La presa di mio padre sulla spalla mi ricordava le trappole messe nel bosco per catturare gli animali. Non riuscivo a superare la sorpresa di essermelo trovato davanti.
Dopo essersi congedato dal suo pubblico, mi aveva condotto, attraverso la folla, a una stanzetta adiacente, il cui unico mobilio era composto da alcuni arazzi, un tavolino e delle sedie. Mi mollò la spalla solo dopo avermi fatto sedere su una di quelle sedie.
Invitò anche l'altro ragazzo ad accomodarsi, poi prese posto davanti a me, scrutandomi con un'espressione indecifrabile.
-Avrete molte domande da pormi, immagino- esordì intrecciando le dita sul tavolo.
Abbassai lo sguardo sulla superficie di legno, non dover guardare in faccia né lui né l'altro, e mi accorsi che sul tavolo, con un'intarsio, era rappresentato il nostro regno. Una strana nausea mi prese allo stomaco.
-Padre, chi è questo ragazzo?- chiese l'altro me -E perché mi somiglia così tanto?-
-Siete gemelli- lo guadai di sottecchi -Fratelli nati lo stesso giorno, perfettamente uguali nell'aspetto, specialmente appena nati-
-Incredibile- sbottò il ragazzo, spingendo indietro la sedia e alzandosi di scatto -Come hai potuto non dirmi niente di lui?- cominciò a camminare nervosamente per la stanza.
-È stato solo per la vostra sicurezza- mio padre era troppo pacato, troppo rilassato. Sembrava stesse cercando di calmare noi.
-Sai perché sono qui?- gli chiesi con voce tremante.
Lui annuì lentamente -Credo di poterlo indovinare. Tua madre era molto malata, non è così?-
Come la faceva semplice. La mia rabbia aumentava ad ogni sua frase; mi conficcai le unghie nei palmi e il dolore mi calmò abbastanza da permettermi di non replicare i gesti del mio nuovo gemello.
-Se lo sapevi, perché non sei venuto ad aiutarla, o almeno a salutarla, prima del suo ultimo respiro?- "perché ci hai abbandonati?" la domanda mi bruciava sulla lingua, smaniava di essere pronunciata, ma non volevo sembrare un bambino piagnucoloso.
-Perché sarebbe servito solo ad attirare su di voi l'attenzione - e le guardie - dell'usurpatore- spiegò lui ricambiando il mio sguardo inferocito con un'espressione triste. Sentii la mia rabbia sgonfiarsi un altro po'.
-Mi-mia madre è morta?- balbettò l'altro ragazzo, che si era appoggiato al muro dietro di me.
Mi girai verso di lui, tenendo una mano sullo schienale della sedia -Sì-
Lui sembrò distrutto dalla mia conferma -Non avevo mai chiesto di lei. Avevo sempre dato per scontato che fosse morta durante la nostra fuga- si guardò le scarpe e diede un calcio a qualcosa di invisibile sul pavimento.
-E Isabelle?- mio padre rientrò nella conversazione -Come sta? Anche lei è in città?-
-Chi è?- chiese il mio gemello.
-Nostra sorella- gli risposi brevemente prima di voltarmi nuovamente verso mio padre -Sì, anche lei è in città, e sta bene. È cresciuta moltissimo, non la riconosceresti neanche- sperai cogliesse la mia ultima frecciatina.
Lui per tutta risposta sospirò -Mi piacerebbe tanto vederla-
-Anche a me. Vorrei conoscerla- aggiunse il ragazzo dietro di me.
-Potremmo organizzare un incontro...- proposi io esitante.
-Non so quanto sarebbe sicuro- ribatté mio padre, proprio mentre mio fratello chiedeva, speranzoso -Domani?-
Io, solo per non dare ragione a mio padre, acconsentii.
Mio fratello si avvicinò al tavolo e prese posto vicino a me, poi mi allungò la mano -Non siamo ancora stati presentati ufficialmente, mi pare. Io sono Reggie-
-In realtà, si chiama Reginald Raphael secondo, così come tu ti chiami Richard Andrew. In famiglia avevamo sempre creduto nei doppi nomi- specificò mio padre con una nota ironica nella voce.
Il mio nuovo fratello storse la bocca -Però Reginald è un nome orribile. Chiamami Reggie- disse rivolto a me.
-Rick- ricambiai, cercando di mostrarmi amichevole, ma ero combattuto: lui era uno dei motivi per cui mio padre ci aveva abbandonati, e inoltre aveva avuto papà tutto per sé per tutti quegli anni... Però avercela con lui sarebbe stato come avercela con me stesso. E poi, insomma, io avevo avuto la mamma con me.
Mio padre batté le mani, come per richiamarci all'ordine -Bene, fatte le presentazioni, chiariti i dubbi, veniamo agli affari-
-In che senso?-
-Ora che sai chi sono, chi siamo, chi sei, e che sei stato presentato all'Ordine, non puoi più rimanere nell'ombra. Devi unirti alla nostra causa.-
-Cosa?!- esclamammo contemporaneamente io e Reginald.
Mio padre sembrò lievemente sorpreso della nostra sincronia, ma riprese in fretta il discorso -Dovrai partire con noi sulla prossima carovana per la base, ed iniziare l'addestramento da cavaliere. Sei pur sempre il secondo in linea di successione al trono.-
Io e Raphael ci scambiammo un sguardo veloce. Sapevamo cosa significasse. "Se succedesse qualcosa a tuo fratello e a me..." quelle parole non dette risuonarono nell'aria immobile -E se io rifiutassi?-
-Non puoi. È un tuo dovere- sembrava stupefatto.
-Non posso abbandonare Belle!- "non posso fare come hai fatto tu con noi!".
-Lei resterà con i vostri zii! Sarà più al sicuro, così!-
-Ma io voglio starle vicino!- non riuscivo a smettere di urlare, ero indignato.
-Devi rispettare il volere di tuo padre. Del tuo re.- si impose lui.
-Non puoi obbligarmi- ribattei.
-Staremo a vedere- i suoi occhi erano determinazione pura, e orgoglio.Quando chiusi la porta di casa dei miei zii dietro di me, lasciai andare tutta la tensione che avevo dentro, e subito cominciai a tremare.
Avevo ritrovato Gorrick tra la folla, una volta che mio padre mi aveva congedato e che mi ero accordato con Reginald per il giorno successivo.
Il vecchio non si era mostrato in alcun modo sorpreso dell'accaduto -Sospettavo qualcosa. Somigliavi troppo a Sua Altezza Reale- che nome pomposo per qualcuno che aveva la mia stessa faccia.
Dopo mi avevano riaccompagnato a casa, mentre la riunione riprendeva.
Mi diressi verso la camera, le mani inquiete che non sapevo dove sistemare.
Da una delle stanze che davano sul corridoio che stavo percorrendo spuntò mia zia, i capelli in disordine, una camicia da notte lunga fino ai piedi addosso.
-Mi sembrava di aver sentito la porta- mi disse stropicciandosi un occhio -Com'è andata?- chiese.
Mi fermai poco più avanti, dandole le spalle -Tu lo sapevi?-
Non mi chiese di cosa stessi parlando -Sì-
-Perché non me l'hai detto?- mi sentivo tradito.
-Me l'aveva chiesto tua madre-
-Come?!- mi girai di scatto verso di lei.
Si appoggiò allo stipite della porta e incrociò le braccia sul petto -Era per la vostra sicurezza-
-Tutti a parlare della nostra sicurezza- sbuffai io -Nessuno pensava che ci sarebbe piaciuto sapere la verità, piuttosto?-
Lei scrollò le spalle -Ormai è tardi. In tutti i sensi. Vai a dormire, Rick. E fai bei sogni.- aggiunse dolcemente.
In quel momento mi ricordò mia madre, e i suoi baci della buonanotte. Ma ero troppo arrabbiato per risponderle.
Ripresi la strada verso la mia camera e incredibilmente, non mi persi, anche se non prestavo la minima attenzione al percorso che dovevo fare.
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Il cavaliere
FantasyRick non si è mai allontanato dal suo piccolo villaggio alle periferie del regno, almeno fino alla morte della madre. Spinto da una lettera scritta dalla madre in punto di morte, parte alla volta della capitale. In città troverà nuovi e vecchi amici...