10. I waited for a girl like you to come and save my life

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Fitz an the Tantrums,
Out of my league




«È arrivato il corriere», annuncia Rosemary.

«Che cos'hai ordinato ancora?», chiede mia madre, guardandomi con curiosità.

Prendo il pacco e lo stringo sotto il braccio, poi vado nella mia stanza. «Niente, solo altri libri», rispondo.

Lo spacchetto e afferro il libro che Derek stava leggendo in libreria, ma che alla fine non ha comprato. Magari gli farà piacere averlo.

Oltre al libro, ho preso anche  alcuni prodotti per la mia skincare. Avrei potuto prenderli in qualche negozio fisico, ma la mia ansia sociale ha detto di no.
Da quando ho sofferto di acne anni fa, la paura che mi possa riapparire mi segue sempre come un'ombra. Ho fatto diverse visite e ci sono voluti mesi affinché trovassi i prodotti giusti.

Da allora, anche se fuori ci dovesse essere la fine del mondo, quando sono a casa, mi prendo cura di me. Ricordo fin troppo bene le occhiate degli altri e il mio desiderio di avere la pelle perfetta come quella delle mie amiche e del resto delle ragazze che frequentavano la mia scuola. Accettarsi è difficile e guardarsi allo specchio e non provare disgusto per la propria pelle, lo è ancora di più. È stato un processo lungo e ancora oggi non mi vedo perfetta. La mia pelle è migliorata, ma l'insicurezza e la paura di rimanere sola sono rimaste con me. E mi odio per questo. Odio la mia debolezza.

Dopo aver sistemato i prodotti in bagno, prendo il solvente per le unghie e un dischetto di cotone e inizio a sfregarlo delicatamente sull'adesivo sul quale vi è il mio indirizzo, fino a vedere l'inchiostro sbiadire.

Mia madre continua a dirmi come un disco rotto che sono troppo paranoica e che non ho nulla di cui temere, nonostante abbia denunciato l'accaduto di mesi fa insieme a lei.
Non avrei mai pensato che della semplice spazzatura potesse diventare un problema per me. A quanto pare, faccio parte di quella piccolissima percentuale di persone sfigate a cui rubano l'indirizzo di casa, rovistano all'interno della spazzatura per vedere cosa hai mangiato di recente, gli acquisti che hai fatto, gli scontrini e verificano perfino gli ordini a tuo nome.

Rosemary, la nostra nuova colf, bussa alla porta e mi sorride raggiante. «Ti ho portato uno spuntino».

«Te l'ha ordinato mia madre?», le chiedo.

«No, in realtà l'ho fatto io. I miei figli amano questo dolce, quindi ho pensato di prepararlo anche a te».

«Rosemary, sei troppo buona per lavorare per una come mia madre», scendo dal letto e le prendo il vassoio dalle mani.

«Oh, no, faccio io!», esclama.

«Non preoccuparti. Non sei qui per servirmi», appoggio il vassoio sul comodino e assaggio il dolce. Chiudo gli occhi e mugugno. «Questa torta è deliziosa», le dico sinceramente. «Adoro il cocco».
Lei congiunge le mani davanti al bacino e mi guarda con aria fiera finché non finisco.
«Adesso sono a posto».

«Sei molto riservata, non è così?», domanda all'improvviso. Prende il vassoio per riportarlo in cucina.

«Sì, è così. Non sono come mia madre».

«L'avevo capito. Se hai bisogno di me, chiamami», esce dalla mia stanza e io mi butto nuovamente sul letto con il quaderno tra le mani.
Prendo una penna e osservo il foglio bianco.
Inizio a tracciare delle piccole linee, la canzone Out of my League mi tiene compagnia. Pochi minuti dopo mi rendo conto di aver disegnato gli occhi più belli e semplici che io abbia mai visto. Sono profondi, hanno la forma leggermente allungata e le sopracciglia folte rendono il suo sguardo più espressivo.

Il Mio Limite Sei TuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora