Prologo

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Dalle finestre del terzo piano il panorama risultava bellissimo.
Gli enormi alberi circondavano il vialetto che portava al campo di grano che si estendeva per interi chilometri. Il colore blu del cielo manteneva in me un senso di quiete.

Mi portai una mano tra i mossi capelli biondo cenere e cominciai ad arrotolarli intorno all'indice e al medio, sospirando.

Quanto mi sarebbe piaciuto poter vedere cosa c'era oltre quei campi di grano, oltre le colline che si ergevano lontano dalla mia casa, oltre il recinto che mi separava dal resto del paese.
Ma ero qui, come ogni giorno, e non potevo andarmene.

Sbuffai gonfiando le mie piccole guancie e mi alzai dalla sedia a dondolo.
Passai le mani sul vestito, in un finto gesto di spolveramento, e mi diressi al piano di sotto.

Le scale di casa mia erano infinite; lunghi gradoni di marmo bianco ti portavano dal primo piano fino al terzo.
Mio padre mi aveva confinata nella stanza più alta e remota della casa, questo per diminuire ogni possibilità di fuga da parte mia. Insomma, se mi fossi lanciata dalla finestra della mia camera mi sarei sicuramente spaccata l'osso del collo, se invece avessi cercato di scendere gli scalini durante la notte e di sgattaiolare da una qualsiasi porta secondaria la sorveglianza mi avrebbe scoperta.
Ma, sinceramente, per il momento avevo abbandonato le mie strampalate idee su eventuali piani di fuga, dopo le ultime bacchettate sul sedere che mie ero presa da mio padre non avevo intenzione di ripetere l'esperienza almeno per un po'.

Mi fermai a pensare a quello spiacevole episodio e feci una smorfia di dolore, passandomi poi il palmo della mano sul gluteo destro e massaggiandolo, come se potessi ancora sentire il dolore provato.

"Signorina Scarlett, che sta facendo?" benissimo, il domestico Dawson mi aveva appena beccata ferma sugli scalini mentre mi massaggiavo il sedere. Complimenti per la figura Scarlett, sei sempre tanto persa nei tuoi pensieri che nemmeno ti rendi conto di quello che ti sta intorno.

Feci un piccolo saltello sul posto per ricompormi e, guardando imbarazzata il vecchio Dawson, gli risposi "emh, niente di cui dovrebbe interessarti Dawson, una signorina ha bisogno della sua privacy".
Detto questo mi girai filandomela, sotto lo sguardo stranito del domestico.

Nella mia mente mi tirai una serie di manate in fronte ripensando a quello che avevo detto, mi ero inventata delle sciocchezze enormi.
Una signorina ha bisogno della sua privacy, sul serio? Oddio ero una stupida, ma come potevano venirmi in mente certe frasi!

Scossi energicamente la testa cercando di riprendermi e continuai a marciare verso la sala principale. Se mia madre mi avesse visto camminare in quel modo goffo mi avrebbe sicuramente tirato uno scappellotto bello potente.

Prima di entrare nella sala mi fermai a guardare il mio aspetto nel vecchio specchio d'entrata.
Goffa, spettinata e con la pelle talmente tanto bianca che avrebbe fatto invidia anche ad un albino.

Cercai di ricompormi passandomi le dita tra i capelli per renderli più presentabili e raddrizzando la postura con la schiena.

Molto meglio.

Feci un respiro profondo e spinsi con tutte le mie forze l'enorme porta in ferro battuto che mi avrebbe dato l'accesso all'enorme salone.

"Schmidt, vieni subito qui! Tu, vai in cucina e prepara un menù speciale per i nostri ospiti! Nessuno di voi perda tempo, abbiamo solo due giorni per organizzare tutto!"
L'isterica voce di mia madre riempiva di urli i nostri poveri domestici, avrei voluto tanto sapere cosa stava succedendo.

Non feci nemmeno in tempo ad entrare completamente che già mia madre mi aveva vista. Accidenti!

Forse se me ne vado velocemente farà finta di niente e mi lascerà in pace. Dio ti prego fa che sia così.

American SoldierDove le storie prendono vita. Scoprilo ora