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-Signorino?- qualcuno mi scosse leggero la spalla -Signorino?-
Aprii un occhio su una stanza sconosciuta. Una ragazza più o meno della mia età, con i capelli biondo cenere raccolti da un fazzoletto e una spruzzata di lentiggini sul viso era chinata su di me e tentava di svegliarmi.
-Mmh- mugugnai qualcosa e socchiusi entrambi gli occhi. La memoria mi tornò un po' alla volta. Ero arrivato da mia zia. Ero in città. Probabilmente da solo non sarei riuscito a trovare l'uscita. Non conoscevo la ragazza sopra di me.
Finalmente si accorse che mi ero svegliato e si allontanò -Signorino, la padrona mi ha mandato a svegliarla. Lei e la signorina stanno per uscire a fare un giro al Mercato Grande. Gradirebbero la Sua compagnia.-
Ero ancora un po' stordito, ma annuii. Lei fece un inchino e lasciò la stanza.
Belle e la zia erano già di sotto? Quanto avevo dormito? Ero sicuro che Belle avesse dormito al mio fianco, ma forse stavo solo sognando.
Mi passai le mani sul viso e notai un catino pieno d'acqua nell'angolo dove avevo lasciato la sacca, che era sparita. Dopo un attimo di panico - la sera prima ci avevo riposto i nostri soldi - mi accorsi di un armadio, aperto, dove erano stati riposti con cura la nostra sacca e i miei vestiti. Sospirai di sollievo e andai a lavarmi il viso.
Osservai i vestiti che mi ero portato. Volevo fare colpo sulla zia, e i vestiti migliori che avevo erano quelli della festa, che si indossavano una volta l'anno per la festa della Primavera. Consistevano in una camicia crema, una giubba verde leggera e delle brache scure. Mi lavai il meglio possibile e mi vestii, poi uscii sul corridoio.
Fortunatamente, ad aspettarmi fuori c'era la ragazza di prima.
-Signorino, sono incaricata di portarla di sotto.- disse.
-Grazie.- le sorrisi, camminando al suo fianco mentre mi guidava di sotto -Ma chiamami Rick-.
Lei arrossì -Signorino, non è il caso...-
-Insisto. Se continuerai a chiamarmi signorino, io dovrò chiamarti "signorina"- mi impuntai. Poi aggiunsi, dopo un attimo di riflessione -E comunque, se mi chiami "signorino" mi sento un bambino-
-Mio signore sarebbe più appropriato?- chiese senza nemmeno un velo di ironia.
-No, signorina-.
-Io non sono una signora, mio signore-.
-Allora dimmi, come ti chiami?-.
-Anna- rispose lei.
Nel frattempo, avevamo raggiunto l'entrata, per svoltare a sinistra in salotto regalmente arredato, dove ci aspettavano Belle e la zia.
-Buongiorno.- salutò mia zia con un sorriso -Dormito bene?-
-Magnificamente- mi ritrovai a rispondere. Poi, in un attimo di intraprendenza, chiesi -Zia cara, potrebbe chiedere alla signorina Anna di chiamarmi per nome? Gli appellavi come Mio Signore e Signorino mi mettono in imbarazzo-.
Mi girai verso Anna. Aveva gli occhi sbarrati e il suo viso aveva assunto un colore rosso che fino a quel giorno avevo visto solo in mezzo ai campi, sui petali dei papaveri. Stringeva le mani una sull'altra e le teneva all'altezza del petto.
-Anna, lo so che tu hai ricevuto un'ottima educazione, ma potresti fare un'eccezione per Rick? Lui non è abituato a queste cose- il tono di mia zia era lievemente divertito, e quando mi voltai verso di lei, vidi che mi stava studiando come la mamma ogni tanto studiava gli oggetti strani e rari che papà ogni tanto le portava dai suoi viaggi. Un velo di tristezza mi scese sul cuore, ma cercai di scacciarlo.
Dopo un attimo di esitazione, che Anna impiegò per ritornare di un colore normale, rispose -Certo, Mia Signora- si inchinò -Serve altro?-.
-Se non hai faccende particolarmente importanti da sbrigare, gradirei che ci seguissi al Mercato-.
-Sarà un onore-.
-Bene- mia zia si alzò in piedi e batté le mani. Aveva i capelli castani striati di grigio raccolti in un alto in una crocchia. Si avvicinò alla porta, dove era appesa una cappa di seta lucida rossa, e Anna si precipitò a drappeggiargliela sulle spalle. Notai solo in quel momento quanto fosse alta. Mi superava di una spanna buona; Anna dovette alzarsi sulle punte dei piedi per riuscire a fissarle la spilla che chiudeva il prezioso mantello.
La nostra compagnia uscì alla luce del giorno. Dovevo aver dormito davvero moltissimo. Il sole aveva superato il suo punto massimo e si stava avviando verso il tramonto. Il mio stomaco brontolò così forte che mia zia, a capo della fila di cui io ero l'ultimo, lo sentì -Hai fame, Rick?- rise -Non dovrai aspettare molto. Al Mercato Grande vendono di tutto.-
-Ma io non ho preso soldi.- ricordai all'improvviso -Potrei fare una corsa a prenderli- proposi.
-Assolutamente no- rispose mia zia, perentoria -Non solo siete miei ospiti, siete anche i miei nipoti. Devo provvedere io a voi.-
E così mi zittì.
Cominciai a guardarmi intorno. Non avevo mai visto nulla di simile. Eravamo su una strada molto larga, su cui però di aprivano molti stretti vicoli. I ciottoli su cui camminavamo erano ricoperti da sporcizia di ogni genere. Contro i muri erano accasciate persone emanciate e prive di sensi. Le case erano altissime, e poche erano di legno. La maggior parte erano di pietra o mattoni. Sulla strada si aprivano molte botteghe: panetterie, fucine, macellerie, negozi di stoffe... C'era di tutto.
Ero così distratto, che quasi non mi accorsi della cascata di roba puzzolente che precipitò esattamente dove mi trovavo io fino a un momento prima. Qualcuno mi aveva tirato di lato, salvandomi da una pioggia poco piacevole.
-Hey amico, non lo sai che in città non si cammina sotto le finestre?- il mio salvatore era un ragazzo con ricci capelli neri e un mezzo sorriso storto. Aveva qualcosa di familiare...
Lui doveva avere la stessa impressione, perché aggrottò le sopracciglia e mi guardò con attenzione -Sei tu...?-
Un lampo di comprensione mi colse all'improvviso -Tommy?- chiesi.
-Rick!- mi stritolò in un abbraccio che mi avrebbe sollevato da terra, se non fossi stato più alto di lui di una testa.
Lo abbracciai anch'io di rimando, ma poi mi staccai per guardarlo meglio. Non era cambiato molto da quando aveva lasciato il nostro paesino.
Gli sorrisi -Come va la vita qui in città?-.
-Bene! Mio padre ha un buon impiego, e anche mia mamma fa qualche lavoretto ogni tanto. Io... Ma dimmi di te! Da quanto tempo sei ad Alboria?-.
-In realtà solo da ieri- ero così contento di vederlo, avevo così tante cose da dirgli, che non riuscivo a trovare le parole. Mi sembrava di aver trovato un piccolo pezzo di casa in quella grande città sconosciuta.
-E per quanto pensi di rimanere?-
Guardai il piccolo gruppo che si era fermato ad aspettarmi poco più in là. La zia stava esaminando alcune stoffe esposte in una bottega. -Non lo so. Per un po' dovremmo rimanere da queste parti-.
Tom seguì il mio sguardo e sbarrò gli occhi -Quella è tua sorella?-.
-Isabelle- la salutai con la mano. Lei rispose con lo stesso gesto.
-È cresciuta moltissimo-.
-Già-.
Avevamo già finito gli argomenti. Da piccoli non ci sarebbe mai successa una cosa simile.
-Come sta tua madre?- chiese un po' a disagio.
-Lei...- mi mancò la voce per un attimo -È morta-.
-Rick... Mi dispiace...- tentò di mettermi una mano sulla spalla, ma io mi scostai. Sapevo che non era colpa sua, che lui non sapeva, ma la morte della mamma era ancora una ferita aperta.
-Io devo andare, mi aspettano.- dissi brusco.
-Sì, anch'io- rispose lui, con espressione contrita.
Mi sentii improvvisamente in colpa -Ci vedremo in giro, uno di questi giorni- cercai di rimediare.
-Sì, forse. Ma io tra poco partirò-.
-Per dove?- domandai io sorpreso.
-È un segreto- disse lui con un mezzo sorriso.

Il cavaliereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora