8. TRADIRE IL TRADITORE
"Morire è un'arte, come ogni altra cosa. Io lo faccio in un modo eccezionale. Io lo faccio che sembra come inferno."
(Sylia Plath)
Due giorni dopo, Londra
Tommy fu svegliato da Nadina alle prime luci dell’alba. La ragazza gli aveva lanciato sulla faccia il giornale del mattino.
“Leggi in prima pagina!”
Tommy si mise seduto e subito si portò una sigaretta alle labbra senza accenderla, era una abitudine confortante che lo accompagnava dai tempi della guerra.
“Ma che cazzo…”
Il quotidiano riportava a caratteri cubitali che Caesar Osborne era stato assassinato durante una cena d’affari. insieme a lui c’era Mick King, magnate londinese, che si era salvato per miracolo.
“Nell’articolo dicono che un uomo armato di mitragliatrice è entrato nel locale e ha iniziato a sparare in direzione del tavolo di Osborne e Mick. L’uomo si è suicidato prima di essere arrestato.”
“E’ opera di Nolan.” Disse Tommy.
“Sta facendo terra bruciata intorno a Mick.” Disse Nadina.
Stavano arrivando alla fine. La partita stava per concludersi, quelle erano le mosse finali.
“Nolan sta eliminando gli alleati di Mick in modo da lasciarlo da solo.”
“E Ariadne? Nolan vuol uccidere anche lei. E vuole uccidere anche Rachel, il che mi fa proprio incazzare.”
Tommy si sciacquò la faccia e addentò alla svelta una fetta di pane avanzata dalla cena della sera prima. Si vestì in fretta e recuperò la pistola da sotto il cuscino.
“Dobbiamo andare a casa di King. E’ il momento giusto per togliere Mick di mezzo, adesso che è debole.”
“Agli ordini!” acconsentì Nadina.
I due presero il furgone scassato dei fratelli della ragazza e scorrazzarono verso i quartieri ricchi della città.
Ariadne scese in sala da pranzo in tutta tranquillità. Sua madre era tornata a Birmingham subito dopo aver saputo che Barbara ed Eric avevano avuto una bambina, voleva a tutti i costi conoscere la nipotina e rivedere la famiglia. In realtà era un modo per distrarla e sbarazzarsi di lei per qualche giorno mentre Ariadne portava a termine i suoi piani.
“Non me ne frega un cazzo! Trovate quel bastardo di Nolan, adesso!” strillava Mick.
Una decina di uomini uscirono a testa bassa dal suo ufficio. Gli Scuttlers non facevano poi così tanta paura con quelle facce da cani bastonati.
“Tu, vieni subito qui!” gridò Mick.
Ariadne entrò nello studio, si sedette alla poltrona e si lisciò le pieghe del maglioncino. Mick, dal canto suo, aveva le occhiaie che gli cerchiavano gli occhi e la rabbia che gli faceva digrignare i denti.
“Ti vedo stravolto. Hai dormito male?”
Mick la incenerì con lo sguardo. Se avesse potuto, l’avrebbe pietrificata con gli occhi.
“Non sono riuscito a dormire affatto. Sai com’è, ho sfiorato la morte ieri sera!”
“Oh, sì. Ho sentito. Che spiacevole serata. Siete almeno arrivati al dolce?”
“Come mai sei così calma? Nolan si sta avvicinando!” sbraitò Mick.
“Che si avvicini pure. Primo o poi tutti moriamo.”
Mick, in preda all’isteria, prese un vaso e lo lanciò contro la porta, disseminando pezzi di vetro dappertutto.
“Non ho intenzione di perdere il mio impero per colpa di un vecchio che si attacca ad un fottuto patto di sangue!”
“Hai ucciso suo figlio, che cosa ti aspettavi?”
“Un mio uomo ha ucciso suo figlio!” obiettò Mick.
Ariadne si alzò in piedi, si abbassò sulla scrivania e parlò ad un centimetro dalla faccia di Mick.
“Tu sapevi che Alexander era il figlio di Tyler Nolan. Sapevi che faceva boxe in quello stabilimento. E sapevi che il tuo uomo lo avrebbe ucciso perché glielo hai ordinato tu!”
“Io non sapevo un cazzo.”
“Non prendermi per stupida, Mick. Tu volevi prenderti tutta la città e per farlo dovevi eliminare gli affari di Nolan. L’unico modo per farlo ritirare era toglierli il suo unico figlio. Ma non è andata come volevi: anziché ritirarsi, Nolan si è ricordato del patto di sangue e ha iniziato a darci la caccia. E’ tutta colpa tua!”
Mick la fissò in silenzio, bianco come un fantasma. Ariadne lo aveva smascherato.
“Hai ragione. Volevo che Londra fosse tutta sotto il mio controllo! Volevo essere il re della città! Ho eliminato i Peaky Blinders, ho portato Changretta in un’altra città, ho fatto patti con i fascisti, e ho anche cercato di corrompere Camden Town. Volevo e voglio tutto! E siccome non sono disposato a rinunciarvi, tu mi aiuterai a uccidere Nolan. Ti ricordo che c’è in ballo l’annullamento del matrimonio. Se non mi aiuti, resterai spostata con me fino alla morte.”
Ariadne si tirò indietro, fece un giro su stessa e scoppiò a ridere.
“Sei così disperato. Non hai le qualità per diventare il re di una intera città.”
“Ricorda che abbiamo pattuito il tuo aiuto in cambio dell’annullamento delle nozze.”
“Ma io non voglio più l’annullamento.” Disse Ariadne.
“E cosa cazzo vuoi allora?”
Ariadne sorrise – una smorfia di trionfo – e lasciò lo studio di Mick fischiettando.
Quando Tommy uscì dal suo caravan per iniziare la giornata, fu accolto dall’espressione preoccupata di Polly. Era partita da Birmingham alle prime luci per trovarsi lì così presto.
“Che succede, Pol?”
“Enea Changretta è morto. Avevamo deciso di risparmiarlo perché ci serviva!”
Tommy alzò le mani in segno di resa, sua zia era di pessimo umore e andava presa con le buone.
“Non siamo stati noi. Io e Arthur lo abbiamo legato nella stalla di zio Charlie proprio perché ci serviva vivo per avere altre informazioni sui suoi legami con gli Scuttlers.”
“Stamattina Curly lo ha trovato sgozzato.” Disse Polly.
“E com’è possibile? I Peaky Blinders avevano l’ordine di non ucciderlo.”
Polly sbuffò e si passò una mano fra i capelli arricciati.
“O c’è una talpa o qualcuno è arrivato a Enea perché ci spiava.”
“Nolan potrebbe aver mandato uno dei suoi a uccidere Enea.” Disse Tommy, pensieroso.
“Già. Del resto, anche il fascista che era alleato con Mick è stato ucciso.”
“Nolan sta accerchiando Mick, vuole fargli sapere che ce l’ha in pugno.”
Tommy si accese la prima sigaretta della giornata, il fumo gli invase i polmoni e sentì i nervi che si calmavano.
“Non è un problema dei Peaky Blinders né degli Shelby. Ci siamo ripresi la nostra città e adesso dobbiamo solo riprendere in mano i nostri affari.”
“Quindi torni a Birmingham con me?” domandò Polly.
Tommy rimase in silenzio. Non poteva mentire a sua zia, non ci era riuscito neanche quando da ragazzo si intrufolava al Garrison e rubava un boccale di birra. A lei non poteva raccontare bugie.
“Io devo restare qui per aiutare Ariadne.”
“A quella donna non devi niente, Tommy. Abbiamo anche saldato il debito di quindicimila sterline. Qui hai finito. Puoi tornare a casa.”
Casa, un concetto assai relativo. Tommy sin da piccolo aveva creduto che Birmingham fosse la sua sola casa perché la tua dimora è dove c’è la famiglia. Ma negli ultimi mesi a Londra aveva capito che ‘casa’ non è un luogo, ma è dove cessano i tentativi di fuga. E lui voleva restare accanto ad Ariadne perché era con lei che ogni tentativo di fuga svaniva. Era con lei che aveva voglia di restare, di fermarsi, di costruire qualcosa di solido.
Per la prima volta in vita sua Tommy Shelby aveva fame d’amore.
“Devo restare qui.”
Polly sospirò e annuì, suo nipote era un gran romanticone in fondo.
“Va bene. Dei Peaky Blinders me ne occupo io. Ma questa volta cerca di non farti saltare in aria.”
“Ci proverò.”
Zia e nipote si abbracciarono e si salutarono con un bacio sulla guancia. Tommy aspettò che l’auto si allontanasse prima di dirigersi a casa King.
Ariadne correva per sfuggire al temporale che stava avviluppando Londra da ore. Si era fermata sotto un balcone per ripararsi, anche se ormai l’orlo dei pantaloni e le scarpe erano fradici. Anche i capelli erano bagnati e i ricci gocciolavano lungo la schiena facendola rabbrividire. Maggio in Inghilterra poteva essere un misto tra gennaio e luglio, con i temporali sempre sul punto di esplodere.
“Serve un passaggio?”
Un’auto aveva accostato e dal finestrino sbucava la faccia di Tyler Nolan. L’autista scese e aprì la portiera, un invito che la ragazza non poteva rifiutare.
“E’ il momento?” domandò Ariadne.
Nolan si spostò per farla scivolare sul sedile e chiuse la portiera per lei.
“E’ il momento. Tu sei pronta?”
Ariadne fece un respiro profondo. Era pronta? No. Aveva paura? Sì, e questo bastava a darle la spinta giusta.
“Sono pronta.”
Tommy varcò il cancello di casa King e si ritrovò due uomini che gli puntavano le pistole contro. Dalla porta uscì Mick con due valigie e l’aria sospetta.
“Non ho tempo per te, Shelby. Ho da fare.”
“Sono qui per Ariadne.” disse Tommy.
“La tua fidanzatina non è qui. Sai, è completamente uscita fuori di testa.”
Mick aprì il bagagliaio della macchina e infilò le due borse, dopodiché si mise lui stesso alla guida. Sembrava stesse scappando o nascondendo qualcosa.
“Di che stai parlando?”
Mick uscì dall’auto e sbatté la portiera con una forza tale da far tremare i finestrini. Era infuriato, e Tommy immaginava che Ariadne lo avesse portato sull’orlo della collera.
“Quella stronzetta ha qualcosa in mente. Si sta prendendo gioco di tutti. Fa accordi che non rispetta. Ha di sicuro un piano per farci tutti fuori.”
“Tu e lei avevate un accordo?” chiese Tommy.
“Sì: lei mi aiutava con Nolan e io annullavo le nostre nozze. Poco fa, invece, mi ha detto che non le interessa più l’annullamento del matrimonio. Non ti sembra strano?”
Tommy doveva ammettere che Mick aveva ragione. Ariadne si era opposta da sempre a quel matrimonio, anche dopo la celebrazione, ed era assurdo che adesso non volesse l’annullamento.
“Signore.” Disse una guardia.
Nel vialetto si fermò una donna in bicicletta. Indossava occhiali e foulard azzurro a ripararle i capelli dal vento. Camminò verso di loro a passo baldanzoso.
“Buongiorno, amici miei.”
Era Charlotte. Slacciò il copricapo e una cascata di perfetti boccoli castani le ricaddero sulle spalle.
“E tu che cosa vuoi?” ringhiò Mick.
“Tyler Nolan vuole incontrare entrambi domani sera alle ventuno nella sua residenza estiva a Dorset, nella Baia di Studland.”
Mick era sbiancato. Il panico se lo stava mangiando vivo, era chiaro dall’espressione di puro terrore negli occhi.
“Ci saremo.” Confermò Tommy.
Charlotte annuì con un sorriso ammaliante, poi montò in bici e pedalò con tutta calma mentre Mick si lasciava sfuggire una seria di colorite bestemmie.
Il giorno dopo
Tommy non aveva chiuso occhio, la preoccupazione per Ariadne lo aveva tenuto sveglio e agitato per tutta la notte. La ragazza era scomparsa. Aveva lasciato detto a Rachel che si sarebbe allontana da Londra per affari, ma Tommy non credeva a quella bugia. Ariadne aveva affari solo a Camden Town, perciò aveva mentito per chissà quale ragione.
“E’ permesso?”
L’immagine sfocata di Olga si intravedeva dalla finestra opaca del caravan. Tommy si infilò la maglia e aprì la porta per farla accomodare.
“E’ successo qualcosa?”
Olga si sedette sul letto con un rantolo, a settantacinque anni gli acciacchi ormai non facevano altro che peggiorare giorno dopo giorno.
“Stanotte ho sognato tua madre. Mi ha pregata di riferirti un messaggio da parte sua.”
Tommy rimase con la sigaretta a mezz’aria, sorpreso da quella rivelazione. Lasciò perdere il fumo e si mise a braccia conserte.
“Dimmi tutto.”
“Tua madre vuole che tu lasci la vita criminale. Ti consiglia di seguire il tuo cuore e di trovate la felicità.”
“Ma la famiglia…”
“La famiglia non ha più bisogno di te.” Lo interruppe Olga.
Tommy rimase in silenzio. Sua madre era sempre stata dolce e premurosa, e in parte era sollevato che se ne fosse andata prima di vedere tutti i figli coinvolti nella malavita di Birmingham. Sapeva che ormai la sua famiglia era in grado di farcela anche senza di lui, lo avevano dimostrato durante la sua finta morte. Eppure l’idea concreta di abbandonare Tommy Shelby – il rispetto, la paura, il denaro – gli faceva accapponare la pelle. Erano quasi vent’anni che faceva quella vita, per quale motivo avrebbe dovuto mollare tutto?
Quel flusso di pensieri fu annullato da Nadina che entrava come una furia, i capelli spettinati e i piedi scalzi.
“Tom, c’è Mick fuori che ti aspetta. Vuoi che venga con te?”
Tommy sbirciò dalla finestra e vide che Mick fumava un sigaro appoggiato al cofano dell’auto.
“Perché è già qui? L’incontro è stasera.”
“Dice che ti deve parlare con urgenza.” Disse Nadina.
Tommy uscì e si avvicinò a Mick, che intanto aveva smesso di fumare e si stava lisciando il bavero della giacca.
“Shelby, abbiamo un problema.”
“Quale sarebbe?”
“Un mio uomo mi ha detto che durante la notte è arrivato un carico di esplosivi al porto. Una quantità tale da fare saltare in aria la città.”
“E quindi?” fece Tommy.
“Charlotte ha acquistato tutto il carico.”
Nolan con tutto quell’esplosivo si stava preparando a combattere. Avrebbe vendicato suo figlio e avrebbe vendicato il vincolo di sangue. Si preparava ad una strage.
Tommy era stato a Dorset una sola volta in vita sua, insieme al padre e ai fratelli per comprare un cavallo. Non era un amante del mare, ma lì le spiagge erano splendide con la loro sabbia fine e il sole che nasceva e moriva oltre gli scogli.
Il paesaggio sfrecciava fuori dal finestrino mentre l’auto correva verso la cittadina. Era come guardare un film che andava veloce.
“Vuoi ammirare il cielo come un ragazzino in calore?” disse Mick, stizzito.
Tommy gli rivolse un’occhiata di sbieco, quell’uomo aveva la faccia di uno che voleva essere preso a pugni.
“Aspetto che il tuo autista arrivi in fretta a destinazione. Non è colpa mia se hai assunto questo lumacone.”
Mick emise un grugnito e si voltò dall’altra parte. L’autista ingranò la marcia e raggiunsero la destinazione in una ventina di minuti.
Ad attenderli fuori, seduta ai piedi del grande cancello di ferro, c’era Charlotte che si limava le unghie.
“Eccovi! Credevo di dover chiedere alla polizia di recuperarvi.”
“Siamo in perfetto orario. Non cominciare a farmi incazzare.” Disse Mick.
Tommy sentiva qualcosa all’imboccatura dello stomaco; era come un dolore cupo che gli intimava di fare massima attenzione.
“Dov’è Nolan? Vediamo di chiudere questa cazzo di faccenda.”
“Seguitemi. Che la festa abbia inizio!”
La villa estiva di Nolan era delle stesse dimensioni di un castello. All’interno era tutta una combinazione di marmi, mosaici e sculture di divinità. Charlotte li condusse nell’immenso salotto con vista sul mare.
“Ma che diamine…” mormorò Mick, sconvolto.
Seduta sul divano, con lo sguardo rivolto alla spiaggia, c’era Ariadne. Era illesa, neanche un segno di ferite. Anzi, sembrava piuttosto a suo agio.
“Signori.” Li salutò Ariadne.
Tommy sentì la morsa allo stomaco farsi più dolorosa. In bocca avvertì un sentore acido. Era il sapore del tradimento.
“Sul serio, Ariadne? Dimmi che non è come penso.”
“Brutta bastarda. Avrei dovuto ucciderti dopo il matrimonio!” gridò Mick.
“Sì, avresti dovuto. Mi sarei risparmiata le botte e le altre sventure.”
Ariadne fissava Tommy senza battere ciglio. Sembrava ferma come una delle statue all’ingresso. Una maschera di indifferenza le copriva il volto, quasi non la si riconosceva.
“Spiegami che cazzo sta succedendo.” Disse Tommy.
Nolan, che intanto si era alzato dal divano per versarsi uno scotch, si fece avanti.
“Le cose stanno così…”
Una settimana prima
“Perché dici così?”
“Perché ho ucciso mio padre.”
Nolan annuì e per qualche istante rimase in silenzio a ponderare le parole da dire.
“La mia ipotesi è confermata. Sì, immaginavo che tuo padre fosse stato ucciso da qualcuno della famiglia. Credevo, però, che fosse stato tuo fratello Eric.”
“Sono stata io. Deluso?”
“Adesso che ti conosco e vedo che in te c’è il fuoco, non sono per niente deluso. Sei meglio di come ti ho pensata.”
“Mi hai pensata molto?” fece Ariadne, disgustata.
“Tu sei la mia perfetta alleata contro Mick. Sbaglio o lo odi?”
“Certo che lo odio. Mi ha costretta al matrimonio, mi picchia e mi ricopre di insulti. Lo voglio morto.”
Nolan sorrise e si sfregò le mani come se gli avessero appena servito una succosa bistecca.
“Allora possiamo parlare di affari.”
Un uomo slegò i polsi di Ariadne e le offrì una sedia. Lei prese posto e accettò il bicchiere che Nolan le stava proponendo; aveva sete e per ascoltare il suo piano doveva mantenersi lucida.
“Quali affari?”
“Tu non sei più sulla lista dei nemici. Tu hai ucciso tuo padre e quindi hai vendicato la rottura del patto di sangue. Ora che so la verità sulla morte di Philip, tu e i tuoi fratelli siete liberi. Con la sua uccisione una vendetta è compiuta.”
Ariadne rimase sbalordita. A quindici anni aveva ucciso il padre senza sapere che un giorno questo omicidio le sarebbe tornato utile per salvare la sua famiglia. Alle volte il destino gioca brutti scherzi.
“Però Mick deve pagare, giusto?”
“Lui sì. Deve pagare perché suo padre ha infranto il patto e perché ha ucciso mio figlio.”
“La morte di tuo figlio è stata accidentale.” Disse Ariadne.
“No. Mick aveva messo una taglia sulla testa del mio Alexander. L’uomo che lo ha ucciso è stato profumatamente pagato. Mick voleva mettermi fuori gioco in tutti i modi. Uccidendo mio figlio credeva che io mi sarei ufficialmente ritirato.”
Ariadne lo aveva capito che Mick era impulsivo. Era un bambino capriccioso che frignava fino a quando non otteneva il suo giocattolo preferito.
“Mick voleva prendersi i tuoi affari, i tuoi soldi e le tue attività. Voleva costruire un impero.”
“Esatto. Ecco perché si è alleato con Enea Changretta, Byron Davis e addirittura con i fascisti.”
“Byron Davis è compromesso?”
Nolan rise per l’espressione allibita della ragazza. Era tenace ma ingenua.
“Byron ha fatto accordi con Enea e si spartiscono i soldi del tuo alcol. Camden Town è corrotta, qualcuno là ti ha tradita.”
“Sai chi è?”
“No, toccherà a te scoprirlo.”
Ariadne prese a massaggiarsi i polsi, il dolore era bruciante ma era un pensiero lontano. Sapeva bene che con quella conversazione poteva – e doveva – salvarsi la vita, e salvare la sua famiglia.
“Se io ti consegno Mick, che cosa ci guadagno?”
“La libertà. Potrai lasciare Londra e andare dove vuoi. Oppure potrai anche riprendere i tuoi affari a Camden Town, senza intaccare i miei ovviamente. E soprattutto nessuno oserà fare più del male alla tua famiglia.”
“Riesci a giurarmi che Mick morirà?” si assicurò lei.
Nolan la guardò con una tale serietà da farle venire i brividi. Era un uomo disposto a tutto per la vendetta.
“Io ti giuro che Mick King morirà per mano mia e tu non dovrai più preoccuparti di lui.”
“D’accordo.”
Ariadne allungò la mano e Nolan la strinse.
“Adesso ti espongo il mio piano.”
“Hai tramato contro la tua stessa famiglia!” tuonò Mick.
“No! Ho tramato contro di te, e tu non sei la mia famiglia.” Disse Ariadne.
Tommy era immobile come una statua, la sua espressione manifestava una freddezza tale da rendergli gli zigomi ancora più affilati. I suoi occhi di ghiaccio erano piantati su Ariadne, quasi a volerle scavare nella carne.
“Tom…”
“Mi hai coinvolto in questa storia senza che io c’entrassi qualcosa. Perché?”
“Glielo ho ordinato io.” rispose Nolan.
Ariadne guardò Nolan per un breve istante prima di tornare su Tommy. Le tremava il labbro per la voglia di parlare, di confessare tutto, ma preferì restare muta.
“Ariadne Evans che si fa comandare da un uomo. Assurdo.” Commentò Tommy.
“Alle volte anche io devo abbassare la testa.” Replicò la ragazza.
“Ho capito. Nolan vuole prendersi anche Birmingham, vero?” azzardò Mick.
Nolan fece spallucce e abbozzò un ghigno soddisfatto.
“Ariadne mi ha fatto proposte che non potevo rifiutare.”
Tommy fece un passo indietro come se un proiettile invisibile lo avesse colpito in pieno petto facendolo vacillare.
“Hai venduto la mia città e i miei affari a questo stronzo?”
“Sì. Qualsiasi cosa pur di liberarmi.” Ammise Ariadne.
Tommy sentì la morsa allo stomaco che diventava dolore acuto. Il tradimento quasi pareva serrargli le sue dita crudeli attorno alla gola.
“Tu sei la persona peggiore che io conosca. Non credevo che fossi capace di una cosa simile.”
Ariadne non cambiò espressione, rimaneva con le braccia lungo i fianchi e la testa alta. Era lei la regina, era lei che tirava i fili dei burattini. In quel momento sentì di somigliare a sua madre, stessa alterigia, stessa meschinità.
“Tu hai la brutta abitudine di cadere ai piedi di ogni bella donna. Sei davvero uno stupido, Tommy Shelby.”
“Adesso basta! Facciamola finita!” disse Mick.
Nolan rise quando Mick estrasse la pistola e gliela puntò contro. Era come un moscerino contro una colonna di marmo pario.
“Pensi di uccidermi a casa mia, circondata da guardie, con quella misera pistola? Davvero?”
Ariadne lo vedeva che Mick era nervoso e ormai aveva perso il senno. Non aveva più il controllo della situazione, era smarrito e non aveva nessuno che accorresse in suo aiuto. Ma anziché sentirsi potente dinanzi a quell’uomo finito, si sentì viscida perché le sembrava di essere come suo padre.
“Abbassa la pistola, Mick. Hai troppo da perdere.”
“Io non ho proprio più un cazzo da perdere!”
Nolan schioccò le dita e Charlotte entrò nella sala trascinando due individui con il volto coperto da un cappuccio. Quando i loro visi furono alla luce, Mick abbassò l’arma. Erano suo figlio e la sua ex moglie.
“Ma come…”
Nolan accarezzò la testa rasata del ragazzo e gli diede una pacca sulla spalla del tutto inadeguata.
“Ho chiesto all’I.R.A. di prelevare tua moglie e tuo figlio nel caso avessi fatto il pazzo.”
“Ci sei tu anche dietro le esplosioni?” chiese Tommy.
“Sì. Ho fatto saltare la sede del partito fascista e poi ho fatto uccidere Caesar Osborne, e tutto per lasciare Mick senza alleati.”
“Mick…” piagnucolò l’ex moglie.
Ariadne dovette mantenere il sangue freddo per non correre da lei a consolarla. Aveva una parte da recitare e lo spettacolo non poteva fermarsi.
“Che cosa volete da me?” domandò Mick, esasperato.
Nolan si leccò le labbra compiaciuto che la sua minaccia avesse sortito l’effetto desiderato.
“Mi prenderò tutte le tue attività, i tuoi uomini, le tue proprietà, le tue auto e i tuoi soldi.”
“Altrimenti?”
“Altrimenti uccido tua moglie e tuo figlio.” Disse Nolan.
“Papà, no!” supplicò il ragazzo.
Mick non lo degnò di attenzione. Ariadne in quel momento capì che quella carta era inutile, che a lui non importava della vita o della morte della sua famiglia. Lei e Nolan avevano commesso un errore.
“Mick, rinunci a tutto per salvarli?”
Mick rise e roteò il polso facendo oscillare pericolosamente la pistola. Allargò le braccia come una fenice risorta dalle ceneri.
“No. Potete anche ucciderli, a me non interessa.”
Nolan si accigliò. Non era così che doveva andare. Quel comportamento di Mick non rientrava nei piani.
“Preferisci la morte di tuo figlio? I soldi non valgono così tanto. Io lo so bene.”
“Oh, voi credevate che io tenessi a loro? E su questo che avete basato la vostra strategia?”
Tommy sbarrò gli occhi, neanche lui si aspettava che Mick fosse indifferente ai suoi cari. Ariadne gli fece un cenno con la testa e lui avanzò piano verso di lei.
“E’ la tua famiglia!” insistette Nolan.
Mick alzò gli occhi al cielo e sbuffò, tutta quella faccenda era una vera seccatura.
“Mi sono liberato di loro perché non li volevo. Ho rinchiuso mia moglie in un convento e ho fatto arruolare mio figlio per togliermeli davanti. Non mi interessa di loro, non mi è mai interessato.”
E poi accadde tutto in pochi minuti. Leonard si divincolò dalla presa di Charlotte e corse come un toro inferocito verso il padre. Si gettò addosso a Mick sbattendolo sul pavimento. Gli tolse la pistola di mano e gliela puntò alla fronte.
“E’ così, ah? Io e mia madre non contiamo niente per te?”
Ariadne stava per intervenire ma Nolan l’afferrò per la spalla e la trattenne. Leonard adesso stava colpendo Mick al volto con i pugni.
“Leonard, fermati!” strillò Ariadne.
Il ragazzo, però, non era capace di arrestare la rabbia. Agguantò il padre per la nuca e gli sbatté la testa sul pavimento.
“Ti prego! Basta! Basta!” urlava Camille.
Ariadne sentiva di dover intervenire. Se non poteva farlo con le azioni, lo avrebbe fatto con le parole.
“Leonard, ascoltami. Non ne vale la pena. Uccidere qualcuno, spezzare una vita, non è facile come sembra. Ti tormenta a vita, ti toglie il sonno. Io ho ucciso mio padre e da allora me ne pento perché è stato un gesto che mi ha cambiato in peggio la vita. Credevo di essere migliore di lui, ecco perché l’ho ucciso. Ma la verità è che uccidendolo mi sono rivelata identica a lui, il peggior incubo. Tu hai l’occasione di essere migliore di tutti noi, Leonard. Ti prego. Fallo almeno per tua madre.”
“Segui il consiglio, ragazzo. Non ti rovinare la vita.” suggerì Tommy.
Leonard allora si fermò, ansimava per la fatica, gli girava la testa per l’attacco di ira. Allontanò le mani dal padre senza smettere di guardarlo. Mick sbatteva le palpebre a causa dello stordimento. Quei due avevano ragione, pensò Leonard: suo padre non ne valeva la pena.
“Tesoro mio!” disse Camille.
Charlotte la lasciò andare e così madre e figlio poterono abbracciarsi. Ariadne sentì le lacrime premere contro gli angoli degli occhi ma si costrinse a resistere.
“Non è finita.” Rise Mick.
Tommy lo guardò e nei suoi occhi vide un terrificante barlume di follia. Poi notò che aveva alzato un braccio e muoveva le dita come a voler fare un segnale. Capì che era il momento.
“Fuori! Adesso!”
Ariadne prese la mano di Camille e di Leonard e li trascinò all’esterno. Tommy, Nolan e Charlotte li seguivano.
“In acqua!” ordinò Tommy.
Senza indugio, tutti si buttarono in piscina. Un secondo dopo la villa esplose e prese fuoco.
Ariadne sott’acqua osservò la scena a rallentatore: le colonne che saltavano, le tegole spaccate, le fiamme che divoravano i muri. Trascorsero cinque buoni minuti prima che qualcuno la tirasse fuori. Avvertì un colpo al cuore quando riemerse.
“Stai bene?” era Tommy.
Ariadne sputò l’acqua e si passò una mano fra i ricci per spostargli dalla faccia.
“Me la cavo.”
“Ma che cazzo è successo?” sbraitò Nolan.
“Mick pensava di fregarci. E’ stato lui a piazzare l’esplosivo.” Spiegò Tommy.
“Quale esplosivo?”
Ariadne si strizzò i capelli e scrollò le spalle come a voler togliersi di dosso l’acqua.
“Il fatto è questo…”
Yellow Camp, poche ore prima
Tommy nell’attesa dell’incontro aveva fumato una decina di sigaretta, e difatti i suoi polmoni borbottavano come un motore arrugginito.
“Tom, eccomi.”
Ariadne sbucò da un vicolo buio tutta vestita di nero, persino i ricci rossi avvolti in un foulard scuro. Si nascosero dietro dei barili per osservare quanto stava accadendo al molo.
“Le vedi quelle casse che stanno scaricando?” fece Tommy.
“Sì. Cos’è?”
“E’ esplosivo. Tre casse piene di sostanze che farebbero saltare in aria tutta Londra.”
Ariadne tese il collo e intravide il naso aquilino di uno degli uomini che stavano acquistando le casse.
“C’è Andrew, l’autista di Mick.”
“Mick sta comprando tutto quell’esplosivo. Bastardo.” Commentò Tommy.
“Tom, guarda!”
Una seconda barca, più piccola, era appena giunta al porto e un uomo massiccio saltò a terra per stringere la mano di Andrew. Sul fianco di questa barca era dipinto il nome ‘Rosemary’.
“Quella barca viene da Birmingham.”
“Quindi Mick sta spedendo esplosivi a Birmingham? Per quale motivo?”
“Per ucciderci tutti.” Sentenziò Tommy.
Ariadne si passò una mano sul viso, era esausta e l’indomani l’attendeva una giornata altrettanto difficile.
“Devi subito avvisare la tua famiglia che un carico di esplosivi sta arrivando a Birmingham. Devono intercettare quella barca e fermarla.”
Tommy prese Ariadne per mano e si allontanarono furtivi nella notte. Varcata la soglia del porto, Tommy si accese una sigaretta e sospirò a lungo.
“Almeno adesso sappiamo cosa ci aspetta domani.”
“Ce la faremo.” Lo rassicurò Ariadne.
Tommy le cinse la vita e la baciò con estrema passione. Poteva essere l’ultimo bacio e meritava di condividerlo con lei. Solo così avrebbe avuto senso.
“Siete stati furbi. Davvero furbi.” Si complimentò Nolan.
“Non così tanto!”
Ariadne si voltò e la paura si immobilizzò per la paura. Mick, che era sgattaiolato fuori dalla villa prima dell’esplosione, teneva un coltello puntato alla gola di Marianne Evans.
“Marianne, che ci fai tu qui?” domandò Nolan, allibito.
“Le ho chiesto io di venire, in caso di necessità.” Disse Mick.
Ariadne tentò di fare un passo avanti ma la mano di Tommy sulla spalla la trattenne.
“Che cosa vuoi, Mick?” chiese Tommy.
“Voglio gli affari di Nolan. Voglio che Nolan si tolga dai piedi senza intralciarmi. Voglio gli affari dei Peaky Blinders e dei Blue Lions. E voglio anche Camden Town.”
“Mi sembri troppo esigente, ragazzino.” Disse Nolan.
Ariadne continuava a guardare sua madre, il braccio di Mick attorno al suo collo non si spostava di un millimetro. Marianne era ferma, gli occhi severi, la bocca una linea dura; manteneva il suo atteggiamento anche in quel frangente di pericolo.
“Lascia andare mia madre e ti consegno di Blue Lions.” Propose Ariadne.
“Voglio anche Camden Town.” Ribadì Mick.
“A Camden Town tutto è tornato nelle mani di Alfie Solomons, non prendo più io le decisioni.”
“Non avrà mai i Blue Lions!” gridò Marianne.
Agguantò il polso di Mick che reggeva il coltello e si conficcò le lama nella carotide. Cadde a terra mentre intorno a lei si formava una pozza di sangue.
“Mamma!”
Ariadne si gettò sulla madre, la prese fra le braccia e premette le mani sulla gola per impedire al sangue di scorrere; era troppo tardi, l’arteria si stava dissanguando.
“Non…non posso…v-vivere senza tuo…padre…”
“Shh, mamma. Andrà tutto bene. Non parlare.”
Tommy si inginocchiò accanto ad Ariadne e le circondò le spalle con un braccio. La ragazza aveva i vestiti e le mani ricoperti di sangue, e piangeva a dirotto.
“Non lasciare… che l’eredità… di tuo… padr…”
Marianne emise un rantolo, il respiro diminuiva ad ogni secondo che passava. Ariadne si strinse la madre al petto e l’abbracciò come mai aveva fatto in vita sua.
“Ti perdono tutto, mamma. Mi dispiace di averti rovinato la vita. Ti voglio bene, e te ne ho sempre voluto nonostante tutto.”
Marianne non riusciva a parlare, però con un ultimo sforzo accarezzò la guancia della figlia e le rivolse un piccolo sorriso. Poi chiuse gli occhi e morì.
“Mamma…mamma!”
Tommy strinse Ariadne mentre lei scoppiava in un pianto isterico. Singhiozzava così forte che quasi sembrava non respirasse.
“State giù!” disse Nolan.
Tommy e Ariadne abbassarono la testa e si ripararono con le braccia. Un proiettile fendette l’ria e si piantò nel petto di Mick. Il suo corpo si accasciò e si ripiegò su se stesso.
“Chi è stato?” volle sapere Tommy.
Dai cespugli emerse Arthur con in mano un fucile e sulla faccia un sorriso compiaciuto. Nei suoi anni da soldato era stato un cecchino e quella abilità gli era spesso tornata utile con i Peaky Blinders.
“Polly mi ha ordinato di correre qui da te dopo il tuo telegramma, sapeva che avevi bisogno che qualcuno ti parasse il culo.”
Tommy strinse la mano di Arthur ringraziandolo.
Il corpo di Mick giaceva sulle piastrelle della piscina con un buco in mezzo al torace da cui fuoriusciva il fumo dello sparo misto a sangue. Leonard gli tastò il polso per assicurarsi che non ci fosse più battito.
“E’ morto.”
Camille, che si reggeva al braccio di Nolan a causo dello stordimento, proruppe in un pianto di gioia per essersi finalmente liberata di quel mostro. Il figlio corse ad abbracciarla e piansero insieme.
“Io vado a controllare dentro.” Disse Arthur.
Tommy annuì e tornò a concentrarsi su Ariadne. La ragazza piangeva e tremava, ormai aveva gli occhi così gonfi e rossi che vedeva appannato.
“Ariadne, dobbiamo andarcene prima che arrivi la polizia.”
“Ma non possiamo lasciarla…qui…da sola…”
“Me ne occupo io. Tu non ti devi preoccupare.”
Ariadne era talmente esausta che Tommy la sollevò da terra con estrema facilità. La prese gentilmente per i gomiti e la sospinse piano verso l’uscita.
“Addio, mamma.”
Salve a tutti! 💝
Tutti hanno tradito tutti. Tutti hanno stretto accordi con tutti.
La povera Ariadne ha perso la madre prima ancora di riuscire a fare ammenda, ma almeno Mick si è tolto dai piedi!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
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INFERNO 3 || Tommy Shelby
Fiksi PenggemarAriadne Evans è in gabbia, intrappolata in un matrimonio combinato e prigioniera di una madre dispotica. Il suo piano sin dall'inizio era quello di uccidere Mick King, aiutare i suoi fratelli e porre fine alla sua vita da criminale. Ma vuole anche v...