1. I'm so sick of 17

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Olivia Rodrigo, Brutal


«Nives, santo cielo!», grida mia madre non appena mi vede uscire dalla stazione di servizio con un lecca lecca in bocca e gli occhiali da sole calati sul naso.
Mi fermo, leggermente confusa, e apro le braccia dicendo: «Cosa? È una dannata caramella!»
Sbuffo e un ragazzo alla mia sinistra mi fa l'occhiolino. Un gesto che per poco non fa venire un infarto a mia madre.

Quest'ultima scende dalla macchina come un tornado, si sistema la camicetta turchese e avanza verso di me a passo svelto, con il fumo che le esce dalle orecchie.
«Prima cosa: la carta igienica ti è rimasta appiccicata alla suola della scarpa e ti stai trascinando dietro tutto il rotolo. Seconda cosa: smettila di leccare quella cosa ed entra immediatamente in macchina! Gli uomini ti stanno guardando», mi dà uno strattone e mi fa salire, non dopo aver tolto dalla scarpa la carta igienica. Guardo la striscia bianca sull'asfalto e mi sento la faccia andare a fuoco. Il ragazzo di prima scoppia a ridere e scuote la testa, poi sale in macchina e mi saluta.
Mia madre si passa la lingua sui denti e cerca di contenere la sua ira.
Io mi sento talmente in imbarazzo che scivolo sul sedile posteriore e cerco di nascondermi la faccia tra le mani.

«Te l'ho detto, tesoro, la devi smettere di imitare le ragazze che vedi nei film. Quella è finzione, tu non sei né sensuale, né sicura di te stessa e nemmeno abbastanza grande da poter pensare a queste cose», mette le mani sul volante e si gira per guardarmi, sorridendo come se volesse indorare la pillola.

«È soltanto una cazzo di caramella», le ricordo stringendo i pugni sulle cosce.

«Per gli uomini non è così», mi dà una pacca sul ginocchio e ripartiamo. «Potrebbe essere un invito  a infilarsi nelle tue mutande».

«Mamma, smettila di vivere negli anni di Cristo!», sbuffo incrociando le braccia al petto.

«Un'altra cosa, Nives», mi guarda nello specchietto retrovisore e assottiglia lo sguardo. «Ricordati che il nostro trasferimento a Santa Barbara non è altro che una misera coincidenza. È vero, finalmente tu e la tua cosiddetta "migliore amica"», fa le virgolette con le dita «vi vedrete di più e finalmente metterete fine alla distanza, ma so com'è fatta lei e so come ho cresciuto te,  quindi sai già cosa sto per dirti, giusto?», continua a fissarmi e io sostengo il suo sguardo, perché non mi è consentito abbassare la testa quando lei mi fa una delle sue ramanzine.

«Sì, mamma. Non smetterò di andare in chiesa, se è ciò che ti preoccupa. Te lo prometto», giro la testa soltanto per alzare gli occhi al cielo in santa pace.

«E non ruotare gli occhi al cielo, altrimenti giuro che ti lascio sul ciglio della strada e tornerai a casa con un taxi!», minaccia aspramente.
Beh, cosa ne pensa Dio del suo essere così spregevole il novantanove percento del tempo?

Deglutisco e rimango in silenzio, dopodiché infilo gli auricolari nelle orecchie e chiudo gli occhi.
Lasciare il nostro attico a San Francisco per una nuova casa che ho visto soltanto in foto mi rallegra abbastanza. I miei amici amavano venire a casa mia. Tanto spazio, tante comodità, frigorifero sempre pieno, la tv che occupava metà parete e la piscina a disposizione di tutti.

Adesso avremo una casa più normale, più piccola, che dall'esterno non urlerà: Guardami, appartengo a Candie Lewis, una donna in carriera, ricca e arrogante da morire.

Il cellulare vibra tra le mie mani e sorrido non appena leggo il nome della mia migliore amica.

Zahra: Per caso ho detto qualcosa di sbagliato? Oggi non mi calcoli proprio.

Non sa ancora che mi sto trasferendo. Volevo che questa fosse una sorpresa. Finalmente dopo tutti i mesi passati a spostarmi da San Francisco a Santa Barbara, sempre e soltanto con mia madre, adesso potrò abbracciarla quando avrò voglia e passerò le giornate insieme a lei. Guarderemo film fino alla nausea, andremo in spiaggia, faremo un sacco di shopping e scatteremo una miriade di foto.

Il Mio Limite Sei TuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora