6. SOLCHI NELLA PELLE
"La verità è infernale."
(Albert Camus)
Due giorni dopo
A colazione sembrava che il gelo siberiano si fosse abbattuto su casa King. A capotavola c’era Mick che imburrava una fetta di pane; alla sua sinistra Marianne si versava il latte nel tè; dall’altra parte Rachel e Ariadne si passavano un piattino di biscotti al miele.
“Ariadne, togli i gomiti dal tavolo. Non sei una troglodita.” Disse Marianne.
La ragazza obbedì, non voleva innescare l’ennesimo litigio. Quando si trovavano nello stesso posto per troppo tempo finiva sempre in una serie infinita di discussioni, e questo succedeva sin da quando era una bambina. Ariadne non era mai all’altezza per sua madre, non sarebbe mai stata buona a nulla e l’avrebbe solo delusa. Negli anni Ariadne era venuta a patti con questa faccenda: non avrebbe mai raggiunto i livelli di perfezione che la madre pretendeva da lei.
“Allora, mia cara, hai pensato alla mia proposta?” domandò Mick.
Ariadne e la madre si scambiarono uno sguardo eloquente, nessuna delle due aveva intenzione di tradire il patto che avevano stretto.
“Potrei accettare a una condizione.”
“Dimmi pure.”
“Voglio che il nostro matrimonio venga annullato.” Disse Ariadne.
Mick depose il coltello da burro e fissò gli occhi neri sulla ragazza. Se avesse potuto, l’avrebbe annienta seduta stante.
“Non è possibile. Lo sai che questo matrimonio rispetta un patto di sangue ed estingue i debiti di tuo fratello.”
“A quanto ammonta il debito che Eric ha con te?”
“A quarantaduemila sterline.” Rispose Mick.
Ariadne non aveva tutti quei soldi. Aveva usato i suoi risparmi per sistemare Eric e Julian. Una parte dei guadagni di Camden Town finivano ad Alfie Solomons e una parte a Byron Davis, a lei arrivava la metà che non bastava a compensare quella cifra.
“Se io riuscissi a restituirti i soldi, annulleresti il matrimonio?”
Mick scoppiò a ridere e bevve un sorso di tè, aveva le lacrime agli occhi per quella offerta assurda.
“Per annullare un matrimonio ci vogliono valide ragioni.”
“Ariadne non può avere figli.” Disse Marianne.
Il tempo sembrò fermarsi d’improvviso. Mick quasi sputò il tè, mentre Rachel rimase col biscotto a mezz’aria. Ariadne si morse l’interno della guancia, non si aspettava che la madre prendesse le sue parti.
“E’ una bugia.” Decretò Mick.
“E’ la verità. Su, Ariadne, diglielo.” Disse Marianne.
Ariadne aprì e chiuse la bocca in preda al vuoto totale. Poi pensò che Mick era un uomo e non aveva idea di come funzionasse un utero, perciò prenderlo in giro sarebbe stato facile.
“Ho una grave malattia all’utero che non mi permette di generare figli.”
Rachel era sull’orlo delle risate. Quella scusa era così stupida che sono un uomo poteva cascarci.
“Per fortuna non voglio avere figli da te.” Mormorò Mick.
“Quindi è una valida ragione per annullare il matrimonio. La chiesa sarà felicissima di sciogliere questa unione che non darà figli alla monarchia.”
Marianne ghignò contro il bordo della tazza, almeno sua figlia era abile a dire le bugie.
“Ci penserò.” Disse Mick.
Ariadne annuì, e in cuor suo sorrise trionfante. Le cose stavano andando secondo i suoi piani.
“Allora io accetto la tua proposta di alleanza contro Tyler Nolan.”
I giochi erano appena iniziati. E lei avrebbe vinto a qualunque costo.
“Secondo te dovrei indossare un foulard?” domandò Rachel.
Erano le otto di sera e si era rintanata in camera di Ariadne per prepararsi alla festa di Lady Violet. Aveva indossato un tubino azzurro con le maniche a palloncino che si abbinava al nastro con cui si era legata i capelli in una treccia.
“Ariadne, stai bene?”
Ariadne scosse la testa quando si sentì toccare sulla spalla. Sbatté le palpebre come a voler scacciare i pensieri in cui stava annegando.
“Sì. Stavo pensando a quali orecchini scegliere.” Mentì con abilità.
“Con il tuo vestito ci vedrei bene le perle.”
Ariadne aveva comprato un abito verde smeraldo con le maniche a tre quarti e una cintura di piccole pietre bianche. Scavò nel suo portagioie e indossò un paio di semplici orecchini di perle a bottoncino.
“Signore, l’auto è pronta e Andrew vi aspetta nel vialetto.” Annunciò la governante.
In dieci minuti le due donne si vestirono e sistemarono gli ultimi dettagli, dopodiché salirono in macchina e l’autista guidò verso una delle ville più suntuose di tutta Londra.
La calca di donne all’ingresso della villa fece sorridere Ariadne. Lady Violet era una personalità così in vista in città che tutte le donne volevano essere sue amiche ed essere invitate alle sue feste. Secondo alcune indiscrezioni, durante un party era entrata in groppa ad un elefante.
“Il signor King ha ordinato di rincasare prima della mezzanotte.” Disse Andrew.
Ariadne e Rachel stavano ammirando l’edificio e quella frase disturbò l’armonia.
“Decidiamo noi quando la festa è finita.” Rispose Ariadne a tono.
Prese Rachel a braccetto e ridacchiando si accodarono al resto della fila trepidante. Riuscirono ad entrare una decina di minuti dopo aver controllato che i loro nomi fossero in lista.
Il percorso dall’ingresso alla sala da ballo era indicato da petali di rosa blu e piume bianche, nel perfetto stile esuberante della Lady.
“Solo Lady Violet poteva inventarsi una cosa del genere.” Commentò una donna.
“Ci sa davvero fare con le feste.” Aggiunse la sua amica.
Ariadne e Rachel si scambiarono un’occhiata divertita, consapevoli che tutta Londra avrebbe parlato di quella serata.
“Oh, eccovi! Mie adorate amiche!”
Lady Violet se ne stava al centro della sala con le braccia spalancate per accogliere tutte le invitate. Sorrideva e ringraziava, stringeva mani e abbracci.
“Lady Violet, siete splendida.” La salutò Ariadne.
“Mia cara, voi siete quella giovane e splendida.”
“E’ davvero tutto perfetto.” Disse Rachel con un sorriso.
Lady Violet l’abbracciò e le diede un buffetto sulla testa.
“Anche voi siete perfetta, signorina King. Tutte noi donne siamo perfette!”
“Un brindisi alle donne!” gridò una donna dal fondo.
Rapidamente tutte le presenti sollevarono i calici e fecero tintinnare i vetri.
“Alle donne!” esultarono all’unisono.
“Vado ad accogliere le altre. Voi mettetevi comode, tra poco inizia lo spettacolo.”
Mentre Lady Violet andava a stringere altre mani, Rachele e Ariadne si guardarono intorno in cerca di un posto. La sala era stata allestita con un palchetto e con una serie di sedie imbottite di velluto rosso.
“Sediamoci in seconda fila, va sempre bene.” suggerì Rachel.
Presero posto e iniziarono a chiacchierare con le altre donne che si stavano sedendo nella loro stessa fila.
“No! Non potete entrare! E’ una festa privata!”
Lo spettacolo – Alice nel Paese delle Meraviglie – si interruppe bruscamente. Le attrici tacquero all’istante, le loro espressioni ancora calate nella parte.
“Che succede?” domandò Lady Violet.
Era schizzata in piedi come una molla, le mani strette intorno ai guanti di seta. Anche Ariadne si alzò per vedere che cosa stava capitando.
Tre figure entrarono nella sala da ballo mentre il maggiordomo li rincorreva per impedire loro l’ingresso. Erano una donna e due uomini, si muovevano sicuri come se avessero un obiettivo ben preciso.
“Milady, perdonatemi…” farfugliò il maggiordomo.
Lady Violet si avvicinò al trio con passo deciso e testa alta, non mostrava il minimo cenno di paura.
“Voi chi siete e cosa volete? Questa è proprietà privata e voi non siete i benvenuti.”
“Siamo qui per la signora King.” Disse la donna.
Ariadne riconobbe subito quella voce sprezzante, poi riconobbe anche i perfetti ricci castani e perfetti occhi truccati. Era Charlotte.
“Credevo e speravo fossi sparita.” Disse Ariadne.
Avanzò nella sala fino a ritrovarsi accanto a Lady Violet e di fronte ai nuovi arrivati.
“Ti sono mancata?”
“Come manca la peste bubbonica al mondo.”
Charlotte rise, la sua pelle di porcellana risplendeva sotto la luce del lampadario di cristallo.
“Sei sempre così divertente. Credevo che il matrimonio ti avesse resa più mansueta.”
“Non c’è uomo che possa rendermi mansueta.” Replicò Ariadne.
“Belleville, chiama subito la polizia!” ordinò Lady Violet.
Uno dei due uomini tirò fuori la pistola e la puntò alla testa del maggiordomo, che tremava tutto di paura.
“Non credo proprio.”
Le invitate fecero un passo indietro, un mormorio di terrore strisciò fra di loro come una serpe velenosa. Ariadne guardò Rachel per assicurarsi che stesse bene.
“Charlotte, tu vuoi solo me. Andiamo a parlare da un’altra parte.”
“No, questa festa mi piace. Peccato che non abbia indossato il vestito giusto.”
Fu allora che Ariadne notò che Charlotte e gli altri due indossavano una specie di tenuta nera, come fosse una divisa. Sul polso di tutti e tre c’era un tatuaggio che le fece venire i brividi.
“Tu…tu lavori per l’I.R.A.?”
Charlotte sorrise trionfante e fece un giro su stessa per mettersi in mostra come un pavone.
“Io sono a capo dell’I.R.A. nell’Irlanda del Nord.”
Ariadne sentì il pavimento squarciarsi sotto i piedi, una voragine di paura la stava inghiottendo. Nell’Irlanda del Nord, per l’esattezza a Ballintoy, risiedevano Julian e Rose.
“Che cosa hai fatto a mio fratello? Ti giuro che se solo gli hai torto un capello…”
“Avrei voluto, torcergli anche tutti i capelli. Ma il fratellino è scappato prima che potessi raggiungerlo e scuoiarlo vivo.”
Un altro mormorio di disgusto e terrore serpeggiò fra le donne. Charlotte non aveva remore e quando parlava, per lei quelle parole erano come il buongiorno ai vicini di casa.
“Mick ti ha mandata a Ballintoy per uccidere Julian?” domandò Ariadne.
Era sollevata che il fratello e la cognata fossero scappati, ma dall’altra parte la disgustava l’idea di abitare col mandante del loro assassinio.
“No.” rispose Charlotte sorridendo.
Ariadne la guardò confusa. Se non era stato Mick a volere Julian morto, chi altro poteva essere? Passò al vaglio di tutti i loro nemici e nella sua mente emerse un solo nome.
“Tyler Nolan.”
“Bingo! Allora sei un po’ sveglia.”
Certo, era chiaro che Nolan volesse uccidere Julian per iniziare a riequilibrare il torto della morte del figlio. Inoltre, su Ariadne e i suoi fratelli ricadeva la colpa del padre per aver infranto quello stupido legame di sangue.
“Voglio parlare con Nolan. Ci sono delle cose che non sa e che di sicuro gli interessano.”
“Sei fortunata. Nolan mi ha mandata qui a prelevarti.”
Charlotte schioccò le dita e i due uomini al suo fianco scattarono verso Ariadne. La afferrarono per i gomiti e la spinsero in avanti per farla camminare.
“Ariadne!” esclamò Rachel spaventata.
“Va tutto bene, Rachel. Resta indietro. Non fare niente di sciocco. Io me la cavo.”
E così Ariadne fu trascinata fuori dalla villa di Lady Violet, mentre la luna sorgeva piena e ammirava dall’alto del suo giudizio la condannata che andava al patibolo.
“Nadina! Nadina!”
Nadina sollevò lo sguardo nell’udire il suo nome e vide Rachel King correre verso di lei. Stava giocando a dadi con alcune persone del campo, una serata tranquilla che stava per essere stravolta.
“Rachel, che succede?”
Quando si erano conosciute e avevano preso il tè insieme, Nadina le aveva riferito che avrebbe potuto cercarla a Yellow Camp in caso di bisogno.
Rachel si fermò e si piegò in due per riprendere fiato. Aveva lasciato Andrew al molo e da lì aveva corso fino al campo.
“Hanno…hanno preso Ariadne.”
“Chi l’ha presa?”
“Una donna dell’I.R.A., una certa Charlotte…sì, Charlotte.”
Nadina versò dell’acqua in un bicchiere e fece accomodare Rachel al proprio posto. I giocatori si alzarono e si dileguarono, avevano captato che ora di svignarsela.
“Perché l’hanno presa? Sei riuscita a capire qualcosa?”
“Un certo Nolan vuole parlare con Ariadne. Lui ha mandato questa Charlotte a uccidere il fratello di Ariadne, ma per fortuna non lo ha trovato.”
“Resta qui. Io vado a cercare Tom.”
Ariadne sputacchiò quando le tolsero il cappuccio dalla testa; l’avevano bendata per non farle vedere il tragitto. Adesso tutto ciò che vedeva era aperta campagna, alberi e un vecchio rudere in mezzo a un campo di grano appassito.
“Poco inquietante.” Ironizzò.
Charlotte ghignò e le rivolse un’occhiata divertita, poi la prese per il gomito e la guidò verso il rudere.
Da una delle finestre – un buco nella parete – fuoriusciva la luce, dunque era lì che Nolan la stava aspettando. Charlotte le abbassò la testa ed entrarono attraverso una porticina di legno, poi proseguirono lungo una scalinata dai gradini con la pietra sbozzata.
“E’ qui che torturate e uccidete i nemici?”
“Sì, così la terra assorbe il sangue.” Disse Charlotte in tono scherzoso.
Ariadne aveva sempre ammirato l’indifferenza di Charlotte. Parlava, camminava, si muoveva con una calma quasi apatica. Avrebbe potuto vedere un incendio divampare davanti ai suoi occhi e si sarebbe limitata a fare spallucce.
Charlotte aprì una porta di ferro e la spintonò all’interno. Un uomo robusto stava fumando la pipa, aveva la testa calva e un paio di baffi bianchi. I suoi occhi saettarono su Ariadne e sorrise.
“Benvenuta. Io sono Tyler Nolan.”
Tommy aveva perso la ragione nel momento in cui Nadina gli aveva riferito che Ariadne era scomparsa. Le potevano capitare tante di quelle cose che solo a pensarci gli veniva la pelle d’oca per il ribrezzo.
“Per caso si sono lasciati scappare altro?” domandò Nadina.
Rachel era seduta nel suo caravan, piangeva ancora e le tremavano le mani.
“Non hanno detto molto. Non hanno neanche lasciato intendere il luogo dove l’avrebbero portata. Mi dispiace, non posso esservi d’aiuto.”
“Nolan ha proprietà in tutta Londra, potrebbero essere ovunque.” Disse Olga.
“Nonna, non hai neanche una vaga idea?”
“Ti conviene parlare.” Intimò Tommy.
La vecchia gli rivolse uno sguardo furente, nessuno la trattava in quel modo.
“Tieni a freno la lingua se vuoi tenerla ancora attaccata alla bocca. Comunque, Nolan possiede molte catapecchie anche fuori città, almeno una decina.”
“Non possiamo setacciarle tutte.” Rifletté Nadina.
“Ma so chi può aiutarci.” Disse Tommy.
Mick King si accorse subito che qualcosa non andava. Erano le undici di sera e gli uomini appostati fuori da casa sua si era improvvisamente agitati. Sbirciò dalla finestra e vide che le sue guardie stavano accerchiando un uomo e due donne. Prese la giacca e uscì in giardino.
“Che sta succedendo?”
“Capo, quest’uomo vuole parlare con voi.”
Solo allora Mick si rese conto che una delle due donne era Rachel.
“Rachel, che ci fai in compagnia di questi…zingari?”
“Nolan ha preso Ariadne.” disse l’uomo.
Mick si pietrificò sul posto. Quella voce roca, quell’accento tipico dell’Inghilterra centrale, lo colpirono come un fulmine.
“Tommy Shelby.”
Tommy si mise sotto la luce del lampione, aveva la barba e i capelli lunghi ma il suo sguardo da lupo era sempre lo stesso.
“Credevi sul serio di avermi ucciso? Serve molto più del fuoco per farmi fuori.”
Mick serrò i pugni, il cuore che gli batteva nel petto quasi da scendergli nelle costole, e respirò a fondo.
“Credevo di essermi liberato di te. E’ vero che l’erba cattiva non muore mai.”
“Sai com’è, neanche l’inferno mi vuole. Sono troppo anche per i diavoli.”
I due uomini si guardarono per qualche istante, due tori sul punto di attaccarsi e sbranarsi senza pietà. E lo avrebbe fatto, si sarebbero assaliti alla gola, se non fosse che adesso avevano un nemico comune.
“Dunque Nolan ha preso Ariadne. Alla festa di Lady Violet?”
“Sì, sono venuti tre membri dell’I.R.A. a prenderla.” Spiegò Rachel.
“Tra di loro c’era anche Charlotte.” Aggiunse Tommy.
Mick diventò bianco come un lenzuolo. Tutte le sue carte erano state scoperte e aveva perso la partita.
“Charlotte? La tua assistente?”
“Sì, quella che hai assoldato per spiarmi. L’ho capito solo di recente che lei lavorava per te.”
“Ma non credevo facesse parte dell’I.R.A., credevo fosse solo una mercenaria.”
“Ha fatto il doppiogioco con entrambi.” Disse Tommy.
“Possiamo salvare Ariadne, per la miseria!?” strillò Rachel.
La ragazza accanto a lei le mise un braccio intorno alle spalle per calmarla, e per fortuna funzionò tanto che Rachel tornò di un colorito normale.
“Quindi noi dovremmo allearci?” chiese Mick scettico.
Tommy avanzò fino a trovarsi a un centimetro da Mick. Lo afferrò per il bavero della giacca e lo costrinse a sollevarsi sulle punte.
“Tu mi fai schifo e mi vendicherò, ma adesso ti conviene aiutarmi a salvare Ariadne. Se le succede qualcosa, io ti verrò a prendere e invocherai la morte. Sono stato chiaro?”
“Tu la ami, vero?” biascicò Mick.
Tommy lo lasciò andare con uno spintone che fece finire Mick contro le sbarre del cancello.
“Pensiamo solo a salvarla.”
“E come intendi fare? Nolan ha rifugi ovunque, dentro e fuori città.”
“Useremo tutti i tuoi uomini. Ci divideremo e la cercheremo.”
“Gli Scuttlers non prendono ordini da uno zingaro!” disse una delle guardie.
Tommy, che si sentiva sull’orlo di un baratro, si scaglio contro quella guardia e gli tirò un pugno così forte da rompergli il naso; le nocche erano coperte di sangue.
“Ascoltatemi tutti! Non me ne frega un cazzo di voi e di quello che pensate di me. Mi interessa solo riportare a casa Ariadne. Quindi o muovete il culo o entro domani vi ritroverete tutti senza palle.”
“Fossi in voi, gli darei ascolto.” Disse Nadina.
“Ha ragione con lo zingaro. Dividiamoci e cerchiamo mia moglie.” Ordinò Mick.
Tommy al titolo ‘mia moglie’ sentì la rabbia scorrergli in corpo, ma per amore di Ariadne e della sua salvezza rimase zitto.
Ariadne sentiva i polsi intorpiditi e doloranti a causa delle corde che la tenevano legata al soffitto. Pendeva come un animale al macello. Le gambe da qualche minuto avevano iniziato a tremolare per colpa della stanchezza. Erano quasi due ore che si trovava in quella posizione.
“Nuova versione della crocifissione?” esordì dopo un po’.
Nolan se ne stava seduto di fronte a lei in silenzio, si limitava a fissarla con espressione piatta. Ariadne conosceva quella tattica, anche suo padre l’aveva adottata tante volte: fissare qualcuno fino a farlo crollare; era una sorta di tortura psicologica.
“Dimmi che cosa vuoi e finiamola qui.”
“Hai il brutto carattere di tua madre.” Disse Nolan.
“Lo prenderò come un insulto.”
“Invece è un complimento perché tua madre è davvero una donna unica, fredda e calcolatrice come poche.”
Ariadne aggrottò le sopracciglia e subito dopo le sollevò per lo stupore, e anche per l’orrore.
“Oh, no. Che schifo. Tu eri innamorato di mia madre!”
“E’ una storia vecchia. Non conta più niente.” Disse Nolan.
“Allora torniamo al presente. Mi terrai appesa ancora per molto?”
Un rivolo di sangue colò giù dal polso e le imbrattò la manica del vestito. Non avrebbe resistito ancora, il dolore stava aumentando a dismisura.
“Resterai lì fino a quando vorrò. Abbiamo molto di cui parlare.”
“E farlo davanti ad una tazza di tè sembrava una cattiva idea.” Ironizzò lei.
“Anche mio figlio Alexander era come te, sempre con la battuta pronta.”
Fu allora che Ariadne scorse una crepa nella calma di Nolan e decise di sfruttarla a proprio vantaggio.
“Mick mi ha solo detto che è morto in un incontro di boxe. Raccontami come è andata.”
“Un uomo di Mick ha colpito mio figlio alla testa nonostante fosse un colpo proibito. Anche se gli incontri e le scommesse sono illegali, le regole devono essere rispettate. Alexander era a terra e quel bastardo gli ha tirato un calcio così forte da spezzargli il collo. Anziché soccorrerlo, tutti sono scappati e hanno pensato a incassare i soldi della scommessa. Hanno lasciato il mio adorato figlio morto a terra, da solo come un cane.”
“E immagino che ti abbia fatto ancora più male sapere che c’entrava Mick.”
Nolan sospirò, aveva gli occhi lucidi ma la sua voce era ferma.
“Sapere che il figlio del mio migliore amico aveva contribuito alla morte di mio figlio è stato devastante. L’amicizia, il patto di sangue, il rispetto sono terminati in quel momento. Ho giurato che mi sarei vendicato dei figli di Eugene e Philip.”
“Dunque hai assoldato l’I.R.A. per uccidere mio fratello Julian.” disse Ariadne.
“Sì, era il più facile da raggiungere. Ma a quanto pare, secondo le mie ricerche, tuo fratello è stato salvato da Ada Shelby.”
Ariadne avrebbe voluto sorridere ma represse ogni emozione. Non avrebbe dato la sua gioia in pasto a quell’uomo. Ringraziò Ada nella mente, le avrebbe un regalo enorme (se fosse sopravvissuta).
“Io e i miei fratelli non c’entriamo niente con la morte di tuo figlio.”
“Ma fate parte della famiglia di Mick.” Osservò Nolan.
“Ti sbagli. Non c’è nessuna famiglia. Il mio matrimonio con Mick è combinato. Mia madre mi ha data in sposa a lui per appianare un debito di soldi.”
Nolan rimase sbalordito, una ruga sulla fronte lo tradì.
“Marianne è diventata più meschina di quanto ricordassi.”
“Lei mi odia. Se fosse possibile, mi ucciderebbe con le proprie mani.” confidò Ariadne.
“Perché dici così?”
“Perché ho ucciso mio padre.”
Erano le cinque del mattino quando Tommy imboccò l’ennesima stradina di campagna col furgoncino di Nadina. Era esausto, gli occhi rossi e la testa che pulsava, ma ormai mancava poco. Lui e Mick si erano divisi i posti da controllare e la lista era agli sgoccioli. Mancava un solo luogo, un vecchio rudere abbandonato che Nolan aveva comprato per pochi spicci dieci anni prima.
“E se Nolan ci uccide tutti?” disse Nadina.
“Ben venga.” Rispose Tommy.
“Ehi, io sono troppo giovane e affascinante per morire! Ho ancora tante ragazze da conquistare!”
“Ma a te piace Rachel.”
Nadina aprì e chiuse la bocca, non aveva una risposta piccata a quella frecciatina. Era vero che Rachel King le piaceva, era così dolce e intelligente che subito lo stomaco si era abbandonato alle farfalle.
“Se lo dici a qualcuno ti ammazzo.”
Dopo quaranta minuti Tommy stava per perdere le speranze. Avevano lasciato da poco quella villetta diroccata che apparteneva a Nolan senza risultati. All’interno aveva trovato impronte e corde sul pavimento, segno che qualcuno ci era stato nelle ore precedenti ma se ne erano andati prima del loro arrivo. A quel punto Nadina si era proposta di guidare perché Tommy era così sfinito che si sarebbe potuto addormentare al volante.
Il furgoncino malconcio borbottò mentre attraversavano un sentiero di ghiaia e sassolini; era l’unico rumore che si udiva nel silenzio delle prime luci.
“Tom…guarda là!” disse Nadina.
Tommy aguzzò la vista e vide una massa scura distesa sull’erba. Era una persona rannicchiata. Scese dal furgoncino e corse per vedere chi fosse.
“Ariadne! Ehi, mi senti?”
Tommy prese la ragazza fra le braccia e le scostò i ricci dal viso. Era pallida e sudata, i capelli incrostati di terra e polvere. I polsi erano stati martoriati dalle corde, la pelle era lacerata e il sangue si era seccato.
“Ari, apri gli occhi. Sono io. Mi senti?”
Le ciglia di Ariadne sfarfallarono mentre apriva lentamente gli occhi. Mosse le labbra ma senza emettere un suono, la gola era troppo asciutta per riuscire a parlare.
“Adesso ti porto in ospedale. Andrà tutto bene.”
Nadina e Tommy con cautela caricarono Ariadne sui sedili posteriori. Mentre lei guidava, lui teneva la testa di Ariadne sulle gambe e le accarezzava la guancia.
Nolan l’avrebbe pagata cara per averla ridotta così.
Mick arrivò in ospedale come una furia. Insieme a lui c’era Marianne, che sembrava stranamente preoccupata. Rachel chiudeva la fila con accanto il sempre presente Andrew.
Nadina si illuminò non appena vide Rachel e le andò incontro.
“Dov’è mia figlia?” chiese subito Marianne.
“Nella stanza 328.”
Marianne e Mick si diressero spediti verso la stanza con Andrew al seguito, mentre Rachel si fermò in corridoio.
“Nadina, grazie di cuore per quello che hai fatto. Per avermi accolta al campo, per avermi ascoltata e per aver aiutato Ariadne.”
“L’ho fatto solo per te. Perché sei tu.” Ammise Nadina.
Rachel arrossì fino alle orecchie. Lo sapeva sin da adolescente che le piacevano le donne, ma purtroppo lo aveva dovuto nascondere perché la sua famiglia e la società non lo avrebbero mai accettata. Non aveva mai avuto una ragazza, anzi non pensava che avrebbe mai trovato una fidanzata. E poi era arrivata Nadina che l’aveva invitata a bere il tè, l’aveva riempita di complimenti e adesso a guardava con amore mentre le confessava di aver fatto tutto solo per lei.
“Io…non so come ci si comporta in queste occasioni…”
“Si fa così.”
Nadina le cinse il collo con una mano e la baciò. Rachel sbarrò gli occhi per lo stupore. Era il suo primo bacio e lo stava scambiando con una ragazza nel corridoio di un ospedale.
“Wow…ehm…” balbettò Rachel.
Nadina sfoggiò un sorriso malizioso e si leccò le labbra.
“Sì?”
“Possiamo rifarlo?”
“Tutte le volte che vuoi.”
Tommy si voltò verso la porta quando Marianne fece il suo ingresso. La donna guardò la figlia per un istante e sembrò provare un pizzico di tristezza.
“Come sta?”
“Il medico dice che ha una commozione causata da un colpo alla testa. I polsi guariranno nel giro di due settimane.”
“Nolan ha davvero esagerato.” Disse Mick furente.
“Vuole sterminare le nostre famiglie.” Disse Marianne.
Tommy si accese una sigaretta e aprì la finestra per far uscire il fumo.
“Cosa avete intenzione di fare con Nolan?”
“Non sono affari tuoi. Anzi, tu dovresti addirittura essere morto.” Disse Marianne.
“Sotto terra non mi vogliono.” Replicò Tommy.
“Ma è là che meriti di stare.”
Ariadne si mosse e l’attenzione fu puntata su di lei. Sollevò una mano per fermare quei discorsi farciti di insulti.
“Nolan vuole farci tutti fuori per la morte del figlio. E’ colpa di Mick se ci troviamo in questo casino.”
“Colpa mia? Non controllo i miei uomini quando sono in giro!” protestò Mick.
Ariadne lo fulminò con gli occhi, in quel momento somigliava tanto a sua madre.
“Tu devi stare solo zitto. E’ colpa tua se mi hanno rapita, legata al soffitto e colpita alla testa. Non devi fiatare!”
“La micetta sta cacciando gli artigli, oh.”
Marianne lanciò uno sguardo glaciale a Mick facendolo ammutolire.
“Hai combinato un disastro, Mick. Vedi di risolverlo al più presto. Nolan deve sparire.”
“Me ne sto già occupando.”
“Lo spero, altrimenti ad essere legato al soffitto sarai tu.” Lo avvertì Marianne.
Mick si morse le labbra per non rispondere a tono, ma non era il caso di perdere altri alleati. Annuì e uscì dalla stanza per tornare a casa e istruire i suoi uomini.
“Il medico dice che fra due giorni posso uscire.” Disse Ariadne.
“Bene, perché ci servono tutte le forze contro Nolan.” Disse Marianne.
Ariadne stava per parlare ma la madre girò i tacchi e scomparve nel corridoio. Non le importava che la figlia fosse finita in un letto di ospedale, anzi forse un po’ ne era addirittura contenta.
“Che amore materno.” Mormorò fra sé.
“Ariadne, stavo pensando che avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile. Potremmo chiedere una mano a Olga, anche se ci vorranno molti soldi per…”
“Tom, fermati! Tu non c’entri niente in questa storia, questa vendetta non ti riguarda. Tu per tutti sei morto, non devi esporti troppo.”
Tommy guardò la ragazza e abbassò il mento, c’erano quelle tre paroline che gli pizzicavano la gola ma che proprio non riuscivano ad uscire.
“Siamo amici, voglio darti una mano.”
Ariadne inarcò il sopracciglio e corrucciò le labbra in una espressione di disgusto.
“Amici? Noi siamo amici? Questa non me l’aspettavo.”
“Ariadne…”
“Voglio stare da sola. Sono stanca.” Tagliò corto lei.
Era chiaramente rimasta delusa dalle parole di Tommy. Amici, che titolo ridicolo per loro due. Non era mai stata un’amicizia ma neanche una relazione, era sempre stato qualcosa nel mezzo. Ma sentirsi liquidare in quel modo la ferì nel profondo. Che sciocca, si era innamorata di Tommy Shelby e aveva anche sperato che lui potesse ricambiare. Era stata una ragazzina stupida.
“Buon riposo, Ariadne.”
Tommy tornò a Yellow Camp con il solo intento di bere whiskey fino a non sentire più le papille gustative. Aveva commesso un errore con Ariadne, ma ammettere che fra loro ci fosse più di una semplice amicizia era difficile. Lui era ancora sposato, aveva due figli ed era anche morto. La situazione era davvero complicata e lui voleva solo affogare i dispiaceri in alcol e sigarette.
“Tom, vieni! Ci sono visite per te.” Lo richiamò Nadina.
Tommy salì a bordo del caravan e rimase pietrificato. Polly, Arthur e Finn lo fissavano come se fosse un fantasma.
“Ma che cazzo…”
“Bentornato dal mondo dei morti, disgraziato.” Lo salutò Polly.
Salve a tutti! 💕
Il pericolo è sempre più vicino, ma vi posso assicurare che niente è come sembra.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
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INFERNO 3 || Tommy Shelby
FanfictionAriadne Evans è in gabbia, intrappolata in un matrimonio combinato e prigioniera di una madre dispotica. Il suo piano sin dall'inizio era quello di uccidere Mick King, aiutare i suoi fratelli e porre fine alla sua vita da criminale. Ma vuole anche v...