Capitolo 1

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C'era una leggenda che i bardi amavano narrare.

Non esisteva corte, villaggio e cittadino del Regno di Puris che non la conoscesse. Persino i bambini, nelle notti più cupe, si nascondevano sotto le lenzuola  e la recitavano alla perfezione, quasi fosse una preghiera. Ma erano pochi a credere che  la Leggenda del Fauno avesse un fondo di verità.

Io non ero tra loro.

Ed era considerabile alla stregua di alto tradimento alla Corona non credere nelle antiche storie. Mi fu però impossibile non stringere le labbra per il fastidio, la sera in cui tutto ebbe inizio.

Vedete, questa storia comincia alla festa di un ricco mercante. Io e Jak avevamo trovato spazio tra i ranghi delle decine di camerieri che giravano tra la gente a servire tartine ai gamberi. Gli invitati sembravano fenomeni da baraccone: indossavano maschere, abiti sfarzosi, corna o lunghe code pelose. Imitavano il mondo incantato oramai perduto.

Oltre alla limpida voce del giullare che pizzicava le corde del mandolino, non si udiva che qualche sussurro. La folla gli si era radunata attorno e pendeva dalle sue labbra.

Col tremolio d'una candela tutto iniziò,
son passati mille anni da quando Adhareo s'addormentò.

Mi sforzai con tutta me stessa di non alzare gli occhi al cielo, ma non ci riuscii. Alcuni mi rivolsero un'occhiataccia. Jak mi colpì con il gomito. Mi voltai, guardandolo storto.

Era due teste più alto di me, scuri riccioli gli incorniciavano gli occhi neri dalle lunghe e folte ciglia, labbra piene piegate in un ghigno e una spessa cicatrice rosa che gli deturpava il volto dall'occhio destro all'angolo della bocca. Non c'era da stupirsi che venissimo spesso guardati con sospetto, sembravamo due delinquenti. A dir la verità, eravamo due delinquenti. Lui con quella cicatrice da bandito e io... Beh, ci arriveremo.

«Nailyn, segui la storia.»

Sapeva bene quanto mi desse ai nervi non poter urlare in faccia a quegli aristocratici di merda che confidavano  in un mucchio di stronzate.

Mi sfuggì un ringhio e una donna mascherata da fata mi lanciò uno sguardo sprezzante, ma quando notò i miei occhi si girò di scatto, terrorizzata.

Tre spade egli forgiò,
e la magia di cui era custode all'interno incatenò.
Il peso del mondo un sacrificio richiedeva,
il sangue di tre Chimere esigeva.

Il bardo non aveva più di una ventina d'anni, come noi. Teneva i lunghi capelli fulvi legati con un codino di cuoio, e cantava con una tale devozione da farmi venire l'orticaria.

Mi appoggiai con la spalla a un'alta colonna d'avorio intagliata a mano. Le raffigurazioni della Leggenda del Fauno le crescevano intorno in spirali. I dettagli erano dipinti in oro puro. I tetti a cupola erano di cristallo e lasciavano intravedere la luna timida nascosta dietro una nube. Sulle pareti erano appesi i ritratti degli importanti uomini del Regno di Puris.

L'unica donna raffigurata con venerazione era la Regina Jaismid, seduta su un trono accanto a quello di Re Aronne. Teneva in braccio un neonato, il principe Gioele, primogenito nato qualche luna prima.

La casa di quel mercante valeva una vera fortuna.

Dal sangue di Heldor, leone col corpo d'ariete, Lucem discese;
dal sacrificio di Astriel, cavallo dalla testa d'aquila, Obscuritas nacque;
dal dono di Selva, lupo con il palco del cervo, Ombra sorse.

La Discendente del LadroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora