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"I dream of cracking locks
Throwing my life to the wolves
Or the ocean rocks"


"Papà?"

Nessuna risposta, posai le chiavi sul mobiletto guardandomi in giro.

"Papà?"

"Mal?"

Mi voltai, chinandomi in attesa che mi abbracciasse. "Ciao principessa, come stai?"

"Bene," Rispose mia sorella, stringendomi come previsto. "Dove sei stata?"

"Da Dom per qualche giorno, avevo bisogno-" Gesticolati frenetica, perché mi sentivo in colpa ad averla lasciata, solo che non ci riuscivo, non sempre, ed ero consapevole di essere egoista.
Da quando mamma se n'era andata, avevo assunto io le redini della famiglia, perché papà aveva sempre lavorato di notte, e non aveva la minima idea di come si gestissero una casa, una bambina di sette anni, la scuola, gli antibiotici, i detersivi o lo shopping ai mercatini di seconda mano per non essere presi di mira a scuola.
Così a tutte queste cose ci avevo pensato io, perché lui si spaccava la schiena per metterci un tetto sulla testa, e per di più era distrutto dalla perdita dell'amore della sua vita.
Non che io non lo fossi, ma non potevamo permetterci di spezzarci entrambi, serviva che qualcuno fosse forte, per Mazikeen.
Ma non mi era sempre facile, così, quando sentivo che semplicemente era troppo, scappavo, come una codarda. Avevo sedici anni, e una voglia terribile di affogare il mio dolore nell'alcol o nell'erba come tutti quanti i ragazzini del mondo, e qualche volta, come la stupida che ero, cedevo. "Scusa, Maze. Dovevo solo sgombrare un po' la testa. Come stai? Hai mangiato?"

"Sì, gli avanzi di quello che ci avevi preparato, papà li ha scaldati nel forno. E oggi a pranzo mi ha lasciato i soldi per la pizza, ora dorme."

"Okay" Sospirai, non era andata così male, se l'erano cavata, non li avevo abbandonati mentre la casa andava a fuoco. Potevo sentirmi un po' meno in colpa. "La scuola? Tutto bene?"

"Sì! Ieri sono andata al compleanno di una mia amica, c'erano le caramelle a forma di orsetto!"

Sorrisi, col cuore, con l'anima.
Amavo lei, amavo i bambini e la loro innocenza, quel rimanere a bocca aperta di fronte alla semplicità delle piccole cose.
Speravo stupidamente che Maze non la perdesse mai, che crescesse il più tardi possibile, che nonostante quel mondo crudele le avesse strappato la madre durante l'infanzia, lei non dovesse conoscere ulteriore cattiveria per molto tempo.

"Ah sì? E poi li hai lavati i denti?"

Incrociò le braccine al petto, guardandomi dal basso all'alto. "Ma sì, rompiscatole, non voglio mica i denti neri!"

"Rompiscatole, ma sentila!" Le solleticai la pancia, facendola scoppiare a ridere. "Facciamo i compiti, che dici?"

"Sì, per favore. Devo farti vedere una cosa di matematica che non capisco."

"Oh, matematica. Spero di essere capace."

Ero alle prese con un problema di sottrazioni che parlava di casse di arance, quando mi si illuminò il telefono. Era Dom.

«Festa a casa di Carl stasera, mi ha appena scritto. Vestiti da troia, non voglio sembrare strana.»

Ad essere strano, in realtà, era quel ragazzino.
Avevamo parlato fino all'alba e non avevo comunque idea del motivo per cui fosse così scosso al suo arrivo sotto la finestra, non si era fatto vedere a scuola quella mattina ed ora dava una festa. Per non parlare di Dominique, che come al solito non riusciva a prendere una cazzo di decisione, che viveva con un costante ferma porta in mezzo al corridoio della sua mente, senza mai chiudere o aprire definitamente con nessuna delle sue numerose conquiste, perché essere al centro dei loro pensieri era esattamente ciò a cui aspirava.
L'avrei accompagnata, avrei bevuto qualcosa, ma se le cose tra loro avessero iniziato ad essere come sempre con tutti quanti gli altri, me ne sarei andata.
Odiavo fare il palo, e, soprattutto, mi sarebbe dispiaciuto vedere Carl cadere nella sua trappola.
Non era cattivo, non era neanche stupido come poteva apparire a primo impatto, e lo vedevo come la guardava. Gli piaceva davvero.
Perciò, no, non l'avrebbe preso per il culo di fronte a me.

guilty as sin?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora