KitKat

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⚠ Smut con linguaggio spinto (credo?) ⚠
Chiedo già scusa per questa cosa vergognosa.
P.s. Non sono mai stata nel luogo descritto, molte informazioni mi sono state date però da gente che c’è stata. Il resto l'ho scoperto da internet quindi perdonatemi per le inesattezze.


Il KitKat Club è una delle istituzioni berlinesi per quanto riguarda la nightlife e la cultura edonistica della capitale. Nato nel 1994, fu fondato dal regista porno austriaco Simon Thaur e dalla sua partner Kirsten Krüger e nacque come locale in cui era possibile ballare musica trance, classica e goa, e soprattutto avere rapporti sessuali in pubblico.

Il clima che si respira all’interno del KitKat è infatti molto libero, il dress code varia dal kinky, al latex, all’elegant, al leather e l’interazione erotica non solo è ammessa ma anche incoraggiata. La musica si è inoltre evoluta e oggi include una più ampia scelta di musica elettronica.

Tra i frequentatori del KitKat ci sono infatti persone di tutte le età, di tutti gli orientamenti e di ogni conformazione fisica e aspetto, senza nessuna concessione a quello snobismo vagamente elitario che altri circuiti incoraggiano. Al KitKat vanno infatti tutti coloro che desiderano vivere il sesso in modo naturale e senza ansie.

La fila sembrava infinita, Manuel guardò di nuovo verso l’entrata per capire quante persone erano entrate nell’ultimo quarto d’ora.

Mise le mani sui fianchi e sbuffò guardando in alto. Accidenti a lui che si era fatto convincere da Simone ad andare in quel club invece de sceglierne uno a caso.

Erano in uno dei quartieri di Berlino più famosi per i club e per la tecno e, di conseguenza, più popolati la notte. Erano in fila per quel locale, il KitKat, da quasi un’ora e avevano fatto entrare solo poche persone. Davanti a loro ne  avevano ancora una decina e Manuel stava perdendo la pazienza.

Simone, d’altro canto, era molto tranquillo e sostava silenzioso dietro a una ragazza con i capelli viola. Appena sentì lo sbuffo si voltò verso il suo ragazzo aggrottando le sopracciglia come a chiedere cosa non andasse.

Manuel gli si avvicinò, «Stamo qui da n’ora, Simò! Nun se poteva sceglie n’altro club? So tutti uguali!» disse a bassa voce.

Simone scosse la testa «Non è uguale agli altri, poi Jacopo ci ha detto di venirci, che doveva essere la nostra “tappa obbligatoria” di questa settimana a Berlino. Ha detto che è il locale per noi, il locale che ci serve!» rispose con tono pacato.

Jacopo! Accidenti a lui e a quando ce da i consigli. Perché ce siamo fatti convincere?

Il gemello di Simone aveva trascorso due settimane in Germania con alcuni suoi amici dell’università e, quando aveva saputo che Manuel e Simone avevano scelto Berlino per festeggiare il loro anniversario, non aveva esitato un attimo a consigliargli quel posto descrivendolo come il locale ideale per loro che li avrebbe aiutati a scoprirsi ancora di più.

Gli aveva anche dato delle indicazioni su come vestirsi e stare in fila perché, a quanto pare, la selezione di chi può entrare e chi no è un po’ rigida. Soprattutto per consentire a clienti – abituali e non – di non sentirsi giudicati dal turista di passaggio entrato solo per curiosità.

Dovete essere il più scoperti possibile– maglie a rete o addirittura senza maglia sarebbe meglio – o roba tipo latex o pelle e non parlate ad alta voce in fila, non fate casino. Anzi, se non parlate proprio meglio.”

Jacopo aveva anche chiesto – anzi imposto – a Manuel e Simone di non fare ricerche sul locale, di andare lì a scatola chiusa.

E così, come due stupidi, gli avevano dato retta.

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