imbarazzante silenzio.
"È il caso che ci incamminiamo, l'autobus passerà tra poco" dissi per rompere il ghiaccio, e andammo insieme alla fermata.
In autobus io e Mia ci sedemmo vicine.
Iniziò lei la conversazione,
"Mi dispiace molto, posso immaginare come ti starai sentendo ora..." la guardavo senza aprire bocca, e lei continuò "Sono completamente sicura che lui non abbia nulla a che vedere con tutta questa storia, lo avranno messo in mezzo, vedrai che si risolverà tutto!" Mi sorrise così dicendo.
"Maria, non ho voglia di aspettare, non posso proprio. Devo e voglio cercarlo." Feci una pausa, poi continuai. "Se sei veramente la mia migliore amica devi aiutarmi..."
"E come? Siamo solo due ragazze di diciassette anni, ci sono uomini il cui lavoro è quello di cercare persone, uomini che hanno molta più esperienza di noi e che al momento stanno facendo di tutto per trovarlo! Non siamo in un film, quella di cui stiamo parlando è pura realtà, e bisogna accettare quello che è successo. Non ci resta che aspettare e sperare bene."
Lo disse urlando, non l'avevo mai vista così, pensavo che almeno lei fosse in grado di capirmi, ma evidentemente mi sbagliavo. Una lacrima mi colò sul viso, mi sentivo incredibilmente sola e incompresa. Anche lei sembrò diventare triste, magari aveva detto quelle parole senza l'intenzione di ferirmi...
Ad ogni modo presi le mie cose e scesi dell'autobus. Aspettai che ne passasse un altro, perché non avevo la minima intenzione di trascorrere l'intero viaggio a litigare con lei.
Mentre mi sedevo alla panchina della fermata, mi arrivò un messaggio sul cellulare. Lo tirai fuori dalla tasca, il numero non era registrato in rubrica.
"Vediamoci questo pomeriggio, dopo la scuola, alla caffetteria che è di fronte le elementari. Sono lo stesso ragazzo che ti ha chiamato ieri, ti aspetto."
Non potevo perdere questa opportunità.
"Okay" risposi, e salii sull'autobus che era appena arrivato, diretta a scuola, ma d'improvviso lo vidi mentre saliva verso la chiesa, dove poco prima stavo aspettando l'autobus. Così scesi alla fermata dopo e corsi senza fermarmi finché non lo raggiunsi. Questa volta era veramente lui, non potevo essermi sbagliata ancora, era proprio Alec.
"Alec!" urlai, e riconosco di essere stata anche un po' imprudente nel farlo, ma per fortuna nei paraggi c'era soltanto un'innocente vecchietta che si limitò a guardarci. Lui si voltò, e non appena mi vide ebbe l'istinto di fuggire, ma qualcosa in lui lo portò a fermarsi.
Avevo le lacrime agli occhi, lo abbracciai.
"Perché? Perché sei fuggito? So che non sei colpevole, devi costituirti. Insieme risolveremo tutto!" Dissi singhiozzando, senza staccarmi da lui, "Tesoro, non è così semplice come sembra. Se mi costituissi avrei tutto il gruppo contro, me la farebbero pagare, l'unica altenativa alla fuga sarebbe la galera!"
Piansi ancora più forte udendo quelle parole, "se solo ti avessi ascoltato, ora staremmo ancora insieme, felici e innamorati"
"Si può risolvere tutto, andiamo insieme dai carabinieri, parleremo con loro e vedrai che ti aiuteranno"
Si staccò da me e si allontanò di qualche passo.
"Amelia, ho già preso la mia decisione, sarebbe stato meglio se non ti avessi incontrato oggi, ma ormai è successo, e non può altro che farmi piacere... Ma io non cambierò idea: fra un'ora partirò e non credo di tornare mai più." Mentre lo diceva guardava altrove, non riusciva a sostenere il mio sguardo. Forse non poteva vedermi piangere.
Passammo un minuto in silenzio, quasi come se uno dei due stesse aspettando qualcosa che non accadde mai. Così prese la borsa da terra, se la mise in spalla e mi disse "È tardi, devo andare."
Ebbi l'impressione che fosse sul punto di piangere... Mentre pensavo a questo, mi si avvicinò, e mi baciò sulla guancia. Io rimasi impassibile, neppure lo guardavo. Lui mi diede un'ultima occhiata, e si girò per andarsene.
Quando si fu allontanato di qualche passo, con le lacrime agli occhi, mi inginocchiai e dissi "ti amo".
Lui era abbastanza lontano da me, ma mi sentì lo stesso, così si fermò.
Non tornò da me -se lo avesse fatto, non avrebbe più trovato la forza di partire- ma sono sicura che almeno una lacrima rigava il suo volto mentre se ne stava andando.
Aspettai alla fermata, in ginocchio e in lacrime, finché non lo vidi sparire dietro l'angolo. Una signora mi si avvicinò, e gentilmente mi disse "cara, ti senti bene?"
Le sorrisi "sì signora, sto bene"
Così mi alzai, mi asciugai, e mi diressi a piedi verso la scuola.
Con il cuore a pezzi.

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