- day one

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È incredibile quanto un posto possa ammaliare fin dal primo istante in cui mettiamo piede su quella terra

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È incredibile quanto un posto possa ammaliare fin dal primo istante in cui mettiamo piede su quella terra. Dalle enormi foglie verdi delle palme alle sfumature più blu dell'oceano, maestoso e sconfinato, Harry credeva di non poter essere sedotto da Salt Bay più di quanto già non fosse: si era dovuto ricredere.

Quando quella mattina si era alzato all'alba aveva assistito alla più bella creazione del mondo. Come un universo in crescita ed in espansione, il cielo blu cobalto e le stelle luminescenti avevano lasciato spazio al sole infuocato, striato di arancioni e rosa che si erano stagliati nelle acque e sulla sabbia come pennellate del più abile dei pittori.

L'isola dormiva.

All'orizzonte si muoveva qualche barca privata, niente a che vedere con i traghetti di linea per il trasporto pubblico, ma dal resort non proveniva alcun rumore. Erano solo lui, i passi morbidi soffocati dalla sabbia e il suo respiro regolare, perso nell'aria pulita di quella mattina d'oro.

Aveva percorso tutto il rettilineo del bagnasciuga fino a quando si era imbattuto in una vegetazione fitta che finiva all'interno dell'oceano e allora era tornato indietro. Per la prima volta in dieci anni non aveva indossato le cuffie. Si era lasciato cullare dal rumore delle onde e degli uccelli che si risvegliavano sugli alberi dietro il resort.

Un paio d'ore dopo, seduto sul terrazzo, aveva finito di bere un buon succo di guava. Aggiustò gli occhiali scuri tra i ricci scompigliati e si voltò ad osservare l'oceano, più azzurro che mai sotto lo sguardo attento del guardiano sole. Qualcuno faceva già il bagno tra le onde, Jesse e Bryan non si erano ancora visti dalla sera precedente.

Harry si sfiorò la fede all'anulare, l'accarezzò in un gesto usuale di quando era nervoso, o pensieroso.

Rifletteva su quel posto, su quella vacanza. Avrebbe desiderato Richard seduto nella sedia di fronte, a sorseggiare con lui il primo vero succo di frutta della sua vita, di quelli fatti al momento e senza conservanti. Gli sarebbe piaciuto di certo. E poi avrebbe tenuto tra le mani il suo taccuino, quello dove annotava le idee per i suoi saggi. Quando Harry fosse già stato ipnotizzato dalla sua scrittura lenta, avrebbe alzato gli occhi nei suoi e avrebbe fatto un commento accorto, avrebbe detto la cosa giusta al momento giusto, gli avrebbe sorriso di quel sorriso confortante. Il volto di Richard ispirava fiducia. Harry era abbastanza sicuro che fosse per l'accenno di barba e baffi brizzolato, per i folti capelli scuri sempre pettinati con accortezza, o forse era per la forma squadrata del viso che infondeva stabilità.

Ormai aveva poca importanza, comunque. Quella stabilità e quel conforto erano stati buttati per sempre.

«Signor Styles, la colazione era buona?»

Harry sollevò gli occhi dalla sedia vuota di fronte a lui. Tilly aveva il solito sorriso gentile sul viso, una camicetta bianca stretta in vita e la gonna fin sopra le ginocchia ad accentuare le sue forme morbide.

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