Capitolo 17

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Obama percorreva la strada davanti a sé con passo incerto. Aveva abbandonato la sua amata Michelle, e si sentiva in colpa, ma d'altro canto era consapevole di aver fatto la cosa giusta, incitando Michelle a darsi una calmata agli ormoni e decidere una buona volta da che parte stare (E soprattutto con chi). Mentre era assorto nei suoi pensieri, si accorse di un oggetto che luccicava in mezzo all'erba. Si avvicinò cautamente, e quando fu abbastanza vicino notò che si trattava di una boccetta di vetro, al cui interno vi era una sostanza verdognola. Portò la boccetta davanti agli occhi, siccome non riusciva a leggere il bigliettino attaccato a questa, e quando finalmente lo vide saltò indietro dal terrore. Il biglietto diceva: "Pozione per creare mostri mangiapresidenti". Obama sapeva fin troppo bene chi fossero quei mostri. Si ricordò di come lui e i suoi amici fossero riusciti a ucciderli e a farli estinguere dal presente di Plutone, ma se quei mostri esistevano nel presente... allora dovevano esserci anche nel passato. Obama non fece in tempo a capire cosa significasse quella pozione: sentì un rumore alle sue spalle e in un attimo davanti ai suoi occhi calò il buio.

Punto si accasciò a terra, triste e sconsolato. Gli mancava Milky, si sentiva lasciato da parte anche dagli amici che erano ancora in vita. Pensò che tutto quel viaggio fosse stato inutile. Il mostro era chissà dove, lui e gli altri si erano separati, ormai non c'era alcun motivo per restare lì, nel passato, a cercare una vendetta che sembrava non arrivare mai. Si rialzò in piedi e tornò indietro: dovevano riunirsi e prendere la macchina del tempo, che era rimasta all'hotel, e tornare finalmente nel presente.
Poi, come se la risoluzione della situazione gli fosse passata fra le mani, ebbe un'illuminazione (Prometto che è l'ultima parola con "zione"). E capì.
-Devo avvertire gli altri...- sussurrò con un filo di voce.
Ma un ombra gli si avventò contro, facendolo cadere a terra svenuto.

Barack incitava il cavallo a correre giù per la via che portava fuori dal bosco; era furioso con Michelle, era furioso con Obama, era furioso con Punto, era furioso con tutti. Una ruota del carro saltò a una buca, e Barack finì con il sedere a terra, mentre il cavallo fuggiva impazzito. Dolorante, si inginocchiò a terra e cominciò a imprecare furiosamente, e a piangere, e a insultare il carro, e a piangere ancora. Una voce femminile richiamò la sua attenzione. Barack si girò e vide davanti a sé la dea Silicone ad altezza umana, che gli sorrideva in modo inquietante. Barack scattò all'indietro, terrorizzato, ma la dea lo bloccò subito, dicendogli di stare tranquillo. Barack era molto sospettoso, ma la dea iniziò a parlare: -Non è da te che voglio vendetta. L'unico mio desiderio è uccidere Obama, lui mi ha portata via dalla mia isola, mi ha umiliata, e ora tutto ciò che voglio é catturarlo, farlo in mille pezzi, masticarlo lentamente fra i denti, mangiarmelo a colazione, e... hai capito.-
Barack continuava a fissarla intimorito, ma allo stesso tempo una parte di lui, oscura, gli suggeriva di dare ascolto alle parole della dea. -Non è quello che anche tu vuoi? Farò in modo che Obama riceva ciò che si merita. Tu e gli altri tuoi amici sarete liberi di tornare indietro, io stessa vi aiuterò. Nessuno saprà del nostro patto. Tu aiuta me, io aiuterò te.-
La dea spalancò la sua bocca in un sorriso inquietante, mentre Barack si mordeva le labbra, nervoso: se avesse ucciso Obama, Michelle sarebbe stata finalmente sua. La dea avvicinò la mano a Barack per sancire l'accordo, e lui, lentamente, alzò il braccio e gliela strinse.

Barack osservava la scena davanti a lui: Michelle, Obama e Punto erano incatenati alle sbarre di una cella, giù, nei sotterranei di Gina la piadina. La dea aveva aggiustato il suo carro e lo aveva convinto a trasportarli lì, nel suo covo, senza rivelargli le sue vere intenzioni.
-Allora?- chiese Barack, spazientito. -Avevi detto che volevi solo Obama, perché mi hai fatto catturare anche gli altri? Che storia è mai questa?!-
Barack era preoccupato e pentito di ciò che aveva fatto, ma era troppo tardi ormai. Poi, la sua curiosità venne attirata da una boccetta su un tavolino di fianco alle celle, e un brivido gli percorse il corpo.
-Cos'è?- chiese, impaurito.
La dea scoppiò in una delle sue risate inquietanti. -È la tua fine, piccolo e insulso umanoide. La tua e quella dei tuoi amici. Forse non hai ancora capito chi sono? Che quella che chiamate dea Silicone in realtà... Sono io?-
Barack guardò inorridito la faccia della dea sgretolarsi e fare posto a una maschera di cacca puzzolente.
-Lo sapevo!- strillò Punto, bloccato dalle catene. -Eri tu! Il mostro di cacca! Per tutto questo tempo siete stati la stessa persona!-
Il mostro di cacca si sgranchì le gambe e sollevò compiaciuto la boccetta vuota sul tavolo di fianco a lui. -Qui dentro ho versato la mia bava, quella che serve a creare nuovi mostri, e ho rilasciato il virus in tutti i tubi delle fogne della città. Entro sera, tutti gli abitanti della Roma Plutonica verranno infettati, e trasmetteranno la malattia a tutto il pianeta. Un esercito di mostri mangiapresidenti marcerà contro tutti voi, insulsi esseri umani, e vi annienterà! Vi ucciderò ora, cambiando il corso degli eventi: voi non sarete mai esistiti nel futuro e niente e nessuno annienterà mai la mia specie!-

Quando finì di gloriarsi del suo piano diabolico, il mostro di cacca si accorse che Barack era fuggito, e le celle erano vuote. I nostri eroi uscirono di corsa fuori da Gina la piadina e osservarono pietrificati la scena davanti ai loro occhi: mostri mangiapresidenti. Mostri mangiapresidenti ovunque.
Una sola parola: correre.

~Obama
~Barack

Obama & Barack [Libro 1]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora