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Il giorno successivo lo passai a curiosare tra i libri e le pergamene di mio zio. C'era qualunque cosa, lì in mezzo.

Mi piacevano soprattutto le mappe; non ne avevo mai vista una prima. Infatti quando avevo trovato la prima ci avevo messo un po' di tempo a riconoscere la capitale, ed ero rimasto impressionato dalla precisione e dai dettagli: ripercorsi le strade su cui avevo viaggiato con le dita, riconobbi il bosco e le montagne, e, più in basso, anche il mio villaggio.

Avevo trovato moltissime mappe, in seguito, mappe di tutto il regno e anche dei territori al di fuori. Non mi ero reso conto di quanto fosse grande il mondo.

Passata l'ora di cena, Gorrick ed Elodie bussarono alla nostra porta.

A piedi, percorremmo una delle strade circolari che costeggiavano le mura, facendo quasi un mezzo giro della città. Entrammo in una casa decisamente più piccola di quella di mia zia, molto poco appariscente, dopo che Gorrick ebbe tirato una cordicella di fianco alla porta.

Un uomo appostato dietro alla porta fece un cenno di saluto a Gorrick. Noi camminammo fino in fondo al corridoio e scendemmo le scale, per arrivare in uno stanzone gigantesco che ospitava circa una cinquantina di persone. Nell'aria c'era puzza di vino e di umanità, ma anche una strana atmosfera di comunità e di attesa.

Osservai la gente intorno a me. Per lo più erano adulti, avanti con gli anni, ma c'era anche qualche ragazzo più giovane. Aggirammo una delle colonne e una zona rialzata, una specie di palco, entrò nella mia visuale. Era vuoto, ma la folla lo stava già osservando, mentre parlottava rispettosamente a bassa voce. Ci sistemammo ad un lato della sala, da dove però si vedeva bene il palco, e Gorrick salutò e scambiò convenevoli con alcune persone. Mi sentivo fuori posto; cercai di mascherare il mio imbarazzo incrociando le braccia e appoggiandomi al muro.

Quando ormai cominciavo ad annoiarmi, un uomo calvo e allampato saltò sul palco; era vestito in modo semplice, con un gilè di cuoio e delle brache al ginocchio, ma in un attimo riuscì a imporre il silenzio, con un ampio movimento delle braccia.

-Molti di voi sanno perché sono qui, gli altri no, ma sono qui perché conoscono dei nostri membri e condividono i nostri ideali. In ogni caso, farò una breve introduzione per i nuovi arrivati.- si fermò per un attimo, passando un lento sguardo ammonitore sul pubblico -Ovviamente, conto sul fatto che tutti voi siate persone fidate, e che nessuno abbia introdotto traditori del Vero Re.-

Mi guardai intorno, sperando di non essere l'unico confuso, ma gli altri sembravano tutti seri e concentrati, per niente dubbiosi di ciò che l'uomo stava dicendo.

-Questo è l'Ordine dei Dodici Cavalieri, fondato ormai mille e più anni or sono, al solo scopo di proteggere il nostro regno e i nostri sovrani. Un ordine basato sull'onore, sulla disciplina, sul coraggio e la generosità. Per molti anni, i Cavalieri sono stati guardie e consiglieri del Re, fedeli a lui sopra ogni cosa. Fino a diciassette estati fa, almeno, quando uno dei più fidati alleati del Re, suo fratello, non ha complottato per saliere al trono, uccidendo lui e tutti i suoi eredi. O almeno così ha creduto di aver fatto. Suo figlio minore, il secondogenito, la moglie e il suo erede sopravvissero. Da allora, il nostro obiettivo è riportarli sul trono. L'Usurpatore, però, si è costruito un esercito di manigoldi e mercenari, ed è furbo, troppo. Noi- e con un gesto indicò la folla -siamo gli uomini del Re, coloro che si sono uniti per combattere le ingiustizie e la crudeltà del Finto Re. Questo è un reclutamento. Chiunque voglia unirsi alla nostra causa, può partire con la carovana che tra cinque giorni lascerà la città, carica di rifornimenti per la nostra base, di cui ovviamente non vi sarà rivelata l'ubicazione. Per gli altri, quelli non in rado di combattere o lasciare la città per motivi personali, economici, familiari... mi affido alla vostra riservatezza- la sua lieve minaccia era tagliente come un coltello puntato alla gola, e pareva anche più pericoloso.

-Ora- riprese -Vi presento il nostro comandante, l'unico capo, l'Unico Vero Re.- il pubblico trattenne il fiato; quel tipo era un oratore da far paura -John Theodor Quarto!- concluse facendosi da parte.

Uomo salì sul palco al suo posto, e io non riuscii a trattenere il mio stupore -Padre?- ma la mia esclamazione si perse tra gli applausi che avevano seguito la sua entrata. Mi girai verso Gorrick in cerca di spiegazioni, conforto, o anche solo di una smentita. Speravo potesse dirmi che mi ero solo sbagliato, che quell'uomo non poteva essere davvero mio padre, che doveva solo somigliargli molto. Ma Gorrick non era più dove mi aspettavo di trovarlo, e quando riportai lo sguardo sul palco, l'uomo, il re, mio padre stava sorridendo, e vicino a lui c'ero io.

Oh, certo, non potevo essere io. Io ero appoggiato al muro, ad un lato della sala. Ma quel tipo era identico a me. Provai la stessa sensazione che avevo già provato una volta, quando una compagnia di teatranti itineranti si era fermata vicino al nostro villaggio, e in cambio di cibo ci aveva mostrato le meraviglie che trasportavano: animali esotici, strani oggetti magici e specchi deformanti. Ecco, vedere quel ragazzo mi procurò la stessa sensazione che avevo avuto specchiandomi in uno di quei cosi.

Aveva i capelli poco più lunghi dei miei, forse era appena un po' più alto, ed era vestito in modo decisamente più sontuoso. Sorrideva anche lui spostando lo sguardo fiero sulla folla.

Io non riuscii più a trattenermi. Mi feci largo a gomitate e spintoni tra la gente, arrivai proprio sotto al palco, appoggiai le mani sul legno rovinato che odorava di muffa, feci forza sulle braccia e con un balzo salii sul palco, proprio davanti all'uomo.

Da vicino, non potevo avere più dubbi che fosse mio padre.

Lui smise di parlare - non mi ero neanche accorto che avesse iniziato - e di sorridere, rimanendo a bocca aperta come un pesce fuori dall'acqua. Di certo non si aspettava la mia entrata in scena.

Ci stavamo fissando, io con sguardo furente e lui imbambolato, quando la mia copia si riprese dallo stupore e decise di intervenire -Ma che diamine sta succedendo qui? E' forse uno scherzo?-

Lo degnai solo di un'occhiata veloce -E' quello che vorrei sapere anch'io- ringhiai.

Mio padre riprese in mano la situazione, o meglio, mise una mano sulla mia spalla, tirandomi al suo fianco, all'opposto dell'altro ragazzo, e con voce tonante, annunciò -Un'inaspettata visita ci allieta oggi! Una sorpresa per me e per tutti voi! Ho l'immenso piacere di presentarvi il mio figlio più giovane, Richard, finalmente di ritorno al posto che gli spetta di diritto!- Mi passò il braccio intorno alle spalle, e fece lo stesso con la mia copia, poi continuò, con voce commossa -Ora, purtroppo, devo lasciarvi. Urge una riunione di famiglia.-



Il cavaliereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora