5. PATTO DI SANGUE
"Questo è ciò che potrebbe essere l'inferno: una piccola chiacchierata al mormorio del Lete riguardo ai bei tempi andati, quando preferivamo essere morti."
(Samuel Beckett)
Il giorno dopo
Rachel non aveva resistito. Intorno alle quattro e un quarto del pomeriggio aveva visto Ariadne sgattaiolare via da sola. Lo aveva fatto anche la sera precedente. Dove andava? Per scoprirlo Rachel aveva deciso di seguirla. Alla fine erano arrivate al British Museum alle cinque in punto. Ariadne era entrata e non era ancora uscita.
Mentre scrutava intorno a sé in cerca di indizi sulle attività segrete della cognata, notò una ragazza seduta sulle scale che fumava e si godeva il sole.
“Hai ancora molto da fissare?”
Rachel sussultò al suono rude di quella voce. La ragazza sulle scale adesso la stava guardando con un sopracciglio inarcato.
“I-o…beh…non…vi stavo…fissando…”
“Stavi solo ammirando la mia bellezza.”
Rachel arrossì così tanto che quasi le andarono a fuoco le orecchie. Ogni volta che si ritrovava in quella situazione emergeva quella parte di sé che da anni tentava di soffocare.
“Perdonatemi, signorina. Sono stata maleducata.”
La ragazza si alzò, spense la sigaretta sotto la scarpa e si avvicinò a lei. Odorava di mare e di alcol, era un miscuglio stranamente piacevole.
“Io sono sempre maleducata! Comunque, piacere, io sono Nadina Iliescu.”
“Iliescu? Non siete inglese. Da dove venite?”
“Sono una gipsy. Sono nata in Romania ma vivo in Inghilterra da dieci anni.”
Rachel studiò meglio la ragazza e si accorse dei tratti scuri che marcavano la sua bellezza gitana: capelli neri, occhi neri, folte sopracciglia, zigomi spigolosi.
“Io ho sempre voluto visitare la Romania! Nel vostro paese ci sono spunti di riflessioni per ogni tipo di articolo.”
“E come si chiama la nostra scrittrice?” chiese Nadina.
“Rachel King, il piacere è tutto mio.”
Le due si strinsero la mano e Nadina col pollice sfiorò le nocche di Rachel.
“King, eh? Mai sentito. Tu scrivi, ho capito bene?”
Rachel ritirò la mano e sorrise con imbarazzo, nessuno le chiedeva mai dei suoi interessi a parte Ariadne.
“Sì, io scrivo. Sono una giornalista più o meno. Sapete, essendo una donna è molto difficile essere assunta da un vero giornale. Io scrivo come freelance e sotto pseudonimo.”
“Che donna incredibile.” Si complimentò Nadina.
“Oh, no…le donne incredibili sono altre! Io sono…Rachel.”
“Questo può bastare, credimi. Ti va una tazza di tè, Rachel?”
“Molto volentieri.”
Ariadne e Tommy entrarono nella Sala 4 e superarono un gruppo che stava ascoltando la guida. Si ritrovarono davanti al busto di Ramses II, un pezzo enorme rinvenuto a Tebe e portato a Londra nel 1861.
Ariadne si soffermò sui tratti del busto, sul copricapo del faraone, sul taglio degli occhi e delle labbra.
“Si dice che Ramses abbia amato per sempre la sua prima moglie Nefertari. Il sole stesso splendeva per amore di lei.”
“Sei anche esperta di faraoni?” la punzecchiò Tommy.
Ariadne gli diede una leggera gomitata e rise, poi gli fece cenno di proseguire la visita.
“Per i miei undici anni Eric mi regalò un libro sull’antico Egitto. C’era un’illustrazione di Nefertari, ed era così bella e maestosa. Desideravo essere come lei, una regina immortale. Anni dopo ho realizzato che al massimo posso essere la sguattera di corte.”
“Tu sei più di questo. Puoi essere quello che vuoi.” Disse Tommy.
“Magari nella prossima vita, dato che in questa esistono mia madre e Mick.”
Si fermarono qualche istante ad ammirare la collezione di gioielli antichi, alcuni dei quali erano stati recuperati durante gli scavi archeologici nelle aree delle tombe egiziane.
“A proposito, hai scoperto altro sull’ex moglie di Mick?”
“No, solo quello che ti ho scritto nel biglietto.”
Ariadne si mise a braccetto con Tommy e lo trascinò verso la teca che conteneva un’antichissima corona.
“Stavo pensando che Mick sta adottando una strategia.”
“Sarebbe?”
Tommy la spinse verso un angolo isolato della Sala, lontano da persone che potessero udirli.
“Si sta difendendo. L’ex moglie viene portata via dal convento. Il figlio viene richiamato dal fronte. Mick parte per un viaggio misterioso in America. Tutto accade nel giro di una settimana. E’ una chiara strategia di difesa.”
Ariadne doveva ammettere che quel ragionamento aveva senso. Mick stava ritirando dalla partita tutti i suoi giocatori.
“Si sta difendendo da qualcosa…o da qualcuno.”
“Esatto. Ma da chi?”
“La lista di nemici è infinta quando sei a capo di una gang.” Disse Tommy.
“Ma questo nemico spaventa Mick al punto di prelevare l’ex moglie che non vede da anni.”
Lasciarono la Sala 4 e si diressero al giardino botanico dove si incontravano di solito. Quel martedì, essendo mattina, c’era poca gente e poterono sedersi alla solita panchina.
“E se tuo fratello Eric sapesse qualcosa? In fondo è lui che conosce bene Mick.”
Ariadne si alzò, non riusciva a stare seduta e per riflettere aveva bisogno di camminare su e giù. Un pensiero le frullava in testa.
“C’è una persona che conosce Mick meglio di tutti noi: mia madre.”
“Te la senti di affrontarla?” domandò Tommy.
“Posso farcela.”
Ariadne e Rachel rincasarono in tempo per il tè. La governante aveva già apparecchiato la tavola con tre tazze. Ariadne notò subito quel dettaglio e rimase bloccata sulla porta con la bocca semiaperta.
“Abbiamo ospiti?”
“C’è vostra madre in salotto.” Spiegò la governante.
Che strano, pensò Ariadne. Nel momento in cui cercava sua madre, questa era magicamente comparsa a casa sua. Lei e Tommy avevano ragione sul ritenere che ci fosse davvero qualcosa sotto.
“Ariadne, vieni!” la richiamò Rachel.
Ariadne entrò in salotto con la schiena dritta e la testa alta, non voleva mostrarsi fragile agli occhi velenosi della madre.
“Salve, madre.”
Marianne Evans sedeva all’angolo del divano in tutta la sua austerità. Abito nero, scarpe lucide, capelli raccolti in uno chignon strettissimo, espressione arcigna.
“Ariadne, ti trovo…bene.” mentì la donna.
“Perché sei qui? Che sta succedendo?”
Dal corridoio emerse Mick, bianco in volto e con l’espressione di un cane bastonato. Si avvicinò a Marianne, insieme sembravano una coppia dell’orrore.
“Vieni nel mio studio, Ariadne. Dobbiamo parlare.” Disse Mick.
Ariadne era irrequieta sulla poltrona. Quella imbottitura di solito era comoda, ma in quel momento sembrava di essere seduta su rovi di spine. Marianne prese posto accanto a lei e Mick si sedette a capo dello scrittoio.
“Parlate pure alla condannata a morte.” Esordì Ariadne.
“Non fare la sciocca, per cortesia.” La rimproverò la madre.
Mick si appoggiò allo schienale e incrociò le mani sotto il mento, non era mai sembrato tanto turbato come in quel momento.
“C’è una persona che ci sta creando molti problemi.”
“E io cosa c’entro con Tyler Nolan?” la buttò lì Ariadne.
Marianne e Mick si guardarono sconvolti, non si aspettavano che lei citasse quel nome.
“Tu conosci Nolan?”
“Io conosco molte persone, tra queste alcune mi hanno riferito che c’è Nolan dietro l’attacco al partito fascista.”
Mick si passò le mani sulla faccia, pareva invecchiato di cento anni.
“Nolan è un uomo pericoloso, Ariadne. Sono andato in America per mettere al sicuro i nostri conti. Lui gestisce molte banche in Inghilterra, i nostri soldi non erano al sicuro.”
“Nostri?” gli fece eco Ariadne.
“Mick ha trasferito anche i nostri conti.” Spiegò Marianne.
Ariadne si mise a ridere. Era divertente e terrificante al tempo stesso che suo marito – spostato per un matrimonio combinato – avesse pensato di salvare i soldi della famiglia Evans.
“Quindi Nolan è il lupo cattivo? Invece noi siamo persone tanto oneste e innocenti.”
“Misericordia…” mormorò Marianne infastidita.
“Nessuno è il cattivo della propria storia. In questo caso noi siamo gli eroi.” Disse Mick.
Ariadne accavallò le gambe e incrociò le mani sullo stomaco, non smetteva di ridere.
“Che eroi del cazzo. Per colpa nostra l’eroismo morirà.”
“Taci!” sbottò Marianne.
“Madre, hai bisogno di una camomilla? Posso chiedere ai miei uomini di Camden Town di preparare un carico speciale per te.”
Marianne la fulminò con lo sguardo, cosa che da piccola la terrorizzava al punto da farle rizzare i peli sulle braccia, mentre adesso la faceva ridere ancora di più.
“Sei una disgraziata. Non meritavo una figlia come te.”
“Basta! Pensiamo agli affari.” disse Mick.
Arianne spostò lo sguardo su di lui e provò pena per un uomo il cui unico interesse erano i soldi. Mick era così spaventato di perdere i suoi guadagni che addirittura aveva invocato l’aiuto di Marianne.
“Che cosa volete da me?”
“Per prima cosa ti raccontiamo come stanno le cose. Marianne, prego.”
Marianne fece una smorfia, avrebbe preferito camminare sui carboni ardenti anziché parlare con la figlia. Ma si trattava di affari e suo marito le aveva insegnato che per quelli si doveva sempre scendere a patti.
“La storia è questa…”
Trenta anni prima
Philip Evans beveva allegramente in compagnia di Eugene King e Tyler Nolan. I tre erano amici dai tempi della Prima Grande Guerra, erano partiti insieme ed erano tornati dal fronte insieme. La guerra li aveva uniti come fratelli, sebbene non vi fossero tra loro legami di sangue.
“Come stanno le famiglie?” domandò Philip.
“Ieri Mick ha compiuto cinque anni e gli ho regalato un trenino.” Disse Eugene.
Tyler si versò da bere e tracannò l’alcol in un colpo solo, sentiva già l’ebbrezza farsi strada nel suo corpo.
“E adesso come mangerete tu e la famiglia? Siamo tutti dei morti di fame.”
La guerra li aveva lasciati poveri come erano partiti. Una volta tornati a casa il Governo li aveva congedati senza uno spicciolo, erano caduti in miseria così come erano sempre stati.
“Andrò a spalare merda per Charlie Strong, inizio domani.” Rispose Eugene.
“Charlie Strong è uno stronzo che paga poco.” Si lamentò Philip.
“Almeno tu campi con i soldi della famiglia di Marianne.” Disse Tyler.
Mentre Eugene aveva Mick e Tyler aveva Alexander, Philip e sua moglie avevano adottato in gran segreto il figlio della cognata Doris e i nonni provvedevano per il bambino.
“Sì, ma la grana voglio portarla io a casa. Sono un uomo, cazzo!”
I tre amici si misero a ridere e buttarono giù altro alcol. Le poche sterline che avevano guadagnato ben presto finirono sprecate in whiskey e sigarette.
“Ho un’idea!” esclamò Tyler, ormai ubriaco.
“Sentiamo la stronzata.” Disse Eugene.
Tyler si alzò e tirò fuori dalla tasca un coltellino, lo depose sul tavolo e si abbassò per parlare agli amici da vicino.
“Siamo fratelli, amici miei. Siamo una cazzo di famiglia, e le famiglie si proteggono a vicenda. Facciamo un patto di sangue che ci unirà per sempre. Fino alla morte.”
“Fino alla morte!” giurò Philip.
“Fino alla morte!” promise Eugene.
“…e così quella sera fecero un patto di sangue. Ma le cose andarono diversamente: Eugene andò a lavorare presso lo zuccherificio e morì nell’incendio che distrusse la fabbrica; tuo padre Philip creò i Blue Lions; Tyler, deluso dall’abbandono dei suoi migliori amici, si trasferì a Londra e diede vita al primo circolo sportivo per ricchi e nel frattempo si dedicava alla malavita.”
Ariadne conosceva la storia dei genitori di Mick, conosceva suo padre e immaginava che Tyler fosse invischiato da tempo nei malaffari.
“Quindi Eugene si è ripulito mentre mio padre e Tyler si sono dati al crimine. E quindi? Ancora non capisco.”
“Un anno fa il figlio di Tyler è morto durante un incontro illegale di boxe.” Disse Mick.
“Nolan vuole che lo aiutiamo a vendicare il figlio?” chiese Ariadne.
Mick abbassò la testa e sospirò, sembrava sull’orlo delle lacrime.
“Lo ha ucciso uno dei miei. Nolan vuole vendicarsi di me.”
“E vuole vendicarsi anche di te dato che sei sua moglie.” Aggiunse Marianne.
“E dato che i nostri padri hanno spezzato il legame di sangue.” Disse Ariadne.
“Capisci, Ariadne? Abbiamo bisogno l’uno dell’altra.” La supplicò Mick.
“Mi obblighi ad un matrimonio combinato, mi riempi di botte e di minacce, uccidi l’uomo che amo, e adesso chiedi il mio aiuto? Sei patetico!”
“Il nostro matrimonio è stato stabilito anni fa!”
“Come, scusa?”
Mick guardò Marianne e con gli occhi la invitò a raccontare tutta la storia, anche le parti più oscure.
“Quando sei nata tua, i vostri padri hanno deciso che un giorno vi sareste sposati.”
“Che schifo! Quando sono nata Mick aveva già dieci anni! E poi, sul serio ventiquattro anni fa è stato deciso questo matrimonio? Follia! Pura follia!”
Ariadne si sentì come una bambola di pezza che passava di mano in mano. La sua vita non era mai stata davvero sua, era sempre stata di qualcun altro che aveva fatto le scelte per lei.
“Quel patto di sangue…”
“Quel patto di sangue è una stronzata! E mentre i nostri padri giocavano a fare gli organizzatori di matrimoni, Tyler si è sentito abbandonato e si è incattivito. Ecco il risultato delle vostre azioni!”
Ariadne si alzò e uscì come una furia dallo studio, sbattendo la porta così forte da far cadere un vaso di fiori. Si sentiva come quei cocci di vetro a terra: spezzata, incapace di riunire i pezzi.
Ariadne si stava togliendo le scarpe quando Marianne fece irruzione nella sua stanza. In mezzo al candore dei mobili sembrava un corvo nero.
“Sei venuta a farmi la ramanzina?”
“Ariadne, la nostra famiglia è in pericolo. Devi dirmi dove hai nascosto i tuoi fratelli.”
“Lontani da te e al sicuro.” Replicò Ariadne.
Con Eric in Svizzera e Julian in Irlanda poteva almeno non preoccuparsi della famiglia. Aveva chiesto soldi in prestito ad Alfie Solomons per sistemare i fratelli e, sebbene avesse contratto un debito per farlo, era contenta che fossero al sicuro.
“Non credere davvero che le cose sfuggano al mio controllo. Io so che a Camden Town continuano a produrre e a smerciare alcol illegale. Gli uomini di Solomons sono ancora sotto il tuo comando. La settimana scorsa il tuo cagnolino, quel tale Jonah, ha incontrato Byron Davis per vendergli l’ennesima cassa di alcol.”
Ariadne sorrise e scrollò le spalle, lieta che il suo fedele braccio destro badasse agli affari per lei. Aveva lasciato Birmingham ma non aveva lasciato la sua vita.
“Come mai Enea Changretta non si è ancora intromesso nell’affare? Ormai la città appartiene a lui.”
“Perché ad Enea non interessano quattro spiccioli che provengono dalla vendita di alcolici. Lui punta alle grandi fabbriche e agli aristocratici, e ci sta riuscendo. Sta conquistando Birmingham mattone dopo mattone. Intanto gli Shelby annaspano e i Peaky Blinders sono alla deriva.”
Marianne parlava con una tale sicurezza che Ariadne sin da bambina invidiava. Lei era sempre stata piena di insicurezze, non era mai stata abbastanza, e sua madre aveva contribuito ad alimentarle.
“Vuoi che faccia un applauso ad Enea?”
“Voglio che tuo fratello Eric torni a Birmingham e si riprenda il potere. E perché ciò avvenga tu devi collaborare con Mick per occuparti di Nolan.”
“No. Eric e Julian restano fuori da ogni discussione.” Disse Ariadne.
“Sciocca ragazza. Credi davvero di poter fare tutto tu? Sei solo una bambina che gioca a fare l’adulta.”
“Sono una donna che sa quello che vuole e fa di tutto per ottenerlo.”
Marianne sorrise, quel sorriso meschino che sfoggiava quando stava per insultarla.
“Oh, sei così tenera quando ostenti sicurezza e coraggio. Sei come un insulso moscerino che viene schiacciato prima di volare.”
Ariadne rimase ferita ma non lo diede a vedere. Nonostante fossero passati anni, sua madre la odiava come il primo giorno. Niente avrebbe mai potuto cambiare quel sentimento.
“Facciamo un patto: tu mi lasci in pace per sempre e io metto i Blue Lions nelle tue mani, diventerai la regina della città.”
“E come farai a liberarti di Changretta?”
“Me la vedo io. Ci stai o no?”
Ariadne allungò la mano e Marianne a fissò come fosse un arto mozzato. Poi raddrizzò la schiena e strinse la mano della figlia con vigore.
“Ci sto.”
“Quindi Nolan vuole uccidere te e Mick perché i vostri padri hanno infranto un patto di sangue vecchio di trent’anni?”
“E la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la morte di Alexander per mano di un uomo di Mick.”
Ariadne notò l’espressione sgomenta di Nadina, la ragazza possedeva grandi capacità espressive.
“Che casino.” Commentò Nadina.
“E il patto con tua madre?” chiese Tommy.
Ariadne aveva raggiunto Yellow Camp dopo la mezzanotte e per fortuna aveva trovato Tommy ancora sveglio che districava le reti per la pesca del giorno dopo. Adesso sedevano tutti i tre nel caravan di Nadina e si aggiornavano sulle ultime novità.
“Lei mi lascia in pace a patto che io la metta a capo dei Blue Lions. Per farlo dovrò trovare un modo per liberare Birmingham da Enea Changretta.”
“La mia famiglia non permetterà mai che tua madre si prenda la città.” Disse Tommy.
Ariadne gli lanciò uno sguardo torvo, era scontato che lo sapesse. Nella sua mente aveva tenuto conto di tutto.
“Lo so. Fidati di me, ho un piano.”
“Allora mi devo preoccupare.” Disse Tommy.
Nadina rise e controllò l’ora, dunque si infilò la giacca e si avvicinò alla scaletta del caravan.
“Io vi saluto. Passerò la notte fuori, perciò potete restare qui a ordire piani malvagi. Tom, ci vediamo all’alba alla barca.”
Tommy annuì e con un cenno della mano salutò la ragazza che corse via prima di essere scoperta dalla nonna.
“Perché ti fai chiamare Tom? Credevo di essere l’unica a chiamarti così.”
“Perché, quando mi sono svegliato dopo essere stato ore in acqua, l’unica cosa che ricordavo era una ragazza dai capelli rossi che mi chiamava Tom. Per i primi giorni la memoria andava e veniva, poi si è ristabilita.”
“Sarebbe bello poter dimenticare tutto.” Sospirò Ariadne.
Tommy aprì uno sportellino e tirò fuori una bottiglia di rum, poiché Nadina non beveva whiskey, e stappò il tappo senza fatica. Si attaccò direttamente alla bottiglia per bere.
“Se tu potessi, ricominceresti tutta la tua vita daccapo?”
Ariadne gli tolse la bottiglia dalle mani e bevve un sorso che le bruciò la gola, il rum non le piaceva affatto; eppure ne bevve un secondo sorso.
“Vorrei ricominciare in un altro posto e in un’altra famiglia, forse allora sarei felice. Tu?”
“Vorrei rivivere tutto fino all’inizio della guerra. Non partirei per il fronte, continuerei a lavorare con i cavalli e con Charlie Strong. Ci penso spesso ultimamente.”
Tommy si portò una sigaretta alle labbra ma non l’accese, la lasciò penzolare all’angolo della bocca.
“Tommy Shelby che vuole una vita tranquilla. Sto forse sognando?” scherzò lei.
“Questa nuova vita, quella di Tom il pescatore, non è poi così male. Non ho una bella casa, non ho vestiti costosi e non ho soldi, ma perlomeno la mia testa è serena.”
Ariadne mandò giù un altro po’ di rum, ne aveva bisogno per affrontare discorsi di quella profondità.
“A me manca la vita semplice Judith. Certo, pulivo i cessi di una bettola, ma ero felice perché potevo studiare e non dovevo temere di essere picchiata per le mie opinioni.”
A quel punto Tommy accese la sigaretta per conforto, fumare era una di quelle abitudini che gli facevano sembrare la vita normale.
“Per stanotte possiamo fingere di essere solo Judith e Tom.”
Ariadne sorrise e scosse la testa, facevano sempre quello stupido gioco di fingere di essere altrove, in una dimensione inesistente ma perfetta per loro.
“E cosa farebbero Judith e Tom insieme?”
Tommy si andò a sedere accanto a lei sul letto di Nadina, una misera branda cigolante e con le reti che sbucavano dal materasso, e le sollevò il mento con le dita. Le accarezzò il contorno delle labbra col pollice.
“Farebbero questo.”
Poi la baciò. Ariadne dapprima rimase immobile, dopodiché si abbandonò a quel tocco e si lasciò trasportare.
“Judith e Tom sarebbero felici, sai.” Sussurrò lei.
Tommy lasciò scivolare le dita lungo il collo della ragazza, era un percorso che conosceva bene e che adorava.
“Sì. In un’altra vita anche noi saremmo felici.”
Ariadne lo spinse sul letto e si mise a cavalcioni, sorridendo con malizia.
“Magari nella prossima vita ci attende l’inferno, almeno sarà caldo.”
“Meglio servire all’inferno che regnare in paradiso.” Replicò lui.
Tommy le alzò la gonna e iniziò a sganciare i lacci che mantenevano le calze. Abbassò ciascuna calza con lentezza, accarezzando ogni centimetro delle gambe e delle ginocchia. Intanto Ariadne lo guardava e sorrideva, per quella notte voleva sentirsi leggera e dimenticare i problemi. Erano di nuovo insieme, questo era tutto ciò che contava.
Ariadne gli sbottonò la camicia e iniziò a lasciare una scia di baci umidi sul petto e lungo l’addome. Arrivata all’orlo dei pantaloni, slacciò la cintura e sciolse il bottone.
“Continuo a credere che tu sia un perfetto soggetto da ritrarre.”
Tommy si sdraiò e si lasciò togliere tutti i vestiti, incurante del letto che cigolava ad ogni movimento.
“Ti piacerebbe ritrarmi nudo?”
La ragazza rise mentre con la punta delle dita seguiva le linee di quel torace muscoloso. Tracciò ogni tatuaggio e ogni cicatrice, anni e anni di storie incise sulla pelle.
“Sarebbe uno studio molto interessante.”
Tommy a quel punto le sfilò la camicetta e le abbassò le corde del reggiseno per baciarle le spalle. Infilò una mano fra i ricci rossi e le tirò indietro la testa per poterle baciare il collo. Ribaltò le posizioni e Ariadne finì sotto di lui, bellissima e completamente sua. Ti amo, avrebbe voluto dirle. Invece, come suo solito, preferì reprimere i sentimenti e lasciare che fossero le azioni a parlare per lui.
Trascorsero così il resto della nottata, fra sospiri di piacere che li portarono oltre il baratro.
C’era una cosa che Ariadne rimpiangeva davvero della vita di Judith: l’arte. Da quando era tornata a Birmingham un anno prima aveva pian piano smesso di disegnare, aveva abbandonato la sua grande passione perché fagocitata da quel mondo criminale che l’aveva fatta a pezzi. A volte temeva che non avrebbe mai più recuperato la vena artistica, e questo le spezzava il cuore più di tutto.
“Lo so che sei sveglia.”
Tommy era sdraiato accanto a lei, stava fumando e il lenzuolo gli copriva a stento i fianchi.
“Lo so che lo sai. Stavo pensando.”
“A cosa?”
“A tutto e a niente.”
Ariadne si mise seduta e si passò una mano fra i capelli, quella matassa rossa che sin da piccola la rendeva bersaglio di occhiatacce e insulti. Si allungò per afferrare la bottiglia di rum e ne prese un goccio, giusto per bagnarsi la gola poiché non c’era acqua nel caravan di Nadina.
“Qualcosa ti preoccupa?”
Tommy lo sapeva che Ariadne non si sarebbe sfogata, su questo aspetto erano simili. Loro si tenevano tutto dentro per poter reggere quella vita.
“Devo parlare con Nolan e assicurarmi che non voglia uccidere i miei fratelli. Devo salvare almeno loro.”
Ariadne si girò verso di lui e gli rubò la sigaretta dalle labbra, poi ne prese un tiro. Da quando aveva sposato Mick le era capitato qualche volta di fumare per allentare la tensione.
“Stai facendo troppi accordi, ti seppelliranno prima o poi. E con Nolan non si scherza. Ti ricordo che vuole uccidere anche te.”
Ariadne spense la sigaretta sul comodino sgangherato e gettò a terra il mozzicone, in mezzo ad altri mozziconi abbandonati da chissà quanto tempo.
“Ho una carta da sfruttare con Nolan che potrebbe garantirmi la sua lealtà.”
“Quale?”
Lei non rispose, non voleva condividere quella ‘carta’. Si avvicinò a Tommy e lo baciò con passione per distrarlo. Lui, che era debole quando si tratta di Ariadne, si sciolse come neve al sole. La seguiva e le ubbidiva come un bravo cagnolino.
Quel bacio sapeva di fumo e rum, una combinazione che stava mandando Tommy fuori di testa. Perché lei era così: fuoco e ghiaccio insieme, un mix che gli faceva perdere la ragione.
“Hai ancora voglia?” sussurrò Ariadne.
Tommy scansò il lenzuolo e offrì il suo corpo nudo a lei, offrì tutto se stesso.
“Sempre.”
In pochi minuti si ritrovarono avvinghiati come poche ore prima. Ariadne che si muoveva su e giù come spinta dalle onde. Tommy che le stringeva i fianchi e accompagnava ogni movimento. Ansimavano l’una sulla bocca dell’altro. Le mani si cercavano, gli occhi si guardavano con ardore, le labbra si inseguivano in una seria di baci travolgenti.
Ad ogni spinta il piacere aumentava, era un crescendo di cui non potevano fare a meno.
“Ari…Ari…”
Ariadne ridacchiò, era così raro ma piacevole vedere Tommy Shelby che si lasciava sottomettere da lei. Ad un certo punto la pressione fra di loro fu tale che lui si lasciò andare ad un gemito gutturale. Poco dopo anche Ariadne lo seguì, la fronte abbandonata sulla spalla di lui.
“Buongi…e che diamine!”
Nadina si coprì gli occhi e corse fuori dal caravan, una smorfia di disgusto a deformarle le labbra.
Ariadne scoppiò a ridere, stava ancora sopra Tommy e con le braccia gli circondava le spalle.
“Ops! Siamo stati beccati.”
“Ci conviene rivestirci.” Disse lui.
Si rivestirono in fretta mentre Nadina aspettava all’esterno con un pasticcino alla panna che si era fermata a comprare sulla via del ritorno. Quando furono pronti, uscirono.
“Buongiorno. Scusa per prima.” Disse Ariadne.
“Non fa niente, però dopo Tom cambierà le lenzuola.” Chiosò Nadina.
Tommy alzò le mani in segno di resa e annuì. Era l’alba, il sole che faticava ad emergere dalla notte. Yellow Camp era immerso nel silenzio, solo gli uccellini erano in procinto di iniziare a canticchiare.
“Ariadne, ti accompagno a casa.”
“Torno da sola, non ti preoccupare. Non vorrei che Mick e mia madre abbiano messo altre guardie per controllare la villa. Non devono sapere che sei vivo.”
“La rossa ha ragione. Questo è un vantaggio che dovete sfruttare.” Disse Nadina.
Tommy tirò fuori una sigaretta e l’accese, incurante dei lamenti dei suoi polmoni.
“Tu hai fatto quella cosa?”
“Oh, sì. Nessuna mi resiste.” Rispose Nadina.
“Quale cosa?” intervenne Ariadne perplessa.
“Una delle cameriere che lavorano per Tyler Nolan compra il pesce al mercato. Nadina si è avvicinata a lei per avere informazioni.”
“Per ‘avvicinata’ intendo che le ho fatto passare una notte indimenticabile.” Aggiunse Nadina.
Ariadne roteò gli occhi e sorrise, quella ragazza era davvero incorreggibile in fatto di conquiste.
“Dongiovanna, che cosa hai scoperto?”
“Domani pomeriggio al circolo ci sarà un’importante partita di golf e i soldi andranno in beneficenza. La mia nuova amica potrebbe farci entrare come camerieri, così avreste la possibilità di parlare con Nolan.”
“No.” disse Ariadne.
“No?” ripeté Tom.
“Questa volta non userò nessun trucco alla Sherlock Holmes. Nolan deve sapere che Ariadne Evans vuole parlargli. Entrare nel suo circolo con un travestimento mi farebbe apparire subito ridicola. Deve capire che io non ho paura di lui.”
Tommy serrò le dita intorno alla sigaretta come a voler soffocare la rabbia per il comportamento irriverente di Ariadne.
“Mi sembra sconsiderato.”
“Io sono d’accordo con la rossa.” Commentò Nadina.
“Nolan è un pezzo grosso, non posso comportarmi come una ragazzina. Sono una donna, ho una proposta per lui, e mi presenterò come una sua pari.”
“E’ pericoloso.” L’avvertì Tommy.
Ariadne gli accarezzò la guancia e gli diede un piccolo bacio.
“E’ il momento di agire. Ora o mai più.”
Ariadne tornò a casa intorno alle quattro del mattino. Per sua fortuna nessuno aveva spostato la scaletta che le permetteva di entrare e uscire dalla propria camera senza essere vista. Si issò sui pioli usando le mani per aggrapparsi ai lati della scaletta e in pochi secondi si ritrovò in stanza.
“Allora è vero.” Sentenziò una voce.
Ariadne si girò lentamente e vide Rachel seduta sul letto in camicia da notte. Aveva l’espressione sconvolta, quasi stesse parlando con un fantasma.
“Rachel…ehm…io ero uscita a prendere una…boccata d’aria.”
“E per farlo usi la finestra? Per cortesia, non ritenermi una stupida.”
“Mi dispiace. La verità è che sono uscita per quel mio affare di cui mi sto occupando.”
Rachel gettò una rapida occhiata alla porta, temendo che qualcuno potesse ascoltarle, e parlò a bassa voce.
“Lo so che il tuo affare è un uomo.”
“E’ molto più complicato di così.” Ammise Ariadne.
“Io sono qui se vuoi sfogarti. Non dirò nulla a Mick.”
Ariadne effettivamente aveva un peso sul petto che minacciava di schiacciarle i polmoni e di non farla respirare. Di solito si sarebbe confidata con Margaret o con Julian, ma a Londra era sola e quel peso aumentava sempre di più. Rachel era una brava ragazza, il contrario di Mick, e sentiva di potersi fidare di lei.
“Adesso ti racconto tutto.”
Salve a tutti! 💝
E quindi adesso c’è di mezzo anche un patto di sangue, la situazione si fa sempre più pericolosa. Per fortuna Tommy e Ariadne sembrano essersi ritrovati.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
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INFERNO 3 || Tommy Shelby
FanfictionAriadne Evans è in gabbia, intrappolata in un matrimonio combinato e prigioniera di una madre dispotica. Il suo piano sin dall'inizio era quello di uccidere Mick King, aiutare i suoi fratelli e porre fine alla sua vita da criminale. Ma vuole anche v...