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Chiusi gli occhi, tentando di respingere le lacrime che insistevano a voler scendere sulle mie guance.
Chiusi gli occhi, e cercai di ricordare com'era quand'ero piccolo. Il suo sorriso dolce, i capelli castano scuro che mi sfioravano le guance quando mi dava il bacio della buonanotte, il suo profumo di lavanda, il modo in cui le si illuminavano gli occhi quando papà tornava a casa dopo tante settimane di viaggio. Poi si era ammalata. All'inizio lievemente, ma dopo qualche mese non riusciva più nemmeno ad alzarsi dal letto, a giocare con Isabelle, la mia sorellina, e papà non tornava più, non c'era neanche quel giorno, il giorno del funerale della mamma. Ci aveva abbandonati. Perché? Sentii la rabbia salirmi dentro, invadendomi dalla punta delle dita dei piedi fino al cuore. Forse, se fosse stato più presente, mamma non sarebbe morta, il suo corpo non sarebbe stato bruciato sulla pira davanti a me. Ma lui non c'era. Strinsi i pugni e aprii gli occhi. Non dovevo piangere. Dovevo essere forte per mia sorella. Lei era seduta per terra, al mio fianco, gli occhi fissi sul fuoco. Non diceva una parola da due giorni. Praticamente non si muoveva. Non dava neanche l'impressione di respirare. Avrei voluto dirle qualcosa, ma cosa? Mi dispiace che nostra madre sia morta? Che papà ci abbia lasciati soli? No, non ci riuscivo, non trovavo le parole adatte. Ora ero io il capo famiglia. In paese non avevamo parenti, ma la mamma parlava spesso e con affetto di una sorella che abitava in città, oltre il bosco e le montagne, la città più grande della regione, dove si trova il palazzo reale. Decisi che avrei preparato vestiti e provviste e sarei partito con Isabelle qualche settimana dopo. Ecco cosa potevo dirle -Belle?-.
Lei alzò lo sguardo verso di me, senza fiatare.
-Tra qualche giorno andremo dalla zia, la sorella di mamma, va bene?-.
Lei annuì, poi riportò gli occhi alle fiamme. Forse non avrei dovuto portarla, era solo una bambina, ma credo che mi avrebbe seguito comunque, cocciuta e silenziosa com'era.
Guardai anch'io le fiamme che si protendevano verso il cielo scoppiettando, e pensai che non avrei lasciato molto in paese, qualche amico, nulla di più. Almeno in città avremmo avuto l'opportunità di rifarci una vita. Forse avremmo rincontrato papà.
Mi scese una lacrima sul viso, ma non di tristezza.
Di rabbia.

Mentre stavamo tornando a casa, una donna corse verso di noi e ci avvolse entrambi con le braccia. Stava piangendo.
Ci lasciò andare dopo qualche secondo, e realizzai che era la guaritrice del paese, un'amica di mamma, Mary -Mi dispiace- ci disse tra le lacrime -avrei dovuto fare di più per salvarla.-. Ci strinse di nuovo a sé e poi ci liberò, lentamente, asciugandosi le lacrime.
Si rivolse a me, commossa ma risoluta -Richard- disse. Nessuno mi chiamava mai così, a meno che non si trattasse di qualcosa di molto importante. Per tutti, io ero Rick. -Prima di... lo sai... tua madre mi ha lasciato questa per te.- tirò fuori dalla bisaccia dei medicinali un foglio di carta, tutto stropicciato, e me lo tese. Io lo presi e lo aprii. La grafia di mamma, così ordinata e precisa. Era stata lei a insegnarmi a leggere e a scrivere. Infilai la lettera nella tasca delle braghe, poi rivolsi un sorriso stanco a Mary, la ringraziai e presi per mano Belle. Mi incamminai verso casa, una mano ancora in tasca a stringere la lettera.
Lungo la strada, incontrammo continuamente persone che ci facevano le condoglianze, che volevano stringerci le mani, esprimere la loro solidarietà. Non morivano spesso degli abitanti di qui, a parte vecchi e neonati nati malati, ma principalmente era perché eravamo pochi, duecento o giù di lì, così pochi che ci conoscevamo tutti. Mentre mi guardavo intorno, vedendo quelle strade familiari, le piccole case di legno o pietra, provai come una specie di nausea: essere lì, senza la mamma, mi sembrava sbagliato. Accelerai il passo, senza pensare a Belle, che provò a starmi dietro, ma dopo poco inciampò e cadde. Mi fermai ad aiutarla, ma lei non disse una parola. Sembrava così piccola, così fragile, ed io, a sedici anni, avevo la responsabilità di prendermi cura di lei. Non credevo che sarei stato in grado di farcela.
Quando finalmente arrivammo a casa, avevo l'impressione di essere invecchiato di dieci anni. Chiesi a Belle se aveva fame, ma lei scosse la testa e andò in camera sua. La nostra era una bella casa, una delle più grandi del paese, e ognuno aveva la sua stanza. Io però mi diressi verso la camera di mia madre, mi sedetti sul letto e presi la lettera.

Caro Rick,
Se stai leggendo questa lettera, la malattia ha avuto la meglio su di me. Vorrei essere lì per dirvi che vi voglio bene, vorrei essere lì con voi, ora e sempre.
Dovete andarvene subito. Se fossi in salute, verrei con voi, ma è necessario che ve ne andiate. Rimanere è pericoloso, andate dalla zia a Albal, e state attenti, a tutto e a tutti. Non fidatevi di nessuno. I nostri soldi sono nella dispensa, dietro i piatti, e sono tutto ciò che abbiamo. Prendete provviste per un paio di giorni e partite, ma non fermatevi troppo nelle locande.
La zia sa già tutto.
Vi amo.
Mamma

La rilessi varie volte. Anche io avevo pensato di partire, di raggiungere la zia, ma perché così presto? E perché eravamo in pericolo? Aggrottai le sopracciglia, fissai la lettera ancora per qualche secondo e poi corsi in cucina, a prendere i soldi e le provviste. Belle, attirata dal rumore, accorse a vedere cosa stavo facendo -Partiamo.- le dissi -Subito.-.
Lei tornò in camera sua, e io continuai a preparare le provviste. Infilai tutto dentro un borsone, e guardai i soldi: erano davvero un piccolo tesoro. Li nascosi dentro una bisaccia, che mi misi a tracolla sotto la casacca larga. Belle entrò in cucina e mi mostrò una borsa con qualche suo vestito e qualcuno mio. All'inizio non capii perché avesse preso i giacconi foderati di pelo che usavamo in inverno, ma poi mi ricordai che per arrivare in città avremmo dovuto passare per le montagne, dove c'era neve tutto l'anno. Io non ci avevo pensato, ma lei sì, per fortuna.
Prendemmo le ultime cose e partimmo. Guardai un'ultima volta casa mia, poi chiusi la porta, con la sensazione di stare chiudendo una parte della mia vita.
Fuori, dei bambini porsero a Belle una coroncina di fiori, che lei accettò con un debole sorriso.
Imboccammo il sentiero che portava al bosco, e non mi girai più indietro.

Il cavaliereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora